Festival del Cinema di Roma: tonalità estreme
Quest’anno Marco Müller ha realizzato un Festival del Cinema emozionalmente forte e variegato. Tra i film visti finora almeno tre sono da podio.
Estremamente intimo: Her, scritto e diretto da Spike Jonze. E’ il nostro ‘domani’, con una protagonista che non compare mai nel film: Samantha (la voce è di Scarlett Johansson) è un sistema operativo emozionalmente evoluto, ovvero la fidanzata ideale. Il protagonista Theodore (Joaquin Phoenix), reduce da un matrimonio fallito, alla ricerca di condivisione e intimità, si rifugia in un mondo virtuale rassicurante e premuroso. In proposito Jonze, nell’incontro con il pubblico all’Auditorium, ha dichiarato: “credo che questo bisogno di intimità sia un bisogno di sempre”. Le difficoltà relazionali di Theodore scompaiono, Samantha implementa in tempo reale stati d’animo e conversazioni, diventa un piacere condividere con lei ogni momento. La tecnologia che diventa una trappola in The Zero Theorem di Terry Gilliam, in Her seduce, conquista e ci rende dipendenti. Già in I love you di Marco Ferreri la voce sensuale femminile di un portachiavi, che risponde “I love you” a chi gli fischia, seduceva un uomo annoiato a cui non mancava nulla. Il pubblico del film non ha visto Scarlett Johansson, ma ne ha apprezzato la voce seducente (plus della visione in lingua originale) e l’apparizione sul red carpet dell’Auditorium.
Estremamente forte, come un ‘pugno allo stomaco’: Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée. Ispirato a fatti realmente accaduti nella metà degli anni ’80, premiato al Festival con il Vanity Fair Award for Cinematic Excellence per il suo progetto, inchioda lo spettatore di fronte al diverso e alla malattia costringendolo a confrontarsi con i propri pregiudizi. Un cowboy da rodeo texano omofobo Ron Woodroof (elettricista), interpretato magistralmente da Matthew McConaughey (dimagrito quasi 30 kg. per vestire i panni di un malato di AIDS), scopre nel 1985 di essere sieropositivo e di avere solo 30 giorni di vita. E’ un loser, prima della vita crudelmente lo abbandonano gli amici, ma non si arrende e cerca di procurarsi medicinali non ancora approvati dal Ministero fino ad andare in Messico alla ricerca di trattamenti alternativi meno costosi. Nel 1985 l’AZT era il solo farmaco antivirale contro l’HIV e nel 1987 diventò il farmaco più costoso (10.000 dollari per la fornitura di un anno). La malattia di Ron diventa merce e insieme a Rayon (Jared Leto) transessuale e malato di AIDS, decide di fondare un ‘buyers club’ (ufficio acquisti): dietro la corresponsione di quote mensili riescono ad importare medicinali per sieropositivi. Ron si scontrerà con gli interessi delle lobby farmaceutiche, con la FDA, e lotterà per i diritti dei pazienti. Diventa così un winner: sulla ‘sentenza di morte’, sopravvive per altri 7 anni e sui propri pregiudizi, ciò che lo tiene legato a Rayon, a cui non avrebbe mai stretto la mano, all’inizio è business ma poi diventa una profonda amicizia.
Alta tensione: Out of the furnace, di Scott Cooper, cast stellare: Christian Bale, Casey Affleck, Woody Harrelson, Forest Whitaker, Sam Shepard e Willem Dafoe. E’ la storia di due fratelli. Russel lavora nell’acciaieria e si prende cura del padre morente mentre Rodney, reduce dall’Iraq, non riesce ad inserirsi in una vita normale lontana dalla violenza, cerca di sbarcare il lunario con le scommesse (spesso pagate dal fratello) ma queste finiscono per risucchiarlo in una spirale di debiti con un’organizzazione criminale che organizza incontri di lotta clandestini. Il ritmo è serrato, l’atmosfera è tensiva, la recitazione degli attori è superba. La presenza discreta, spesso silenziosa, dello zio (Sam Shepard) riempie la scena e collega con un filo rosso le vicende familiari.