Ha vinto lui, il professore in pensione e curatore delle opere complete di Pier Paolo Pasolini. Walter Siti e il suo Resistere non serve a niente, edito da Rizzoli, ha fatto incetta di voti al Ninfeo di Villa Giulia, portandosi a casa, con ben 165 preferenze, uno dei più importanti premi letterari italiani.
Ma la sua è una vittoria che non interessa, almeno a chi ieri passeggiava, con invito e accredito, per il giardino di una delle dimore più antiche di Roma. Tutti intenti a far altro, addossarsi al tavolo del buffet come anime private da anni dal gusto del cibo, persone alla ricerca forsennata di visibilità, come a dire: «Non sono certo qui per vedere chi vince». E al posto delle riflessioni sull’evoluzione di un premio letterario, oggi ben diverso – per sostanza e forma – dal quello che era lo Strega in casa Bellonci, dove nel 1944 iniziarono ad accorrere amici, giornalisti, scrittori, artisti e letterati, uniti nella partecipazione di un tema doloroso nel presente e incerto nel futuro, si è dato spazio ai commenti futili, alle disquisizioni sulla poca eleganza delle donne, al mancato glamour, ai grandi assenti, volti noti del mondo della politica, dello spettacolo, della letteratura, che quest’anno hanno preferito starsene a casa.
Un’edizione sottotono, quella del 67esimo premio Strega, dismessa anche per via della riduzione dei finanziamenti pubblici da parte del comune di Roma. «Avrei preferito uno Strega con meno televisione e più riflessione, analisi, dibattito e condivisione», ha detto Dacia Maraini, seduta al tavolo della Rizzoli, forse infastidita dai tempi del piccolo schermo, che hanno scandito le fasi del premio per via della diretta in onda sulla Rai.
Uno scollamento evidente e doloroso, quello tra la platea e la giuria, guidata dal vincitore del 2012, Alessandro Piperno, che comunque alla fine della serata ha annunciato e applaudito, anche se con scarso entusiasmo, il romanzo di Siti. Un libro che si divide a metà tra il romanzo storico e contemporaneo perché, come spiega proprio l’autore, «Insieme ai personaggi principali, frutto della fantasia, ci sono personaggi che, per dare un effetto di realtà alla narrazione, sono realmente esistenti». Un storia quella di Siti che indaga, senza alcuna velleità giornalistica, il legame tra criminalità organizzata e mondo della finanza. «I romanzi differentemente dalle inchieste giornalistiche non raccontano quello che è accaduto, ma quello che potrebbe accadere e questo ho cercato di fare mentre ora, dopo la vittoria, inizierò subito a lavorare a un nuovo progetto».
Delusione, invece, per il libro di Alessandro Perissinotto, Le colpe dei padri, edito da Piemme (casa editrice controllata al 100% dalla Mondadori), che molti avrebbero voluto incoronare come vincitore dello Strega 2013. Appena 78 voti per quel romanzo squisitamente sociale, dove i sentimenti, le aspirazioni, le ambizioni e le profonde delusioni personali si fondono con i conflitti di una realtà umana ben più grande e complessa, scritto – in maniera amabile e pungente – da chi ha dovuto lottare, e non poco, prima di raggiungere una delle vette della propria storia. «Non si deve mai dimenticare da dove si proviene, io non l’ho mai fatto», ha detto Perissinotto, aggiungendo: «Per me essere qui, tra i finalisti, significa già vincere perché ora vedo questa realtà, mentre se mi volto indietro ho il ricordo dei cancelli della Mirafiori».
Il giovanissimo Paolo di Paolo e il suo Mandami tanta vita, edito dalla Feltrinelli, arriva terzo con 75 preferenze e deve sapersi accontentare. E ancora una volta la letteratura femminile viene scalzata dalle penne degli uomini. L’ultima donna ad aver vinto lo Strega è stata Melania Mazzucco nel 2003 con Vita, edito da Rizzoli. Così Romana Petri e i suoi Figli dello stesso padre, (Longanesi) arriva quarta con 63 voti, mentre l’altra donna in cinquina, l’esordiente Simona Sparaco e il suo Nessuno sa di Noi (Giunti editore), pur avendo incrociato le dita per tutta la serata sperando di non essere proprio lei l’ultima della lista, si ferma a 26 preferenze. «Ma per noi questa è già un successo», dice lo staff della Giunti editore. «Simona è una scrittrice giovane e, comunque, il suo libro è l’unico dei cinque in gara ad aver venduto finora più copie (circa 90mila dalla prima edizione di febbraio)». Del resto, si sa, la vittoria è un puro vezzo personale, la pubblicità, che lo Strega regala a tutti i concorrenti entrati nella cinquina dei finalisti, è la vera arma per il successo.