Tutte le strade del cinema portano alla Biennale,
ma il pubblico e la critica quale seguirà?
La Biennale cinema di Venezia di quest’anno è aperta al mondo (33 Paesi nella Selezione ufficiale) e ai suoi molteplici linguaggi, fughe nel futuro e rappresentazioni delle realtà anche più estreme. La giuria, la critica ma soprattutto il pubblico quale premierà? I temi affrontati sono forti e nella maggior parte dei film ‘le immagini non lasciano spazio alla fantasia’ nella loro crudezza e violenza: pedofilia, incesto, stupro hanno provocato non poco la sensibilità del pubblico.
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I trailer di alcuni dei film in concorso
La realtà contemporanea è inquietante, violenta, la guerra e la povertà non lasciano scampo, senza parole, come nel cinema del silenzio di Kim Ki-duk (regista coreano, Leone d’Oro 2012) che ha presentato, fuori concorso, il suo film Moebius, censurato in patria, dove la brutalità, la violenza non trovano parole per esprimersi, ma solo immagini. La crisi inarrestabile e autodistruttiva della famiglia, la violenza repressa che, covando all’interno delle mura domestiche, non può che esplodere in tragedia, fino alla castrazione fisica e mentale. I protagonisti esprimono tutti gli stereotipi umani negativi: la vendetta femminile che diviene cieca fino al punto di colpire un figlio (Medea), un padre che tradisce, un mondo maschile che fa della virilità la sua priorità nel mondo. Kim Ki-duk è capace di attraversare tutta la gamma dei sentimenti, dagli abissi umani fino a risalire alla spiritualità della scena di preghiera buddista con cui ha concluso il film mettendo nelle mani del giovane figlio la speranza per l’umanità, fino alla dolcezza e la tenerezza con cui ha presentato la madre nel suo brevissimo corto in Future Reloaded, 70 cortometraggi di 70 registi della durata massima di 60-90 secondi a tema libero presentato alla Biennale.
James Franco in Child of God, film in concorso tratto dal libro di Cormac McCarthy, insegue implacabilmente con la sua macchina da presa, anche nei suoi aspetti più crudi come la defecazione, nature in primo piano o il sesso con un cadavere, l’emarginazione sociale, affettiva e civile di Lester Ballard che, dopo poche frasi urlate all’inizio, si limita ad emettere versi come quelli di un animale braccato. Un personaggio lontano dai ‘figli di Dio’, protetti dal gruppo sociale e dalla famiglia, di Educazione siberiana e ancor di più dal protagonista di Into the Wild di Sean Penn che, ben inserito socialmente, sceglie solitudine e natura. Lester Ballard è un reietto che sempre più emarginato si trasforma in bestia.
Miss Violence, del greco Alexandros Avranas, la tragedia dell’incesto perpetrato all’interno di una famiglia apparentemente normale e patriarcale, ha riscosso giudizi contrastanti da parte del pubblico. Chi ritiene necessario parlare di questo argomento chi, forse troppo infastidito, lo ha visto come un periscopio puntato sugli aspetti peggiori con l’intento di fare scandalo. La crisi economica greca emerge nella storia del film.
Lasciando la strada della disperazione e degrado umano è possibile intraprendere il percorso verso il futuro, ma non è più allegro, con il film di Terry Gilliam: The Zero Theorem. Futuro prossimo (o già presente?) in cui il mondo è dominato dai social network e la gente non è felice. Nel mondo dell’apparenza si perde il valore prezioso dell’identità, una game-society disumanizzata e spersonalizzata, la tecnologia ci ha intrappolata. Gilliam ha fornito la sua chiave di lettura: con internet abbiamo accesso a tutto ma siamo separati da tutti, molte persone “lavorano per aziende di cui sono prigionieri”. Film surreale a basso costo ma forse meno riuscito del suo Brazil.
Il cinema non ha rinunciato al suo percorso classico: dialoghi curati, sceneggiatura e montaggio impeccabili, il tutto condito con lo spirito sarcastico di Stephen Frears. Il suo Philomena, ispirato al libro-inchiesta The Lost Child of Philomena Lee, è un implacabile j’accuse alla bigotta e avida chiesa cattolica che ha venduto molti figli di madri single irlandesi. Film intelligente, equilibrato, brillante nei dialoghi, dietro un apparente calma serenità emergono i misfatti. Uno dei film che è stato più apprezzato e applaudito alla Biennale, sia dalla critica che dal pubblico, quindi in prima fila per il Leone d’Oro.
Sulla strada cinema-verità troviamo Parkland di Peter Landesman, ricostruzione del giorno in cui John Fitzgerald Kennedy fu ucciso dal punto di vista delle persone comuni, del personale che lo soccorse in ospedale. Finisce con i funerali del presidente americano e Lee Oswald, suo presunto attentatore.
Sul sentiero della grazia e della fantasia è il film di animazione di Hayao Miyazaki (Leone d’Oro alla carriera nel 2005): Kaze tachinu, suo ultimo film prima del ritiro annunciato a Venezia. Chissà se avremo più il piacere lirico di vedere sullo schermo disegni realizzati a mano con matite colorate?! Storia di un ingegnere aereonautico, omaggio al padre del regista e alla sua passione per gli aerei.
Sulla strada della sperimentazione e della ricerca è il film del regista israeliano Amos Gitai, girato in un unico piano sequenza di 84 minuti, con le varie luci del giorno da prima a dopo il tramonto e in formato 1:25: Ana Arabia. Attraverso una giornalista israeliana di origine musulmana Gitai racconta la convivenza di arabi e musulmani in un quartiere della città santa.
Quale di queste strade riuscirà a stupire Bertolucci, presidente della giuria e autore di Scarpette Rosse, uno dei corti più intelligenti e pungenti di Future Reloaded? Quale film il pubblico premierà al botteghino? Riuscirà il cinema a farci sognare o a spingersi oltre?
Info: www.labiennale.org