Potrebbero apparire come delle semplici riflessioni espresse ad alta voce. Ma, riflettendo sulla nomina di Giovanna Melandri a presidente del museo Maxxi, qualche nodo da sciogliere è necessario.
Non si torna indietro. Il ministro Lorenzo Ornaghi l’ha detto a chiare lettere, Giovanna Melandri sarà il nuovo presidente. E’ capace e idonea, ha un profilo curriculare di tutto rispetto, «me ne assumo la piena responsabilità». Punto, cos’altro servirebbe aggiungere? Mettiamo da parte, per un attimo, l’ex deputata del Pd – del resto a lei si può incolpare il solo fatto di aver ricevuto un incarico, mica se l’è andato a cercare, è stata scelta, per questo è doveroso ridurre le sue responsabilità oggettive. Ma da chi è stata scelta? Secondo quale procedura? Quali gli altri candidati che, ipoteticamente o realmente, sono stati presi in considerazione anche solo per pochissimo tempo, prima che proprio lei ne uscisse da vincitrice?
A queste domande, purtroppo, al momento non è possibile trovare risposte. Chiamando il ministero dei Beni e delle attività culturali, infatti, e chiedendo la possibilità di parlare con il ministro Ornaghi – e se non con lui con il sottosegretario Roberto Cecchi – dall’ufficio stampa si è alzato un muro insormontabile. «Ornaghi non risponderà – a fronte delle polemiche che ne sono nate – a nessun’altra domanda sulla nomina della Melandri. Quello che doveva dire l’ha già ampiamente esposto in conferenza stampa». Certamente il ministro è stato esaustivo nell’elogiare le doti e le possibilità dell’ex deputata dalemiana, alla quale non si può certo addurre preventivamente l’incapacità di guidare il centro d’arte contemporanea. Ci vorrà del tempo per capire e valutare se davvero la sua nomina è stata giusta o sbagliata. Senz’altro, però, la sua nomina è “piovuta un po’ dal cielo”. In fondo, solo tre giorni prima del 19 ottobre – il 16 per l’esattezza – durante la conferenza stampa al Maxxi indetta da Antonia Pasqua Recchia, la commissaria – nell’esporre i dati di bilancio raccolti nella sua breve amministrazione tecnica – aveva parlato di una rosa di candidati che «sarebbero stati individuati e analizzati su base curriculare dal ministro Ornaghi per ricoprire il delicato ruolo di presidente». Bene, chi erano questi signori? È davvero tanto inopportuno chiederlo? Davvero si potrebbe ledere la loro privacy, facendogli fare anche una “brutta figura” visto che poi sono stati esclusi? Forse sembrano, queste, domande “perentorie”, ma in fondo parliamo di nomine “pubbliche” emanate da un ministero e non da un’azienda privata – che a casa sua può fare ciò che vuole – per una struttura anch’essa pubblica, realizzata grazie a fondi pubblici, e quindi grazie a risorse dello Stato.
Solo ieri dalla Camera dei Deputati, gli onorevoli del Pdl, Marco Marsilio e Paola Frassinetti, chiedevano – oltre alla revoca dell’incarico alla Melandri – al ministro Ornaghi e all’intero governo di «attivare procedure di selezione aperte, pubbliche, trasparenti al fine di individuare un Presidente dotato delle necessarie competenze tecniche e manageriali». Probabilmente qualche interrogazione partirà anche da palazzo Madama, a quel punto, forse – mica per fare “chiacchiericcio” o puro “pettegolezzo”, giusto per capire come funzionano oggi le nomine statali – Ornaghi si deciderà a parlare.