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Intervista a Barbara Nahmad

Pita, cm. 90x110, olio su tela (particolare), 2012

BARBARA NAHMAD
UN’INSOLENTE BENE EDUCATA

Barbara Nahmad, Autoritratto da bambina, olio e smalti su tela

(Intervista realizzata a settembre 2012) – Possiedo un Virgilio di tanto in tanto, che, come Virgilio, è prònubo (prònuba, in questo caso) di incontri con uomini e donne straordinari, per dirla con Gurdjeff.

La critica d’arte, e cara amica, Vittoria Coen mi invita a recare visita a un’artista milanese, che già conobbi anni fa attraverso la sua opera. Fra le altre occasioni, la ricordo nella poderosa collettiva del 2000 al PAC di Milano, curata da Alessandro Riva, Sui Generis, che presentava a un pubblico non più avvezzo alla pittura (così andava di moda dire) la rinascita di una “maniera italiana”, la quale maniera, per la verità, mi sembrava un poco forzata e, in alcuni casi, superficiale e insincera.
L’impressione, allora, fu che alcuni dei partecipanti alla mostra (che aveva il pregio di esporre in sito istituzionale artisti noti perlopiù alla critica delle gallerie d’arte e al collezionismo più giovane, soprattutto meneghino) avessero cavalcato un’onda che non si doveva perdere, esperita la stagione pittorica della Transavanguardia, inascoltata (o in stallo) una certa ripresa della tela negli anni ’80-‘90 in area romana e trascorso uno iato (di mercato?) non più sopportabile. La verità è che la pittura, in Italia, non è mai stata dismessa, ma fa molto comodo ripeterlo con una certa protervia mista a commiserazione per dare l’idea che coloro che se ne occupano soltanto ora si sentano particolarmente engagées.
Fui puntuta al tempo, mentre oggi sono portata a maggiore indulgenza, soprattutto dopo aver notato dove gli alfieri del pennello (la generazione successiva a quella illuminata da Riva) sono giunti: ovvero, in gran parte, nel nulla delle poetiche, delle tecniche, delle idee, nel birignao dell’ “esclusività del segno grafico”. Non tutti, naturalmente, ma molti e, purtroppo, fra questi, i più noti.
E’ con questo spirito (non dico preconcetto, ma certo non proprio benevolente) che arrivo allo studio di Barbara Nahmad sul Naviglio Grande che oggi (ultimo scorcio d’estate, una giornata di pieno sole come è rarissimo vedere nella metropoli lombarda) sembra quasi il Canale de la Sensa e mi fa riconciliare con Milano, malgrado l’infame parcheggio cui sono stata obbligata da un’inesperienza che si fa ormai colpevole cocciutaggine.

Il Naviglio Grande dallo studio di Barbara Nahmad


Ma la curiosità per la persona (che mi piacque molto in altra occasione), per la sua intelligenza e per ciò che avrei trovato mi muove comunque con gratitudine, pur considerando gli esiti modesti – dopo oltre dieci anni – di quasi tutti i suoi colleghi di quell’antica mostra. Ho, ahimé, conferma di troppi esempi di un vero scialo di talento, dopo exploits di riguardo, soprattutto se la fortuna arrise all’artista e una galleria impose ritmi insostenibili per mantenere alta la qualità degli esordi. Ma basta scrivere di fantasmi (o faccio i nomi, o sono vigliacca, mi dico. E magari un giorno sottoporrò al giudizio del lettore ciò che penso della pittura italiana nel primo decennio del XXI secolo, se a qualcuno interessa): sono qui per Barbara.

Barbara Nahmad


La nostra ospite è intenta a selezionare una grande tela per la collettiva che s’inaugurerà nella chiesa di San Carpoforo a Milano il seguente 23 ottobre (già conclusasi il 6 novembre scorso) organizzata con il CRAB, Centro di Ricerca Accademia di Brera, a cura di Vittoria Coen e Francesco Correggia. La timidezza iniziale è reciproca, del resto io sono una pessima intervistatrice, perché parlo troppo. Barbara se n’era già accorta altrove e capisco la sua perplessità nei miei confronti.

C.C. “Un’altra collettiva, ma in uno spazio accademico. Come ti trovi e che differenza c’è dall’esporre in galleria?”

B.N. “Potrò portare un solo grande lavoro e concentrare su quello le mie aspettative e le mie intenzioni poetiche, cercando di misurare lo spazio a disposizione (tanto, per un’opera sola!) con le altre opere. Questo in galleria non avviene (tutti vogliono i piccoli formati, più vendibili, più accattivanti, le mostre in galleria tendono a riempire ogni area disponibile). E così di rado riesco a far comprendere in modo esplicito la fase di lavoro più recente.”

Stiamo osservando The Beach: baschetti, tagli alla maschietta, vestitini e calzoncini anni ’50, il vento invernale soffia forte e sembra voler strappare i bimbi da quell’ignoto baluardo (una corda, un parapetto?) a cui sono ancorati, lo sguardo rivolto verso una spiaggia e un golfo immaginari. Ma forse non sarà scelto, benché l’infanzia del dopoguerra in Israele sia uno dei temi portanti del nuovo corso pittorico dell’artista e questo quadro ben lo rappresenterebbe.

The Beach, cm. 120×200, olio su tela, 2011

B.N. “E’ sempre più difficile, oggi, far parte di esposizioni in spazi istituzionali importanti se non segui le direttive (le imposizioni) di una galleria. Ma la verità è che le gallerie hanno perso il senso della promozione dell’artista a un livello che trascenda il mero mercato e il collezionismo prossimo (pur fondamentale); hanno perso il “passo lungo” e optano, in questi tempi di vacche magrissime, per un presente sicuro, piuttosto che un domani incerto ma di maggior impatto culturale. Oggi, dopo aver fatto di tutto e di più, ho solo voglia di lavorare per me e per la mia ricerca. Così accade ai miei colleghi con cui rimango, quei pochi, in sintonia e contatto. Vogliamo metterci alla prova. Siamo esauriti dal ritmo vorticoso delle vernici senza costrutto.
Tuttavia, siamo in pochi a pensarla così. Molti fra noi pittori hanno mutato il medium: la fotografia, cui tanti si convertono, ha attualmente maggior appeal e sembra essere la chiave che apre tutte le porte. La pittura, invece, pare stia passando in Italia un ulteriore momento di pausa di riflessione, a meno di contaminarsi.”

Il problema, rifletto fra me e me, è che non ci si inventa fotografi…
E la pittura italiana è in pausa di riflessione perché non ci sono grandi pittori, salvo pochi nomi che non hanno bruciato le proprie carriere nella vogue dei momenti felici. All’estero, invece, è mai come ora che si sta consolidando la rinnovata fortuna della generazione di tele e pennelli, in alcuni Paesi (come la Germania), mai dimenticata.
E’ pur vero, come dice Barbara, che gli artisti italiani oggi sono chiusi, incomunicanti, incapaci di fare squadra e le Istituzioni sono ancor più chiuse, baluardi da espugnare e di cui essere tenacemente gelosi, una volta entrati nella “riserva indiana”. Che tale rimane, purtroppo per la nostra cultura artistica.
A San Carpoforo il fine espositivo sarà differente, fra colleghi che cercano ancora le tracce di una collaborazione andata dispersa negli ultimi tempi. Lo spazio è nelle mani del CRAB e mira solo a diffondere, a educare, a mettere alla prova gli stessi artisti in una sorta di gara-collaborazione, sotto una guida “tutoriale” (fra cui è anche il mio Virgilio…) che li sproni a scegliere motivatamente e con coscienza per sé e per gli altri.
Barbara Nahmad si è sempre mantenuta con il suo lavoro, il collezionismo non l’ha mai abbandonata e gode di una solidità di “affetti d’arte” che le permette, in età intermedia se pur giovane, di poter contare su se stessa sino al punto di infischiarsene di alcune trappole del sistema. Comportamento che la porta a non essere più, come un tempo, nel mirino del paparazzo, ma le restituisce la libertà del lavoro, l’entusiasmo della prova, la delusione e lo sconforto di un fallimento senza dover rendere conto a nessuno, la gioia di un nuovo traguardo come pensava dovesse essere e non come altri voleva che fosse.


B.N.
“I soldi non possono costituire uno stimolo alla creazione dell’arte, solo la passione conta veramente.”

In questa semplice, ma, nel contempo, complessa affermazione si riassume l’attuale fase di vita e di lavoro dell’artista, che pare essere giunta a questo giro di boa con sofferenza, ma tenacia.

C.C. “Perché gli artisti italiani noti internazionalmente sono così rari? Perché l’arte italiana contemporanea è così poco rappresentata, malgrado le sue molte (e anche interessanti) sfaccettature e direzioni?”

B.N. “Perché le gallerie italiane non contano quasi nulla sul piano internazionale. Non serve avere una filiale all’estero. Bisogna voler diffondere l’arte italiana a tutti i costi, ma si preferisce essere esterofili e così si finisce con l’esistere mediocremente fra i mediocri, piuttosto che spingere un artista della propria Patria con il sangue e con il sudore in casa d’altri. Del resto, basti guardare la sommaria faciloneria con cui vengono stabiliti i prezzi delle opere, le quotazioni di un artista. Inutile “sparare” 10, se poi, nella trattativa, si arriva a 3. Non c’è alcuna professionalità in questo sistema da souk, che all’estero viene considerato ridicolo e squalificante.”

C.C. “E le case d’asta, uniche deputate a consolidare la quotazione di un artista ufficialmente, ti propongono (quando c’è un passaggio) a 1,5 senza che alcuno tuteli il tuo valore, anche se questo non è certo il tuo caso…”

Barbara Nahmad, a differenza della maggior parte dei suoi colleghi coetanei, ha un sostenuto passaggio negli incanti pubblici, segno di un interesse fra collezionisti che non si ferma all’acquisto d’impulso in galleria, ma che si deve a un inesaurito apprezzamento e a una meditata consapevolezza del valore dell’artista, che procede e si consolida attraverso passaggi successivi.

B.N. “Le gallerie italiane fanno squadra nell’omertà, piuttosto che nella compattezza del circuito, nella diffusione delle idee e delle proposte. Ma, poiché le Istituzioni pubbliche sono in mano a pochissimi (critici, curatori e soprattutto burocrati), il metro su cui confrontarsi, per un artista, rimane solo quello delle gallerie private.”

C.C. “… che non sono certo come una volta erano il Cavallino o il Milione…”

B.N. “Appunto… In un certo senso, le fiere d’arte sono molto più democratiche: siamo tutti sullo stesso piano, nelle stesse condizioni espositive. Conta solo l’opera in sé e come viene assunta all’interno di un coacervo di immagini non necessariamente (anzi, quasi mai) congruenti. Non vorrei però, malgrado ciò che ho detto, che si percepisse la sensazione di una totale irriconoscenza o, peggio ancora, arroganza nei confronti del mercato. Ciò che ho guadagnato con il mio lavoro, mi ha permesso di continuare a fare questa “impossibile” professione, di non abbandonare il mio sogno e di essere ciò che sono: piuttosto soddisfatta soprattutto della fase in cui mi trovo ora.”

C.C. Io direi, infatti, che è il caso di parlare della tua arteMi pare assai diversa da come ricordavo e da come dipingevi negli ultimi anni, ossessionata dalla perfezione del gesto e – se si può dire – anche del soggetto, che, da tempo, indugiava sugli scatti famosi, sulle epopee, anche popolari e di larga diffusione, sul volto noto e distinguibile, sulla memoria collettiva costituita di immagini epocali e mai intime.”

L’ispirazione di Barbara Nahmad proviene perlopiù dall’accurata selezione di fotografie sottratte da rotocalchi, da riviste, da stills da web o video. Questo metodo resiste ancora oggi.
Dalla prima produzione che puntava sul colore scioccante della tela, preparata con estrema cura e resa con smalti vividi, in cui si inseriva con un segno potente la figura umana (perlopiù femminile), spesso nuda, dalla forte connotazione erotica per estrapolarne un particolare che ne inquadrasse non tanto la sensualità quanto la potenza infinita della materia di cui siamo composti, Barbara traspone più recentemente la nitida e perfetta violenza del suo pennello nei molti ritratti della serie delle icone sia dell’arte del passato, sia della storia politica, artistica, sociale con una netta predilezione per il periodo fra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.
La ricerca sembra quindi esaurirsi nella bravura indiscussa di una produzione che non delude mai lo sguardo, ma che, per l’artista, deve avere negli anni perso di intensità e di valore. Il meccanicismo dei migliori non può nascondere, all’estremo, la stanchezza del pensiero che si sostiene solo attraverso una tecnica forbitissima.
Stiamo osservando una tela di grande intensità: Youth Choir. Non c’è niente di più lontano di ciò che vedo ora da quello che vidi un tempo…

Youth choir, cm. 130×110, olio su tela, 2011

C.C. Le opere che trovo qui sono molto diverse da ciò che producevi solo pochi mesi fa.”

B.N. “Ho cominciato a “sottrarre”, alla ricerca di una pulizia e di un’essenzialità di cui avevo bisogno: ho rinunciato allo smalto, che connotava la mia cifra artistica. Ho sottratto la pulizia del segno, che era l’altro mio hatù. Ho sottratto l’incisività della forma perfetta. Ho rarefatto i soggetti, ho alleggerito la tela, che era diventata ridondante. Ho reso però più complessa e articolata la scena, perché ora parto da vecchie riviste diffuse dallo Stato d’Israele negli anni ’50 per promuovere l’immigrazione di nuove famiglie.”
Sono flashes di cronaca quotidiana negli anni del dopoguerra, alla nascita del Paese, nei kibbutzim, nelle scuole, nelle strade (bellissimo il grande quadro di una folla di donne contrastate dalla polizia, Women protest, Israel, ‘50, cm. 165×250, 2012, scelto infine per San Carpoforo). Ma sono anche scatti più intimi, più delicati, che indagano la vita infantile, la condizione delle famiglie che si muovono attraverso il Paese in costruzione, nel tentativo di dare forma ad una spensieratezza perduta.

C.C. “I bimbi ritratti in occupazioni perlopiù gioiose rappresentano la speranza, la svolta, la freschezza indifferente del passato, la gratitudine per il presente conquistato dopo la tragedia, ma anche l’orgoglio della normalità. Niente più icone: piuttosto l’infinitamente più eroico “uomo qualunque”. Il taglio che hai dato alle scene di vita comune è straordinariamente ben riuscito.”

B.N. “Frutto dei miei studi di scenografia, della mia frequentazione con le alte sfere dell’intellighentsia milanese dell’arte e della cultura. Del resto, ho conosciuto Vittoria Coen da Arturo Schwartz negli anni in cui mi vestivo di fuchsia e prediligevo la palette di colori dal giallo scuro al rosso scuro in ogni declinazione. Il coup de théâtre era l’impressione che davo di me. Di quest’esperienza rimane la sapienza del taglio compositivo che ora ha maggior peso nella struttura della tela.”

Qui prende posizione il mio Virgilio, per il resto silente e molto fotografante (si devono a lei gli scatti di questo servizio, tranne alcuni, i più sghembi, alla sottoscritta).

V.C. “Il vero critico richiede all’artista serietà, abnegazione, applicazione. Barbara ha un’integrità intellettuale indiscutibile. Lavorare con lei, per chi scrive d’arte e tenta di dare consistenza alla scena italiana contemporanea, è un piacere e una gran soddisfazione.”

Ma tutto questo non basta per spiegare la rivoluzione ontologica nell’arte di Barbara Nahmad nell’anno di grazia 2012. Le chiedo di spiegarmi cos’è per lei, oggi, il “fare artistico”.

B.N. “In pittura la méta si sposta in continuazione. Devo così assuefarmi all’imperfezione. Ho cambiato radicalmente il mio punto di vista in questo senso, abbastanza recentemente. Pur senza dare un’eccessiva preponderanza al fatto spirituale in sé, ho accolto con attenzione le parole del Rabbino Capo di Milano che raccomanda la necessità del “pudore” come elemento qualificante dell’uomo probo e compiuto. La pittura è l’imperfezione, Dio (solo Dio) è perfetto. Ci vuole pudore in ogni atto della vita, non bisogna aggredire né con le opere, né con le parole, né con le immagini. La mia pittura era troppo sfacciata, per così dire, e non solo in relazione ai soggetti; di conseguenza ho iniziato a dipingere in modo più contenuto. Il pudore diventa purezza, la quale a sua volta rivela la nostra imperfezione. Eliminando lo smalto dalla tela, ho rivelato le indecisioni, gli errori del segno.

C’è un’opera che rappresenta esattamente il punto di transizione fra il passato e il presente, ed è Pita, che mantiene la mia consueta preparazione seppia della tela (su cui inserivo le campiture piene di smalto squillante), ma rivela l’incertezza del disegno che ho voluto lasciare, per esprimere questa nuova disposizione filosofica più che tecnica.

Pita, cm. 90×110, olio su tela (particolare), 2012

Constatata l’eccellente imperfezione del risultato, ho pensato di farne uno stilema. Prima di Pita dovevo imporre una tesi al pubblico, dimostrare un valore, essere “arrogante”. Oggi desidero maggiore libertà per me e per chi osserva. Non sono più ossessionata dalla mìmesis e quindi posso dedicarmi al movimento, alla narrazione, all’incompiuto: ho scoperto che il disegno diventa struttura portante dell’opera. Così ho iniziato a inserire il disegno come elemento costitutivo della partitura compositiva, come in The Classroom.”

The Classroom, cm. 110×90, olio su tela, 2012

C.C. “C’è una libertà di composizione che non ti apparteneva in altre fasi di vita e lavoro, eppure mi pare che tu non mi stia dicendo tutta la verità. Non sei rimasta a perseguire un solo traguardo…”

Osservo una serie di piccoli quadri di bellezza struggente, non solo per il soggetto (forse un po’ piacione, anche se bisogna dar credito alla sincerità dell’artista), ma proprio per la struttura narrativa, per la sapienza del ritmo, per la capacità di stupire, spostando continuamente il focus dell’osservatore e conferendo un sentore di mistero, di incompiutezza (per l’appunto) foriera di ulteriori soluzioni praticabili, che rinnova ancora e più profondamente, perché parte da una consapevole dissonanza con ciò che ha dichiarato fino ad ora, la mano di Barbara-un-tempo-tutta-certezze (almeno da ciò che mostrava la sua arte).

Il disegno racconta d’altro, che non è mera narrazione. Si torna a costruire un sistema segnico che è intellettuale e poetico allo stesso tempo. Il disegno diventa ciò che lo smalto era una volta, ma con finalità diverse. Un vessillo inevitabile, ma più sommesso, che lascia più spazio (più libertà) al pudore, all’imperfezione, a ciò che è possibile ancora raccontare, ma che si vuole lasciare in sospeso. E permette una nuova dimensione di ricerca. Una “decorazione” che non è di facciata, ma è l’ordito su cui la forma prende l’avvio. Alla fine, lo sfondo cattura l’occhio, devìa dal soggetto, spiazza e imposta la “firma” di questa nuova attenzione verso una tecnica alla ricerca del potere d’incantamento dell’arte, indifferente, in realtà, al messaggio. Sembra che alcuni collezionisti non abbiano gradito questa virata che, partendo da una ricerca di semplicità, si conferma (a uno sguardo più profondo) in un’ulteriore complessità poietica. Altri sono rimasti fulminati. A me piace assai più questa fase (matura, consapevole, misurata, abilissima) rispetto all’esplosiva comunicatività degli esordi e del percorso successivo. Sono molto contenta che il tempo abbia portato consiglio e che Barbara Nahmad abbia felicemente disatteso il mio dictat secondo cui l’artista dà il meglio di sé fra i 20 e i 30 anni, indi ripercorre solo strade già calcate.

Barbara sorride.

B.N. Ho proprio idea che sia un cambiamento-non-cambiamento…

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BARBARA  NAHMAD
Nasce a Milano nel 1967. Vive e lavora a Milano.

MAIN SOLO EXHIBITIONS

2010 – All’ultimo respiro (curated by / a cura di Alain Elkann), Ermanno Tedeschi Gallery, Milano, Torino (cat.)

2010 – Installazione permanente, Fondazione per la  Scuola della Comunità ebraica di Milano, Scuola A.Da.Fano, Milano

2008 – Canto general – prima e seconda  parte (curated by / a cura di Vittoria Coen), Ermanno Tedeschi Gallery, Milano, Roma (cat.)

2006 – A Rebours (curated by / a cura di M. Sciaccaluga) testi di A. Elkann e A. Schwarz, Ermanno Tedeschi Gallery, Torino (cat.)

2005 – Le Tavole della protesta (curated by / a cura di M. Pizziolo), Istituto Italiano di Cultura, Lubiana, Slovenia

2005 – STAG (curated by / a cura di M. Di Marzio), Obraz, Milano

2005 – Yesterday now (curated by / a cura di M. Pizziolo e M. Sciaccaluga), Fondazione Bandera, Busto Arsizio (MI), Image  Contemporary Art, Arezzo (cat.)

2003 – How to be good, Nicola Ricci Arte Contemporanea, Miart, Milano

2002 – Borderline, con  D. Faraldo e  F. Orsi (curated by / a cura di G. Ranzi), Galerie Davide Di Maggio, Mudimadue, Berlin

2002 – Dana & Louise (curated by / a cura di G. Ranzi), Mudimadue, Milano (cat.)

2001 – P.O.BOX (curated by / a cura di L. Beatrice), Sebastiano Amenta arte contemporanea, Parma (cat.)

2000 – Barbara Nahmad (curated by / a cura di A. Fiz), Studio Cannaviello, Milano (cat.)

MAIN GROUP EXHIBITIONS

2012 – Il quadro e lo schermo (a cura di /curated by A. Carrer, V. Coen, M. Guerri) Ex ospedale di Caravaggio, Caravaggio (BG)

2012 – Art Paris, De Primi Fine Art, Lugano, Switzerland

2012 – Fresh Paint, Ermanno Tedeschi Gallery, Tel Aviv, Israele

2011 – WORLD (curated by / a cura di L. Beatrice, testo A. Schwarz) Ermanno Tedeschi Gallery, Tel Aviv, Israel (cat.)

2011 – L’aura amara (curated by / a cura di B. Domenechas), CRAB, ex chiesa di S. Carpoforo, Milano

2011 – Un’altra storia (curated by / a cura di E. Di Mauro), ex chiesa di S. Carpoforo, Milano

2011 – Donna è sport (curated by / a cura di S. Fabbri, testo P. Capelli), Museo del Risorgimento, Milano (cat. Skira)

2011 – Numerouno. En papier (curated by / a cura di A. Beretta), Circoloquadro, Milano

2010 – The Open Mind of Lafcadio Hearn (curated by / a cura di M. Rogakos), ACGart Gallery, American College of Greece, Athens, Greece, Matsua, Japan (cat.)

2009 – Campolungo. L’orizzonte sensibile del contemporaneo (curated by / a cura di V. Coen) Complesso del Vittoriano, Roma (cat.)

2009 – Face to Face (curated by / a cura di Elizabeth Glukstein), in Dètournement Venise, 53.ima Biennale di Venezia, Agenzia delle Entrate, Venezia

2008 – Silent Dialogues: Multimedia Portraits throughout time (curated by / a cura di M. Rogakos), ACGart Gallery, American College of Greece, Athens (cat.)

2008 – Election Day (curated by / a cura di A. Trabucco), Villa Capriglio, Torino

2008 – Allarmi 2008 – L’uno è il molteplice (curated by / a cura di A. Trabucco, I. Quaroni, A. Zanchetta), Caserma de Cristoforis, Como (cat.)

2008 – A journey through italian contemporary art, Julie M Gallery, Tel Aviv, Israel

2007 – La nuova figurazione italiana. To be continued, (curated by / a cura di C. Canali), Fabbrica Borroni, Bollate(MI), (cat. Silvana Editoriale)

2007 – I nuovi pittori della realtà (curated by / a cura di M. Sciaccaluga), PAC, Padiglione di Arte Contemporanea, Milano (cat. Vallecchi)

2007 – Premio Michetti 2007, Palazzo S. Domenico, Francavilla al Mare, Chieti (cat. Vallecchi)

2007 – Arte italiana 1968-2007. Pittura (curated by / a cura di M. Sciaccaluga da un idea di V. Sgarbi), Palazzo Reale, Milano (cat. Skira)

2007 – Arte e omosessualità. Da Von Gloeden a Pierre et Gilles (curated by / a cura di V. Sgarbi e E. Viola), Palazzo della Ragione, Milano (cat. Electa) – censurata – Palazzina Reale, Firenze

2007 – Curve Pericolose (curated by / a cura di M. Sciaccaluga), Casello Ovest di Porta Venezia, Milano (cat.)

2005 – Seven, everything goes to hell (curated by / a cura di M. Sciaccaluga e C. Argenteri), Palazzo Pretorio, Certaldo, Firenze (cat.)

2004 – Viaggio in Italia (curated by / a cura di  A. Romanini), Castello di Malaspina, Massa (cat.)

2004 – XIV Quadriennale di Roma, Anteprima (curated by / a cura di A. Riva), Promotrice delle Belle Arti, Torino (cat.)

2003 – The Rape of Europe (curated by / a cura di M. Rogakos), Luke & A Gallery, London (cat.)

2003 – Cluedo. Assassinio nella cattedrale (curated by / a cura di M. Sciaccaluga), Galleria d’arte Contemporanea, Arezzo (cat.)

2003 – Body language (curated by / a cura di M. Sciaccaluga), Galerie Beukers, Rotterdam

2002 – Premio Durini 2002 (curated by / a cura di A. Riva), Fondazione Alessandro Durini, Museo della Permanente, Milano (cat.)

2002 – Donna moderna (curated by / a cura di A.Galletta) Galleria Pio Monti, Roma (cat.)

2002 – Amore, la nottte di S. Valentino (curated by / a cura di L. Beatrice), Silbernagl undergallery, Milano (cat.)

2001 – (Ultra)Corpi (curated by / a cura di M. Sciaccaluga), Chiesa e Chiostro di S. Agostino, Pietrasanta (Lu), (cat.)

2001 – Young art, Cantiere Vannucci, Milano (cat.)

2001 – Anticorpus (curated by / a cura di M. G. Torri), Mudimadue, Milano

2000 – SUI GENERIS. Dal ritratto alla fantascienza. La ridefinizione del genere nella nuova arte italiana (curated by / a cura di A. Riva), PAC, Padiglione di Arte Contemporanea, Milano (Medusa Ed.)

2000 – Soap Opera. Giovani artiste collection (curated by / a cura di L. Beatrice e A. Galletta), En Plein Air – Arte Contemporanea, Torino (cat.)

2000 – Italia 2000. Arte e sistema dell’Arte (curated by / a cura di A. Bonito Oliva), XIX  Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea, Arco 2000, Madrid (cat.)

1999 – Misure uniche per una collezione, Centre Culturel Français, Refettorio delle Stelline, Milano

1999 – Morbì. Porto insicuro, Mole Vanvitelliana, Ancona

1999 – Sulla pittura. Artisti sotto i 40 anni (curated by / a cura di M. Goldin) Palazzo Sarcinelli Conegliano, Treviso (cat.)

ESSENTIAL PUBLICATIONS

L. PAVESI, Prontuario del baciare tra miti, cinema e realtà, La Stampa, 26/11/2010
M. DI MARZIO, Quei Baci “Pop” di Barbara Nahmad, Il Giornale, 15/11/2010
AA.VV., Barbara Nahmad e la violazione del diritto all’immagine, La Stampa.it, 5/12/2009
AA.VV., Quando l’arte contemporanea parla senza metafore, C&S, Roma, 30/9/2009
G. CURTO, In cerca di emozioni con i paladini dell’arte anti-concettuale, La Stampa,18/9/2009
P. De Nola, Marchionne diventa opera d’arte, Italia Oggi, 16/9/2009
AA.VV., Guida alla Biennale di Venezia, Il Giornale dell’Arte, giugno 2009
AA.VV., Detournemènt Venise, Catalogo generale 53a Biennale di Venezia, Marsilio Editori, Venezia
M. ROGAKOS, Silent Dialogues, Multimedia Portraits throughout Time, ACGArt Edition, Athens, 2008
AA.VV., Silent Dialogues, Athens Voice, Athens, 26/11/2008
M. DI MARZIO, Quel ritratto contemporaneo nella stanza di Montanelli, Il Giornale, 14/10/2008
V. CASTELLANO CHIODO, Il Novecento e le icone Pop di Barbara Nahmad, Il Giornale, 13/10/2008
L. MATTIOLI, I volti famosi di Barbara Nahmad, Il Messaggero, 3/10/2008
S. DELL’ORSO, Cover TuttoMilano, Maratona d’Arte, La Repubblica, 18/9/2008
A. TRABUCCO, L’uno è il molteplice, catalogo della mostra Allarmi, 2008
AA.VV., A journey through italian contemporary art, Time out, Tel Aviv, 2008
M. SCIACCALUGA, I nuovi pittori della realtà, Vallecchi, 2007V. SGARBI – E. VIOLA, Arte e omosessualità. Da Von Gloeden a Pierre et Gilles, Electa, 2007
M. DI MARZIO, Italia a regola d’arte. Così ti dipingo la modernità, Il Giornale, 11/7/2007
V. SGARBI, Arte Italiana 1968-2007. Pittura, Skira, 2007
A. C. BELLATI, Umori di fine secolo – Il ritratto politico, Arte, Agosto 2006
G. CURTO, I tanti volti di Barbara Nahmad, La Stampa, 15/6/2006
P. MANAZZA, in Tornano i mitici anni sessanta, Il Mondo, 13/1/2006
M. PIZZIOLO, Le Tavole della Protesta, Istituto Italiano di Cultura, Lubiana, Slovenia
A. RIVA, L’arte si dà al vizio. Capitale, Corriere della Sera Magazine, 21/07/2005
M. DI MARZIO, I miti degli anni ’60 nelle tele della Nahmad, Il Giornale,19/05/2005
P. CARNEVALE, In quei volti ritratto di un’epoca, Corriere della sera, 20/2/2005
M. PIZZIOLO, Yesterday now , Fondazione Bandera, Busto Arsizio, Edizioni Image, Arezzo
F. BABONI, Barbara Nahmad, Espoarte, ottobre/novembre 2004
M. SCIACCALUGA, Gli anni sessanta di Barbara Nahmad, servizio e cover, Arte Mondadori, settembre 2004
I. QUARONI, Focus on, Intervista a Barbara Nahmad, That’s Art, Portale Buongiorno.it
J. RUSSEL TAYLOR, The Rape of Europe, The Times, 16/12/2003, London
G. POLITI – L. BEATRICE, Dizionario della giovane arte italiana, Giancarlo Politi editore, 2003
H. PIPER, Dana & Louise, Kondensat, Berlin, luglio 2002
L. BEATRICE, Pittura italiana. Le complessità del nuovo genius loci, Flash Art, gennaio 2002
M. PADERNI, Il linguaggio artistico del corpo, www.artegiovane.it
L. BEATRICE, Dal Kitch al sex, febbraio 2001, Flash Art
F. BONAZZOLI, Una pennellata sul mondo. Dagli scenari post-atomici di De Grandi all’erotica Giuditta di Nahmad, Corriere della Sera, novembre 2000
F. ARDEA, Sui Generis, tutta l’arte di domani, Arte, novembre 2000
C. LUCARELLI – A.RIVA, Racconti d’estate, B&B Arte, Festival internazionale di letteratura, Mantova.
M. G. TORRI, Barbara Nahmad. Corpi ribelli, Kult, aprile 2000
S. ZANNIER, Barbara Nahmad, Flash Art, gennaio 2000
A. RIVA, La rivoluzione silenziosa in Artisti Italiani sotto i 40 anni, Palazzo Sarcinelli, Linea d’ombra ed., Conegliano, Treviso
A. RIVA, 15 pittori per il 2000, Sette, Corriere della Sera, novembre ’99
L. BEATRICE, Habeas Corpus, Kult, giugno ’99
F. CORREGGIA, Di nuovo il senso – Un passaggio nel contemporaneo tra Arte e Filosofia, Arcipelago Edizioni, 2008
E. LUCIE-SMITH, ArtTomorrow, Vilo International Editions, London 2003

VIDEO
Tavole della Protesta, Sound design by Davide Rosenholz, Video design Alessio Bruschi, Ermanno Tedeschi Gallery, Milano 2008
M.Sciaccaluga  “ Body Language” Galerie Beukers, Rotterdam 2003
P.O.BOX, Sebastiano Amenta arte contemporanea, Parma 2003

SOUNDTRACKS
Over the crisis, 6 min. Sound design by Davide Rosenholz, Face to Face, 53a Biennale di Venezia, Agenzia delle Entrate, Venezia, 2009
Yes we can, 12 min. Sound design by Davide Rosenholz, Election Day, Villa Capriglio, Torino, 2008
Tavole della Protesta, 6.05 min. Sound design by Davide Rosenholz, Allarmi, Como, 2008
STAG, 5.59 min. Sound design by Paolo Fedreghini, Obraz, Milano, 2005
Yesterday now, 15.32 min. Sound design by Paolo Fedreghini, Fondazione Bandera, Busto Arsizio, Milano, 2005

WORKSHOPS
Il ritratto nel contemporaneo, Dipartimento di Arti Visive, Biennio Specialistico, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, 2008-2009
Il potere delle immagini, CRAB, Accademia di Belle Arti, Brera e mostra Statements a cura di I. Quaroni e B. Nahmad, Galleria Spazioinmostra, Milano

sito web: www.barbaranahmad.com

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