E’ vero, il mondo dell’arte contemporanea ormai è pieno zeppo di artisti che puntano soltanto sul valore economico che un’opera d’arte potrebbe raggiungere piuttosto che investire sulla qualità o sulla voglia –ormai assopita- di voler davvero comunicare qualcosa. Siamo pieni (e forse stanchi) di piccoli o grandi Koons e Hirst che sono in grado di creare solo delle mode ma che nella storia dell’arte non lasceranno di certo un segno indelebile. E non stiamo dando contro a tutta l’arte contemporanea, per carità, della quale ci nutriamo volentieri e che comunque è ancora capace di generare riflessioni e di dare stimoli intellettuali e non solo. Forse la bellezza è venuta un po’ meno, questo indubbiamente, ma cos’è in fondo la bellezza in senso oggettivo? Allora se non parliamo di pittura in sé non possiamo mai più parlare di arte? C’è un mondo là fuori, un mondo pieno di giovani promesse, talenti emergenti, ragazzi e adulti che hanno voglia di comunicare al mondo e con il mondo e che cercano di farlo con le loro abilità, il loro talento e che non lo fanno con il solo fine di lucrare. Perché qualcuno che non pensa solo al profitto dovrà pur essere rimasto al mondo. Come gli artisti in mostra alla galleria Amy D in occasione della collettiva “Come tu mi vuoi…..” un progetto ambizioso, forse fin troppo, che con il tema in parte da noi accennato finora in queste righe, ha cercato di ricordarci che sì, un mondo là fuori di artisti che danno vita alle loro opere soltanto per amore e vera passione per l’arte esiste ancora. Che poi queste opere possano piacere o meno in realtà non ha molta rilevanza. Matteo Basilé, Francesca Catastini, Federica Ferzoco, Giovanni Manzoni Piazzalunga, Famiglia Margini, Alex Pinna, Chan Sook Choi, nomi noti o meno noti, ingaggiati dalla Amy D per portare il loro contributo artistico dinnanzi ad un pubblico che non cerca opere d’arte da acquistare solo perché entro un anno –forse- potrebbero raddoppiare il loro valore. Qui non stiamo parlando di quadri, installazioni, foto che farebbero gola ai collezionisti, ma di lavori interessanti, come quelli di Alex Pinna o le fotografie un po’ “ruffiane” di Matteo Basilé, che ci riportano alla mente i lavori di tanti altri grandi fotografi. Il tutto con il solo scopo di portare, colui che guarda, ad un’introspezione, ad una riflessione, anche se semplice, su temi che attanagliano questo mondo moderno, dalla politica, all’economia, alla tecnologia. Un occhio puntato sulla società che ci circonda e che, come spesso diciamo, sta perdendo ogni valore e senso etico –oltre che critico.
Già, perché l’opera d’arte non ha solo valore economico, anche se di questi tempi sembra essere così. Si è un po’ perduto l’immenso piacere di guardare un’opera senza pensare a quanti milioni di euro possa valere quell’olio di fronte ai nostri occhi. Forse anche perché la fame è tanta e la crisi ci sta mangiando vivi tutti quanti. Chi se ne frega della bellezza di un Rubens se non si riesce ad arrivare a fine mese. Oggettivamente nulla da biasimare ad un pensiero del genere in questo periodo, ed è proprio questo che ci sta facendo perdere di vista il bello e il senso delle cose, e non solo dell’arte. Alla Amy D, in questa occasione, si parla di arte più equa e democratica ma siamo sicuri che con ciò non venga esclusa anche la qualità? Al riguardo abbiamo avuto dei dubbi. Il valore economico che raggiunge un’opera d’arte è sempre sinonimo di qualità? Spesso viene definito quasi ingiusto che un Picasso possa essere venduto a 20 milioni di euro e che un artista emergente non riesca neanche a permettersi i colori da usare per la propria opera, ma crediamo che sia anche il tempo a riscattare tutti questi giovani che forse hanno un po’ troppa fretta di diventare famosi, di affermarsi e di vivere della propria arte. Van Gogh non riuscì a vendere neanche un quadro da vivo e stiamo parlando di Van Gogh. Oggi il capro espiatorio sono i Koons e gli Hirst in circolazione e perché no, anche il nostrano Cattelan, tanto adorato ma anche criticato, eppure tra decenni, quest’arte arte su cui a volte “sputiamo”, potrebbe essere riconosciuta come arte vera e propria perché specchio dei nostri tempi maciullati. La galleria Amy D ha voluto portare l’attenzione su un tema che potrebbe dare vita a un breve saggio più che a una semplice recensione. Intenzioni ammirevoli, lodevolmente pretenziose, scelta degli artisti che purtroppo non invita a rinnegare la tanto contestata arte alla Koons. Apprezziamo anche il coraggio di avere osato e di averci ricordato che vale la pena riflettere su questi temi, per non lasciare l’arte in mano a coloro che pensano che anche essa sia diventata un mondo di facili guadagni, dove investire in beni rifugio in momenti di crisi, ma che ci fa perdere di vista la vera bellezza dell’arte, la sua importanza e il senso che è in grado di dare alla vita stessa.