Il prossimo 22 febbraio presso la Galleria milanese PoliArt Contemporary, verrà inaugurata la personale di Marcello De Angelis dal titolo Uno e Molteplice. Il giovane artista, nato nel 1977 a Villafranca di Verona, si è laureato nel 2003 al Politecnico di Milano, ma già a partire dal 2001 ha iniziato a sviluppare una tecnica, chiamata Injection Painting, che prevede la creazione di opere mediante l’utilizzo di una siringa ad iniezione. Un metodo fatto di razionalità, di precisione e forme matematiche complesse, al quale però non manca un tratto di imprevedibilità e di “caos”, dato dalla casualità dell’intervento pittorico.
In Uno e Molteplice protagonisti saranno i ritratti, ma non nel senso più comune del termine: saranno infatti esposte impronte digitali, rigorosamente di committenti, realizzate con l’Injection Painting su tela. Le impronte dei pollici sono all’apparenza tutte molto simili, in realtà non ne esiste una uguale ad un’altra. Ed ecco che da qui parte il concetto di Uno e Molteplice. Abbiamo fatto una chiacchierata con l’artista, che ci ha raccontato da dove è partito per arrivare fino qui, e quali sono i suoi progetti artistici per il futuro.
Marcello, iniziamo parlando del tuo lavoro e della tua passione. Da dove nasce e che percorso ti ha portato fino qui?
Il disegno è sempre stata una mia grande passione sin da bambino. Ho frequentato il Liceo Artistico e successivamente Disegno industriale presso il Politecnico di Milano dove ho avuto modo di incontrare grandissimi professori che mi hanno insegnato a guardare sempre un po’ oltre. I cinque anni di università ed il soggiorno milanese sono stati fondamentali per la mia formazione in campo artistico: ho frequentato gallerie, ho conosciuto personalmente artisti e ho vissuto la vita di Brera con gli artisti di strada. Credo che il punto di partenza della mia ricerca possa coincidere con la mia visita alla Galleria Tosetti che nel 1998 esponeva una piccola mostra di opere di Lucio Fontana.
Tu dici che la tua arte si basa sulla ricerca rivolta ad imbrigliare la materia pittorica in un ordine razionale. Ci vuoi spiegare questo concetto, e da dove parte?
Gli studi al Politecnico hanno definito molto la mia processualità artistica, negli ultimi anni progetto ogni mio lavoro al CAD- Computer-Aided Drafting, seguendo un metodo rigoroso ed ordinato: questa tecnologia informatica ha influenzato molto il mio modus operandi.
Grazie al CAD riesco a progettare ed a creare forme matematiche complesse che a mano non sarei in grado di riprodurre. Alcune volte il progetto matematico è talmente complesso che impiego anche una settimana per portare a termine il modello e solo in un secondo momento, quando il progetto è finito, inizio ad intervenire manualmente con la mia tecnica.
Esiste quindi un dualismo logico-razionale di ordine e disordine: l’ordine matematico nell’uso del CAD e un disordine “fisico” legato alla casualità dell’intervento pittorico.
Perchè l’idea di razionalizzare, di trovare ordine e precisione nell’arte?
Perché mancano regole nella società contemporanea.
Sembra strano e paradossale ma la concezione delle mie opere parte dall’idea di “natura”. Anni fa sono partito dall’analisi dello studio dei frattali, prendendo perciò ispirazione dalla matematica e dalla geometria. Esiste un nesso logico molto preciso tra matematica e natura: la natura si basa su leggi e ordini matematici e fonda il suo essere su regole di ordine e disordine.
La tua prossima mostra Uno e Molteplice, parlerà della forma di ritratto di fatto unico ma anche collettivo, quello dell’impronta digitale. Come è nata l’idea?
La serie dei ritratti nascono come evoluzione di un mio lavoro del 2007 intitolato “autoritratto – profilo sinistro”. L’idea iniziale è quella di creare un ossimoro, un “unico-collettivo” che unisca e ponga sullo stesso livello “uno” e “tutti”, senza distinzione di sesso, colore della pelle o tratti fisiognomici. Anche le dimensioni delle tele sono tutte identiche (18×13 cm).
L’aspetto che più mi interessa di questo lavoro è il paradosso analogico-digitale che ne deriva. Digitale nel rappresentare il segno dell’impronta; analogico in quanto della persona ne rimane l’orma, l’impronta che resta costante nel tempo, uguale dalla nascita alla morte, senza mutare (se non magari con qualche ruga).
In una lettera ad Arturo Schwarz, Tano Festa affermava: – All’inizio del ’62, passando per via due Macelli vidi attraverso la vetrina di una libreria la riproduzione del quadro di Van Eyck, I coniugi Arnolfini. Osservando il quadro mi sembrò che il suo vero protagonista fosse il lampadario. Questo lampadario incombe sulle figure degli Arnolfini come qualcosa che sta a misurare la durata e quindi il limite delle loro esistenze. Pensai con malinconia che gli Arnolfini sarebbero scomparsi molto prima del lampadario.-
Ora, mi piace pensare che nell’orma, nell’impronta del passaggio dell’uomo rappresentato in questo mio ciclo dei “portrait of…”, non venga impresso un singolo momento temporale (ossia il “giorno” del ritratto come lo è stato per i coniugi Arnolfini) ma il ritratto di un’intera vita in cui, forse, l’esistenza di una persona possa durare più del ciclo di vita di un “lampadario”.
Hai scelto la tecnica dell‘Injection Painting. Come si attua, e come mai questa scelta?
Ho sempre cercato metodi e procedimenti artistici innovativi per quelle che erano le mie conoscenze. L’injection painting è una mia personale tecnica pittorica, nata nel 2001 e che ho perfezionato nel corso degli anni. Consiste nel dipingere con una siringa da iniezione: creo una fitta trama di tratti di colore allineati iniettando il colore acrilico direttamente sulla superficie della tela tramite l’ago di una siringa.
E’ una tecnica che implica una processualità di sviluppo molto lenta e meticolosa; a volte per dipingere un lavoro di grosse dimensioni posso aver bisogno anche di due mesi di tempo. L’idea iniziale era quella di razionalizzare il dripping di Jackson Pollock, ma il procedimento tecnico è nato tutto in una sera.
Questi lavori si basano sulla committenza. Ogni persona che ha deciso di farsi ritrarre da te ha deciso i colori dello sfondo e della propria impronta. Secondo te anche i colori scelti raccontano in qualche modo la personalità di ognuno?
Secondo me sì. Ogni colore ha un proprio significato simbolico e il fatto che il committente scelga un colore rispetto ad un altro implica una scelta precisa, anche se magari inconscia.
In mostra a Milano saranno presenti anche i lavori di un altro ciclo, Genesia, protagonista qui l’uovo contenuto in un guscio di silicone. Qual è il messaggio?
Genesia è un progetto nato nel 2001 ma che ho portato a termine solamente alla fine dello scorso anno. L’uovo è il simbolo dell’origine della vita e della creazione: basti pensare alla Pala di Brera di Piero della Francesca in cui l’uovo è il fulcro divino di tutto il dipinto, o alla foto di Philippe Halsman, che ritrae Salvador Dalì in posizione fetale dentro un uovo. Concettualmente, modificando la struttura dell’uovo origino una manipolazione genetica in cui l’uovo di gallina viene sfregiato della sua forma perfetta.
In mostra a Milano saranno presentati due cataloghi ai quali sto ancora lavorando. Un catalogo sarà edito in 120 esemplari firmati, numerati e con un intervento pittorico e conterrà tutte le immagini del progetto portrait of… L’altro catalogo, dedicato al ciclo Genesia, sarà realizzato in 81 esemplari, autoprodotto e progettato da me; 27 copie conterranno un dipinto realizzato ad hoc.
Ho anche in mente un ciclo di opere legato al tempo e alla sequenza di Fibonacci che molto probabilmente faranno parte di una mia prossima personale.
Galleria Immagini
Uno e Molteplice
Marcello De Angelis
A cura di Leonardo Conti
Dal 22 febbraio al 22 marzo 2014
Opening sabato 22 febbraio 2014 alle ore 18.00
PoliArt Contemporary
Viale Gran Sasso 35 – Milano
Info: www.galleriapoliart.com
Tel. 0270636109
2 Commenti
Un giovane artista che osserva l’uomo passato e futuro e lo ritrae con l’espressione dell impronta digitale: magari avessimo potuto vedere il” ritratto” di Leonardo da Vinci o di Picasso…Ognuno ha il suo colore: bravo De Angelis
Finalmente un giovane artista che emerge grazie al suo talento ed alle sue idee, mai banali.