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“Il Collezionista di Meraviglie. L’Ermitage di Basilewsky” a Torino

Smalti, bronzi, oreficerie, avori: quasi 90 eccezionali opere dal Medioevo al Rinascimento de “le roi descollectionneurs” escono dall’Ermitage e tornano in Europa per la prima volta. In mostra a Torino.

I conservatori dell’Ermitage avevano tentato in tutti i modi di impedire che il governo sovietico, tra il 1932 e il 1933, vendesse alcuni importanti pezzi della strepitosa collezione Basilewsky.

Era stato lo Zar Alessandro III nel 1885 ad acquistare in blocco la prestigiosa raccolta, al prezzo esorbitante di sei milioni di franchi, prevenendo l’asta programmata da Drouot e attesa con ansia da esperti e collezionisti francesi. La collezione del conte Alexandre Basilewsky era infatti considerata, già alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento, una delle maggiori attrazioni di Parigi.

Le resistenze opposte dall’Ermitage alle autorità staliniste, in quegli anni difficili e duri di vendita delle opere del grande museo russo, non furono comunque sufficienti e 25 notevoli pezzi degli 800 giunti a San Pietroburgo alla fine del XIX secolo se ne andarono ad arricchire le maggiori raccolte d’arte del mondo (dal Victoria & Albert di Londra al Metropolitan Museum di New York, dalla collezione del barone Thyssen al Rijksmuseum di Amsterdam), inseriti tra i capolavori dell’arte medievale e rinascimentale.
Una vera dispersione, tanto che in alcuni casi la destinazione finale rimane ancora ignota.

La collezione Basilewsky per il resto rimase in Russia e solo ora un nucleo di 85 opere, esemplificative della sua altissima qualità e varietà, torna in Europa per la prima volta. Saranno esposte a Torino dal 7 giugno al 13 ottobre 2013 nell’eccezionale mostra “Il Collezionista di Meraviglie. L’Ermitage di Basilewsky” – curata da Enrica Pagella e Tamara Rappe – in uno dei luoghi divenuto punto di riferimento internazionale delle arti decorative: Palazzo Madama.

Tra i capolavori eccezionalmente prestati ci saranno anche opere che, già inserite nella lista di vendita dal “Commissariato popolare per la Cultura del governo sovietico”, restarono all’Ermitage solo grazie alle preghiere, alle trattative, alle astuzie dei suoi conservatori, consapevoli del loro valore artistico e culturale. Tra queste, l’Acquamanile a forma di cacciatore a cavallo, opera renana dell’inizio del Duecento, o la strepitosa Cassetta reliquiario di Santa Valeria, protomartire dell’Aquitania: una delle più famose opere in smalto limosino del XII secolo, forse realizzata nel 1172 in occasione dell’investitura ducale, proprio a Limoges, di Riccardo Cuor di Leone, figlio del re di Inghilterra Enrico II e di Eleonora d’Aquitania.

Un vero evento dunque, promosso da Palazzo Madama-Fondazione Torino Musei, dalla Città di Torino, dal Museo Statale Ermitage e dalla Fondazione Ermitage Italia – con il fondamentale sostegno di Intesa Sanpaolo e la collaborazione di Villaggio Globale International – primo atto di una partnership in campo culturale siglata dal Sindaco di Torino Piero Fassino, dall’Assessore alla Cultura e Presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Braccialarghe e dal Direttore dell’Ermitage Michail Piotrovsky, con la quale si dà il via ad un programma di relazioni e attività d’altissimo livello. Un accordo di collaborazione che s’inserisce nella strategia d’internazionalizzazione che l’Amministrazione comunale torinese sta promuovendo per offrire nuove opportunità al sistema economico e culturale subalpino.

L’emozionante ritorno in Europa di una selezione eccellente della collezione Basilewsky, considerata tra le più ricche dell’Ottocento, corona d’altra parte anche un altro momento significativo per Torino che, proprio nel 2013, festeggia i 150 anni di vita del Museo Civico torinese. Dal nucleo originario del Museo, istituito dall’amministrazione comunale nel 1863 e inizialmente situato in via Gaudenzio Ferrari, si sono sviluppati la Galleria Civica d’Arte Moderna (1895) e il museo di Palazzo Madama (1934). Le sue collezioni hanno largamente contribuito alla nascita del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano (1938) e del Museo d’Arte Orientale (2008). La ricchezza del suo patrimonio si deve, oltre che alle ininterrotte campagne d’acquisto da parte della città, anche ai doni di grandi collezionisti e conoscitori come Emanuele Taparelli d’Azeglio (1816-1890), Leone Fontana (1836-1905), Ettore de Fornaris (1898-1978).

La raccolta di arti decorative radunata dal nobile russo Alexandre Petrovič Basilewsky (1829-1899), noto ai suoi contemporanei come “le roi des collectionneurs”, spaziava dal IV secolo a metà del Cinquecento, da Bisanzio alla Spagna, dalla Francia alla regione del Reno e della Mosa fino all’Italia.
Una collezione unica al mondo composta per la gran parte da rarissimi esemplari della prima arte cristiana e da stupefacenti e preziosi oggetti del Medioevo e del Rinascimento europeo: oreficerie, avori, smalti, vetri, ceramiche, tessuti, arredi lignei, provenienti da altre collezioni prestigiose o acquistati direttamente da monasteri e chiese in Francia, Austria, Svizzera, Italia.
Nato in Ucraina nel 1829 da una nobile famiglia russa di proprietari terrieri e uomini d’arme, Basilewsky si era trasferito a Parigi negli anni Sessanta, come membro del corpo diplomatico dopo aver prestato servizio in India, Cina e a Vienna. Determinante, per il nascere della sua passione collezionistica fino ad allora dedicata alle armi orientali, fu l’incontro con il principe Soltykoff, raffinatissimo raccoglitore di arte medievale, mentre suoi consiglieri per gli acquisti divennero Alfred Darcel, futuro direttore del Musée de Cluny, e il critico Edmond Bonnaffé.

A Parigi, Alexandre partecipò con gli oggetti più preziosi della sua raccolta alle Esposizioni Universali del 1865, del ‘67 e del ‘78 e grazie a un imponente catalogo corredato di tavole a colori – una sorta di vademecum delle arti decorative pubblicato nel 1874 – fece conoscere al pubblico i capolavori collezionati, tanto che la sua casa al 31 della rue Blanche, nel IX Arrondissement, divenne punto di riferimento per artisti, conoscitori e amatori d’arte. Quando la sorte mutò, Basilewsky fu costretto a mettere all’asta la sua mirabile collezione e fu allora che lo Zar decise di intervenire.

Il corpus di opere esposto ora a Torino offre l’opportunità unica di attraversare secoli di storia e d’arte, proponendo alcuni dei capolavori più alti nel campo delle arti decorative – intaglio in avorio, smalti limosini, maiolica italiana, vetri, armi, arredi lignei – con un ampio ventaglio di tecniche e stili.

Tanti i capolavori in mostra.
Per l’età medievale, accanto a quelli già citati, spiccano l’Olifante con medaglioni raffiguranti animali – corno da caccia o da guerra in avorio realizzato a partire da una zanna d’elefante, probabilmente eseguito in una bottega siciliana che vantava artigiani provenienti dall’Oriente (XI-XII
sec.) – e la Statua-reliquario di Santo Stefano primo diacono cristiano, del XII-XIII secolo. Si tratta di un esempio eccezionale di questa tipologia, che di solito prevede statuette di piccole dimensioni, mentre in questo caso l’opera raggiunge quasi 50 cm. Il reliquiario è inoltre impreziosito da una gemma intagliata di origine bizantina inserita sulla legatura del libro tra le mani del santo: anche essa rischiò la vendita e la dispersione, ma fu salvata in extremis dai conservatori dell’Ermitage che proposero al “Commissariato popolare per la cultura del governo sovietico”, per la vendita all’estero, due arazzi settecenteschi.

D’altissima qualità e rarità il Flabellum o ventaglio liturgico, della fine del XII secolo: un oggetto previsto nell’antica liturgia cristiana per scacciare gli insetti dal pane e dal vino consacrati. In rame e argento dorato, con filigrane, smalti champlevé policromi e pietre preziose, è forse di ambito renano
o mosano, un capolavoro dell’oreficeria romanica.
Nella sezione rinascimentale vanno ricordati alcuni superbi pezzi di Limoges realizzati da Pierre Reymond – come la Coppa con Scene dell’Antico Testamento o il Trittico costituito da sei placche in smalto con pittura a grisaille di altissima qualità, incorniciate da legno intagliato e dorato – ma anche le maioliche urbinati. Di assoluto rilievo, per esempio, è la Coppa con raffigurazione di re: una delle sole cinque opere che risultano firmate dal grande Nicola da Urbino, considerata la prima maiolica del Maestro datata (1521) e il primo esempio in cui Nicola ricorre alle composizioni di Raffaello.

Pezzi d’eccezione della ceramica francese, di cui Basilewsky fu tra i primi collezionisti, sono infine le cosiddette “faiences de Saint-Porchaire” e le ceramiche di Bernard Palissy e della sua cerchia.

Il catalogo della mostra è edito da Silvana Editoriale con scritti di: Simonetta Castronovo, CristinaMaritano, Ekaterina Nekrasova, Enrica Pagella, Francesca Petrucci, Tamara Rappe, Marta Kryžanovskaja.

Fondazione Torino Musei
Daniela Matteu – Tanja Gentilini
T 011 4429523
daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it
ufficio.stampa@fondazionetorinomusei.it

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3 Commenti

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