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La Spiritualità conquista Venezia con Kim Ki Duk

E anche la 69esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia si è chiusa, questa volta con meno stupore e pettegolezzi rispetto alle precedenti. In fondo, però, un po’ di stupore c’è stato. Non solo per l’essenziale mancanza di nomi altisonanti da tappeto rosso, pronti ad alimentare i tanto attesi gossip, ma, soprattutto, per la silenziosa, o meglio canterina, vittoria del regista Sudcoreano Kim Ki Duk.

Kim Ki Duk con il Leone D’Oro

Il regista autodidatta, che si diletta a vivere una vita bucolica in un angolo sperduto della sua patria, si porta in mezzo alle campagne sudcoreane un bel Leone d’Oro e, in occasione della premiazione, si mette pure a cantare Arirat, una canzone che parla delle sue amate campagne, aggiungendo che “È un brano che noi coreani cantiamo quando ci sentiamo tristi, ma anche quando siamo felici. La tristezza e la felicità sono curve dell’andamento della vita“.

Beh, che dire di fronte a cotanti stoicismo e filosofia? In effetti i critici ce l’hanno qualcosa da dire. Paolo Mereghetti del Corriere della Sera e Federico Gironi di Comingsoon.it si sono rivelati piuttosto critici riguardo alla nuova fatica di Kim Ki Duk. Il primo lo considera un “film discutibile”, mentre il secondo nella sua recensione dolce-amara, ne sottolinea la qualità inferiore e la sua incompletezza. Di sicuro non si tratta della migliore pellicola del regista, ma, a quanto pare, è risultata la migliore dell’offerta di questa edizione. “Pieta non riesce quasi mai a non sembrare un Lady Vendetta un po’ fuori tempo massimo e, soprattutto, in minore” scrive Gironi. Tuttavia, osservando la situazione da lontano, sembra quasi che i pezzi del puzzle si trovino ognuno al loro posto: la sorta di ascetismo che caratterizza Ki Duk, autore di nicchia, ben si sposa con l’atmosfera poco divistica che ha permeato Venezia 69.

E così le tematiche complesse e auliche hanno di nuovo la meglio oltre che un sapore tutto orientale. La vita di uno spietato giovane alle dipendenze di uno strozzino cambia quando una donna si presenta come la madre che lo ha abbandonato, chiedendogli scusa. Ma cosa si cela dietro a quel gesto? Vendetta, pietà, colpa, redenzione, pena e morte. Un mix esplosivo condito da una sessualità provocatoria e da un pizzico di ironia, elemento, questo, piuttosto raro nell’opera del regista.

Una scena del film Pieta

Il Leone d’argento, invece, è stato conquistato da “The Master” di Paul Thomas Anderson, film che si aggiudica anche la Coppa Volpi come Migliore Attore grazie all’interpretazione di Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman. Gli antieroi post-seconda guerra mondiale con i loro rapporti complicati, anche se molto attuali, e dal sapore “testosteronico” non mancano mai, né di presenziare né di accaparrarsi qualche premio.

La pellicola parla dell’incontro tra i due protagonisti e dello sviluppo di un rapporto quasi ossessivo  tra i due, un rapporto di dipendenza che si trasforma in reciprocità. Si tratta del Culto del Maestro, quindi di una relazione simile a quella di un analista e il suo paziente, con tanto di trasfert, con l’eccezione, evidenziata da Federico Gironi nella sua recensione, che in gioco c’è “un analista che, però, a questo transfert non è in grado di rispondere adeguatamente, che non accetta l’emancipazione del suo paziente. La sua disillusione. La libertà (da ogni padrone) che è la cura”.

I due protagonisti di “The Master” e il regista Anderson

Ancora una volta il bottino per gli italiani in gara si è rivelato magro se non inesistente. L’Italia ha conquistato il Premio Marcello Mastroianni miglior attore emergente, assegnato a Fabrizio Falco per E’ stato il figlio e Bella addormentata e il Premio per il miglior contributo tecnico a Daniele Ciprì per E’ stato il figlio. Le lamentele “nazionaliste” non si sono fatte attendere e così le voci su un presunto complotto contro gli italiani si sono già fatte strada. In effetti è dal 1998 che manca un Leone d’Oro nostrano. A parere di chi scrive si tratta semplicemente di una specie di “Maledizione dei Festival”, che fa si che il paese ospitante, di solito, non giunga sul podio. Basta dare un’occhiata ai vincitori degli altri festival europei. Chi ha vinto negli ultimi dieci anni a Cannes e Berlino? Di sicuro non un francese né un tedesco. Figuriamoci se l’Italia poteva essere esente da tale sortilegio. Perciò bando alle critiche disfattiste e complottiste e largo alla reazione del pubblico. Anche se snobbati dalla giuria, film come “Bella Addormentata”, si portano a casa il plauso della critica e degli spettatori, giudici non meno importanti di quelli della giuria internazionale.

Di seguito la lista completa di tutti i premi assegnati:

Leone d’Oro miglior film: Pietà di Kim Ki-duk
Leone d’Argento miglior Regia: Paul Thomas Anderson per The Master
Premio Speciale della Giuria: Paradise: Faith di Ulrich Seidl
Leone del Futuro, Premio Luigi De Laurentiis per un’Opera Prima: Kuf di Ali Aydin
Coppa Volpi migliore attore: Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman per The Master di Paul Thomas Anderson
Coppa Volpi migliore attrice: Hadas Yaron per Fill the void
Premio Marcello Mastroianni miglior attore emergente: Fabrizio Falco per E’ stato il figlio e Bella addormentata
Premio per la miglior sceneggiatura: Olivier Assayas per Après mai
Premio per il miglior contributo tecnico: Daniele Ciprì per E’ stato il figlio

Premio Orizzonti: San Zi Mei (Three Sisters) di Bing Wang
Premio Speciale della giuria Orizzonti: Tango Libre di Frédéric Fonteyne
Premio Orizzonti Youtube miglior cortometraggio: Cho-De (Invitation) di Yoo Min-young

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