L’avevano gridato a gran voce, solo minacce dicevano in molti, ma il centro-destra – che ha mal digerito fin dall’inizio la nomina di Giovanna Melandri a presidente della fondazione museo Maxxi – passa ora al contrattacco vero e proprio e dimostra quanto una questione “culturale” abbia assunto la forma e la sembianza di un vero impiccio politico. Ieri il ministro Lorenzo Ornaghi ha confermato l’ex deputato Pd a capo del museo. Novantamila euro il cachet stabilito per la Melandri che però, si presume, dovrà lottare, e ancora molto, per tenersi stretto il posto di presidente, al momento effettivo solo sulla carta.
Dopo l’esposto alla magistratura del senatore azzurro Achille Totaro, la promessa di Maurizio Gasparri di portare in aula al Senato la vicenda, questa mattina, in una conferenza stampa a Montecitorio, i deputati del Pdl, Marco Marsilio e Paola Frassinetti, hanno presentato una mozione per chiedere la revoca della Melandri. Non manca più nessuno, insomma. I deputati hanno, poi, chiesto al ministro Ornaghi e all’intero governo di «attivare procedure di selezione aperte, pubbliche, trasparenti al fine di individuare un Presidente dotato delle necessarie competenze tecniche e manageriali». «La nomina di Melandri – hanno argomentato Marsilio e Frassinetti – è una barzelletta, anzi è una vicenda molto meschina di cui il ministro Ornaghi deve rispondere in Parlamento». È noto che l’ex deputata dalemiana, si legge inoltre nella mozione presentata alla stampa, « è cugina del giornalista Giovanni Minoli (a sua volta presidente del Museo di arte contemporanea del Castello di Rivoli), la cui figlia, Giulia, è moglie di Salvo Nastasi (ex capo di gabinetto del ministro Ornaghi, ndr). In qualunque nazione civile, basterebbe il semplice sospetto o la pura possibilità, anche a prescindere dal fatto se sia realmente avvenuto, che un capo di gabinetto abbia potuto adoperarsi per creare le condizioni utili a “suggerire” al ministro prima il commissariamento e poi la nomina a presidente della Fondazione da lui vigilata, di una persona che risulta essere la cugina del suocero, a rendere non solo inopportuna, ma persino impensabile una decisione del genere».
La vicenda Melandri è ben al di là dall’essere risolta e molto probabilmente passerà alla storia, con buona pace di tutti, come una sorta di delitto perfetto. Nonostante l’ex deputata del Pd sia stata ministro della Cultura e sia stata proprio lei, attraverso la legge n°237 del 1999, a gettare le basi per la realizzazione del museo Maxxi, la sua nomina a presidente del centro d’arte non va giù a molti. E se il centro-sinistra evita commenti e prese di posizione palesi, dall’altra parte della barricata i fucili sono, ormai, già puntati.
Ma non finisce qui, a sorpresa – giusto per tenere alta l’attenzione del pubblico – il ministero ha aumentato la “dote” per le casse del museo. Il contributo del Mibac al Maxxi, previsto per il 2012 ammontava a 2 milioni di euro, prima del commissariamento. In seguito, il budget è stato aumentato di circa 1,4 milioni. A queste cifre, verrebbe da dire, anche Pio Baldi (ex presidente del museo) avrebbe potuto continuare a lavorare, evitando queste poco nobili ore di celebrità al centro di via Guido Reni. Ed è proprio lo stesso Baldi che, nel fare gli auguri alla Melandri per il nuovo incarico, ci tiene a togliersi qualche “sassolino” dalla scarpa. «Il Maxxi, appena aperto, non faceva gola a nessuno – ricorda l’ex numero uno – poi, si è visto che c’erano tanti visitatori e che suscitava una grande attenzione da parte dei media». Baldi ricorda, inoltre, un progetto lasciato a metà prima della sua dipartita: un’intesa per un centro, all’interno dell’area Maxxi, destinato alla casa di moda Fendi che dovrebbe spostare la sede a via Guido Reni e realizzare un suo piccolo museo. La casa di moda darebbe poi l’incarico del progetto architettonico a Zaha Hadid. Per questa operazione, Fendi darebbe 25 milioni di euro allo Stato, in 40 anni, e pagherebbe altri 25 milioni per la costruzione dell’edificio. «Si tratta di una mia idea», conclude Baldi, ma gliel’hanno “rubata” da sotto il naso e chissà, quando e come, verrà realizzata.