In mostra a Milano fino al 2 marzo 2014, nella sede di Palazzo Morando, “Coco Chanel: un nuovo ritratto dipinto da Marion Pike. Parigi, 1967-71“. L’esposizione è a cura di Amy de la Haye, docente di Storia del Costume e Curatela presso il London College of Fashion, e vede raccolti dipinti, abiti, fotografie e documenti che illustrano una pagina inedita della biografia di Coco Chanel e la sua amicizia con l’artista californiana Marion Pike (1913 – 1998).
La pittrice fu amica personale e ritrattista di molti personaggi dello spettacolo, collezionisti d’arte e altre celebrità: Claudette Colbert, Katharine Hepburn, Artur Rubinstein, Frank Lloyd Wright, Estee Lauder e molti altri.
Chanel e Marion Pike si conobbero a Parigi nel 1967 e realizzò almeno tredici ritratti di Coco Chanel, cinque dei quali esposti per la prima volta assieme nella mostra a Palazzo Morando assieme a nature morte e vedute parigine. Nella rassegna sono presentati anche capi d’abbigliamento Coco Chanel disegnati tra il 1967 e 1969 appositamente per Marion Pike e sua figlia Jeffie.
Le opere e i documenti esposti provengono dall’archivio di quest’ultima. L’edizione italiana della mostra è stata possibile anche grazie alla collaborazione fra il Comune di Milano (Polo raccolte storiche e Case museo) e University of London, College of Fashion.
Abbiamo incontrato per l’occasione il coordinatore italiano della mostra, il Dr. Matteo Augello.
Dr. Augello, come è nata l’idea per questa mostra?
Nell’ottobre 2011 Jeffie Pike Durham contattò la curatrice Amy de la Haye dopo aver visto l’ultima pubblicazione di quest’ultima, ‘Chanel: Couture and Industry’ (V&A, 2011). La curatrice aveva inserito nel libro il servizio fotografico, scattato da David Bailey per Vogue nel marzo 1968, in cui le modelle indossano i capi della collezione haute couture primavera/estate posando di fronte ai dipinti di Marion Pike, un’artista americana che visse a Parigi negli anni Sessanta e Settanta. Jeffie, figlia dell’artista, possedendo ancora i dipinti immortalati nelle fotografie, decise di inviare le immagini a colori a Amy (il servizio era in bianco e nero), direttrice del Dipartimento Curatoriale del London College of Fashion dove insegna Storia del Costume e Curatela. Frances Corner, vice rettore dell’università, spinse Amy a visitare Jeffie in California per vedere i dipinti che scoprì così moltissimi documenti testimonianti la profonda amicizia tra l’artista e la couturière.
Quali sono le novità storiografiche che emergono da quanto studiato ed esposto?
Chanel è sempre stata rappresentata come una donna schiva e burbera durante la vecchiaia, e soprattutto non lasciò tracce biografiche – legate alla vita privata – volendo sin da giovane nascondere le sue umilissime origini. Così nacque il mito Chanel. Questa mostra racconta un breve periodo della vita di Chanel, dal 1967 al 1971, attraverso prove tangibili, occasione rarissima per qualsiasi curatore che voglia trattare della couturière francese, ma soprattutto mostra una Chanel ironica, affettuosa e generosa, una versione così lontana dal mito ormai parte dell’immaginario collettivo.
Lei si è occupato della coordinazione dell’edizione italiana della mostra, che giunge qui a Milano in seguito al favorevole riscontro londinese: è stato necessario un approccio diverso per proporla al pubblico italiano?
La mostra propone gli stessi oggetti presentati a Londra, ma in uno spazio molto diverso. Nella capitale inglese l’esposizione ha avuto luogo nella galleria del London College of Fashion, spazio solitamente dedicato alla moda. Il nostro progetto è invece biografico e la cornice di Palazzo Morando è perfetta perché composta di piccole stanze, creando un ambiente molto più intimo rispetto alla grande stanza nella quale tutti gli oggetti sono stati esposti a Londra. In più, Palazzo Morando si presta ad un allestimento alla White Cube che esalta le opere; l’esposizione si presenta effettivamente per ciò che è: una mostra d’arte a tema biografico. Per quanto riguarda la narrativa non è stato necessario alcun cambiamento in quanto i temi di amicizia e affinità artistica sono universalmente comprensibili.
Marion Pike non è un’artista molto conosciuta in Italia, come possiamo inserirla secondo lei nel panorama dell’Arte contemporanea?
Marion Pike è un’artista che difficilmente si può inquadrare: Lei deve pensare che nel periodo in cui Marion ritraeva Chanel o il soprano Licia Albanese l’arte pittorica figurativa non era molto considerata dagli artisti, era anzi l’opposto. Negli anni Sessanta l’ambiente artistico contemporaneo era incentrato sull’Arte Povera. Gli artisti americani, già allora istituzionalizzati, contavano Pollock e Rauschenberg, per cui le opere di Marion Pike potevo venire difficilmente contestualizzate in quelle correnti. In più fu Marion stessa a rigettare in toto l’aspetto ‘commerciale’ dell’arte contemporanea, e rifuggiva anche dai più famosi galleristi d’allora, per non doversi compromettere.
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INFORMAZIONI UTILI:
Coco Chanel: un nuovo ritratto dipinto da Marion Pike. Parigi, 1967-71
a cura di Amy de la Haye
6 dicembre 2013 – 2 marzo 2014
Palazzo Morando | Costume Moda Immagine
via Sant’Andrea 6 (ingresso da via Bagutta 24), Milano
martedì-domenica, 9-13 e 14-17.30
Ingresso libero