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Sakura Falls – Porno Teo Splatter

Giacomo Marchetti Photographer

Sakura è il ciliegio. Nella tradizione giapponese la caduta dei suoi petali indica la natura effimera della vita.

Sakura Falls è un teatro stretto nelle sue convenzioni: del melodramma, della tragedia greca, shakespeariana, del Nō giapponese. Il trans-culturale rileva i miti a tutti comuni. Sakura Falls ambisce a un posto tra i testi sacri (e come tale narra vicende amorali, pornografiche, cruente) in versi e rime nati dalla copula tra tutti gli idiomi, tutte le visioni del mondo di cui la lingua è il segno. La lingua di Sakura Falls è il desperanto: la si coglie solo sentimentalmente, come musica, e si piega a tutte le corruzioni acrobatiche a cui la lingua predispone.

I personaggi che officiano questo rito sono tutti eroi, cardini dell’immaginario, archetipi, figure impregnate di sogno e di finzioni. La fanciulla intoccabile, il guerriero implacabile, il poeta maledetto, le parche tessitrici dei destini, gli schiavi ribelli.

Un progetto e un testo ideati da Luca Forestani, realizzati grazie alla dedizione di quindici giovani attori che, da circa due anni, si esercitano con questa lingua, si sfidano.

In occasione dell’anteprima bolognese dello spettacolo al Teatro Ridotto, lo scorso primo febbraio, abbiamo incontrato il regista, Massimiliano Briarava. Interessato al teatro come atto civile, luogo di incontro e di studio, come scommessa e sfida alle convenzioni, Massimiliano ha alle sue spalle diverse esperienze come performer, docente universitario e coordinatore di laboratori in luoghi non convenzionali – carceri, scuole –, con il coinvolgimento di artisti e cittadini, e l’uso di linguaggi ogni volta diversi. Il suo approccio teatrale, ruvido, concreto, immersivo, con pochi mezzi, lo ha portato anche a collaborazioni prestigiose, come quella con il regista d’opera Graham Vick o con il docente di regia del Dams Arnaldo Picchi, scomparso nel 2006, di cui oggi tutela l’eredita intellettuale attraverso la curatela e pubblicazione dei suoi testi inediti – ed è di prossima uscita un Glossario di regia teatrale da lui curato. Con Sakura Falls -Porno Teo Splatter Massimiliano raccoglie una nuova sfida: un melodramma postmoderno da realizzare con una compagnia di giovani attori.

Giacomo Marchetti Photographer

Caposaldo di tutta la letteratura mondiale è il binomio amore-morte, Sakura Falls si inserisce esattamente in questo solco poggiandosi, tra l’altro, su numerosi e illustrissimi Classici, è uno spettacolo attraversato dai Classici si potrebbero dire… Cosa ti ha convinto a imbarcarti in questa sfida?

Sakura Falls è anzitutto un testo teatrale. Ancora prima del soggetto che tu hai rilevato (che è quello più evidente), e del trattamento, elaborato in versi e rime per vere e proprie catene di corrispondenze, citazioni, rimandi ai classici, ad attrarmi è stato proprio il fatto che Sakura Falls si presenti come un raro esempio di scrittura teatrale contemporanea; che ha un autore, di 25 anni, Luca Forestani, che vi ha riversato dentro tutte le sue ossessioni e la sua cultura pop (e tutti i Classici lo sono), che le ha umilmente condivise con me e con tutti noi, arrivando fino in scena – perché è uno degli attori e interpreta il personaggio di Sachiko, la geisha che, fatalmente, come il suo testo, subisce attraverso la scena la metamorfosi più profonda.

Dunque Sakura Falls non nasce come un testo costruito su misura per gli attori, o dal lavoro di gruppo, come spesso accade nel teatro contemporaneo, bensì è un’opera in sé, che esiste prima di noi, che ci stringe, ci modella, ci sfida con la sua artefazione, la sua retorica, classica eppure transculturale; diviso in atti, rispettoso delle unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, intrecciato secondo le fasi della peripezia spirituale che caratterizzano il teatro Nō, attraversato dal simbolismo della kabbalah. La tradizione come gioco e come prigione: e in effetti Sakura Falls usa il teatro stesso, luogo dei simboli, matrioska della realtà come rappresentazione e corto circuito tra iconografia occidentale, orientale e iconoclastia, per parlare degli uomini e dell’abisso delle passioni. La solita vecchia storia, insomma: immortale, ma qui rigiocata in modo esplosivo, fiabesco, perverso. La fiaba parte dalla messinscena dell’immaginario sesto atto dell’Otello che il regista, Shakespeare in persona, interrompe; e la trama che segue, con attori e comparse soggiogati della diabolica penna del Bardo, verrà a sua volta interrotta da un Über-Direktor, demiurgo senza volto.

Affascinato dal suo essere testo, e nondimeno dal suo sottotitolo – Porno Teo Splatter – che rimanda al “Porno Teo Kolossal” che Pasolini avrebbe girato dopo “Salò”, e a tanta nostra cultura – potevo ora lasciarmi abbacinare dal modo in cui Sakura Falls lo era, un testo. Una schizofrenia letteraria e visionaria in cui si scontrano Dante, Milton, Wilde, Shakespeare, Eschilo, Pasolini, Pirandello, Goethe, De Sade, la Bibbia, Quentin Tarantino, David Cronenberg, Ken Russell, il Rocky Horror Show e Guerre Stellari, e poi le storie d’amore più tragiche: Orfeo ed Euridice, Otello e Desdemona, Salomè e Giovanni Battista, Giuditta e Oloferne. Infine, come se tutto questo già non bastasse, il testo è scritto in una lingua in cui sintassi e vocabolario si muovono liberamente tra 11 diversi idiomi: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, greco, ebraico, sanscrito, arabo e giapponese. Una lingua complessissima, una resa sonora e ritmica stupefacente che, ironicamente, abbiamo battezzato desperanto.

Giacomo Marchetti Photographer

Per quale motivo la scelta di una lingua babelica?

È la lingua dell’inferno, per come ne parla lo stesso Dante, nel terzo canto: “Diverse lingue, orribili favelle…”.  Il primo atto si svolge infatti in un inferno pop, in cui i demoni (i cosiddetti Oni giapponesi) tormentano Otello, omicida e suicida, e dove sopraggiunge la sua sposa, Desdemona, a portare luce, amore, salvezza. Questo inferno non  è che una messinscena alla sua prova generale, ma il clima concentrazionario non cambia quando  a guidare la regia è il capocomico Shakespeare, così come De Sade dirige i pazienti del manicomio di Chareton nella messa in scena dell’assassinio di Marat – nel “Marat-Sade” di Weiss. Dunque la lingua resta caotica e la sfida enorme, sia per gli attori che per gli spettatori. Saranno i sentimenti, la grandiosità delle figure e dei temi (l’eroe, la fanciulla, il demone; l’amore, la morte, la rivoluzione) a parlare, a esporsi in una forma più limpida, comprensibile da tutti. È anche così che Sakura Falls si propone come una forma narrativa e teatrale nuova e trans-culturale. Attraverso il mito, vuole parlare a tutti. Attraverso Babele vuole tentare di non mentire.

Giacomo Marchetti Photographer

Come è stato lavorare con una compagnia di quindici attori? Hanno tutti estrazioni differenti, se non sbaglio…

Attori diplomati, amici, giovani interessati, 15 in scena, più un altrettanto numeroso staff tecnico-artistico con esperienze diversissime.

A sostituire il denaro c’è molto amore e entusiasmo, a sostituire il professionismo c’è molto senso del gruppo. Il mio apporto registico è arrivato dopo un anno in cui i ragazzi, sotto la guida di Luca, il drammaturgo, già avevano ampiamente sperimentato attorno alla lingua di Sakura Falls, questo sprachgesang, canto recitato, e alle sue possibilità sceniche. Sono rimasto straordinariamente colpito dalla loro fiducia nel progetto. Questo è tutto ciò che serve. Abbiamo viaggiato nell’utopia di un teatro di gruppo; un’idea che risale, senza voler scomodare i carrozzoni o il teatro elisabettiano, alla sperimentazione teatrale degli anni ’60 e ’70. Oggi gli spettacoli autoprodotti, come il nostro, sono vendibili poiché snelli ed essenziali, con pochi attori, che spesso sono anche autori e tecnici. Noi ci siamo voluti concedere il lusso di un kolossal. Dopo queste anteprime di febbraio vedremo se sarà il caso di essere un po’ più realistici; ma ci piacerebbe continuare a non esserlo.

Qual è stato l’aspetto più difficile da mettere a fuoco di tutto il lavoro?

Indubbiamente due sono gli aspetti più complessi; e continuano, anche dopo l’anteprima, ad esserlo – richiedendo dunque ancora lavoro, pazienza, ricerca.

Il primo è la lingua, della quale bisogna riuscire ad esaltare ogni volta la maggior parte dei valori – il semantico, l’allusivo, l’azzardoso, il giocoso, il grandioso letterario, il fonetico e il sonoro. È un lavoro delicatissimo che, volendo provocare il sentimento, non permette di abbandonarvisi. Serve una lucidità chirurgica. Si tratta di imparare a danzare su un campo cosparso di mine antiuomo o su un terreno paludoso. Tenere desta la tensione, l’attenzione, tesa eppure leggera la corda che regge questo impianto capriccioso, che cita i Classici traducendone ogni parola in una lingua diversa. Come recita il primo canto dei dannati, si tratta di “Words sin ordre. Orde sonore y sorde, sin la wand d’un magister qui l’accorde, qui hacen echoes…”. “Parole senza ordine. Orde sonore e sorde, senza la bacchetta di un maestro che le diriga, creano echi…”. E a noi tocca di imbrigliare, per quanto possibile, questi echi.

Il secondo è l’iconografia delle figure e dei sentimenti, che elaboriamo sempre più chiaramente recuperandola senza vergogna tanto dagli ottocenteschi prontuari di pose per attori, che dalla quadreria religiosa, dai fumetti, dal peggio e dal meglio delle mode.

Giacomo Marchetti Photographer

Il pubblico come pensi abbia accolto l’anteprima? Che umori hai percepito?

Come giusto, credo. E come noi. Con una certa esaltazione, perché c’è qualcosa di palesemente eroico nello sforzo che Sakura Falls richiede a chiunque assista o celebri questo rito; e con molti interrogativi.

Non resta che tornare sul luogo del crimine, alle prossime repliche, portando amici, cercando di risolvere gli enigmi, di assistere all’apparizione di altri illustri fantasmi tra le pieghe di quelle forme, che molti ne contengono.

Noi ci saremo di certo.

14 e 28 febbraio le prossime due repliche: da non perdere perché…?

Continueranno a essere anteprime, studi, ancora per un po’. E forse sarebbe meglio pensare sempre in questi termini.

Perché i miti, apoteosizzati, poi derisi, poi commercializzati, per sopravvivere si spostano sempre un po’ oltre. Ed sempre un po’ un miracolo, quando invece per un attimo si trattengono con noi. A teatro a volte accade. Io l’ho visto accadere. Bisogna avventurarsi con fede non cieca. Credo che sia bello, per chi assiste, per chi ci assiste, essere con noi nella passione, nell’ostinazione, nella ricerca di un modo ancora grandioso ed emozionato di raccontare le fiabe.

SCHEDA TECNICA

“Sakura Falls Porno Teo Splatter”

di Luca Forestani

regia Massimiliano Briarava

1 / 14 / 28 febbraio 2014, 21.00

Teatro Ridotto – Casa delle Culture e dei Teatri

Bologna, Via M. Emilio Lepido 255 (Lavino di Mezzo)

€ 10 – prenotazioni e prevendite  349-4628972

 


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