In fondo al tunnel azzurrino a tetto piramidale la luce: la Pietà di Giovanni Bellini che filtra e protegge il Cristo Morto di Mantegna. Nuovo e scenografico allestimento della Pinacoteca di Brera firmato Ermanno Olmi. Il corridoio del primo Rinascimento veneto si rimette in ordine e si tinge di celeste, i due capolavori della sala, tra i maggiori della collezione e della storia dell’arte intera, dal semi anonimato della parete destra color panna della precedente collocazione si spostano nella stanza dei ritratti di Tintoretto, Tiziano e Lotto in una saletta tutta progettata per loro. “Una nuova centralità spaziale in dialogo con la loro singolarità prospettica e figurativa“. Un ideale dialogo tra due Compianti, nonché tra due cognati, Mantegna infatti sposò la sorella di Bellini, Nicolosia. Uno dietro l’altro, da contemplare uno per volta nel migliore dei modi possibili data l’estrema “attenzione ai valori luministici, cromatici e iconografici” e alla “attenta valutazione dei dati storici e compositivi“. Tutto perfetto all’apparenza se non fosse che la “sorpresa” del Cristo Morto al di là della siepe-parete dove sta Bellini non ha convinto tutti. Senza cornice, collocata a 67 centimetri da terra, cioè molto in basso (“forse troppo“) può apparire come “uno schermo video che proietta il Mantegna“, “una diapositiva“, “un’immagine jpeg che scorre sulla parete nera” o peggio “sembra quasi una riproduzione“. Di sicuro la drammaticità dell’opera è reale e perfettamente tangibile. Il dibattito è aperto.

Foto e testo: Luca Zuccala

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