Chi è il collezionista più ossessivo del reame?
Nel caso di questa mostra, è una coppia di collezionisti torinesi che presenta nel magico cubo dell’Impluvium della Triennale di Milano, per la prima volta al pubblico, settanta opere che interpretano il medesimo tema: il televisore.
Il televisore come simbolo, non la televisione come medium. Un legame certamente imprescindibile che in questo caso vede prevalere l’attenzione sull’oggetto feticcio, il polo magnetico, una finestra virtuale che racchiude solitudine e mitologia collettiva.
La pratica del collezionare il genere artistico dell’iconografia del televisore nelle arti visive, nasce in una frizzante Torino nella seconda metà degli anni Ottanta. Come ricorda il collezionista Marcello Levi: “la Torino degli anni Ottanta è stata una delle città italiane con maggiore presenza di collezionisti nel settore dell’arte moderna e contemporanea”.
Il gesto dell’accumulo vuole qui essere un esercizio estetico e, la scelta del soggetto, una riflessione sulla contemporaneità nel suo vivere quotidiano.
Non è stato difficile unire la volontà dei collezionisti alla riflessione, molto diffusa tra gli artisti, sul ruolo egemonico e ritualistico dell’apparato televisivo in Italia e nel mondo.
Il critico Gabriele Perretta parla di Medialismo come di un movimento pittorico che fa ricorso a inquadrature televisive e ha come postulati “l’ironizzazione sul colto e il carisma di Mastro Lindo sostituito alle medicine di David o Mantegna mediante le tecniche del sistema produttivo, l’arte del profitto e attraverso l’analisi delle strutture linguistiche, medializzate degli effetti dell’informazione.”
La collezione porta dipinti, fotografie, sculture, video e piccole installazioni sempre provocatorie e pungenti che stimolano molto efficacemente una riflessione critica.
Come racconta Ivana Mulatero, co-curatrice della mostra assieme a Francesco Poli: “Le prime opere che entrano in collezione, prodromi di una predilezione del genere iconografico televisivo, sono firmate da Mario Schifano e Giorgio Avigdor, entrambe acquisite nel 1986. Seguono i dipinti di Raffaello Ferrazzi, in collezione nel 1987, mentre l’anno dopo è la volta delle tele di Bruno Zanichelli, Pierluigi Pusole e nel 1989 si aggregano le opere di Maurizio Vetrugno e Giovanna Picciau e così via, in un ritmo programmatico che durerà nel tempo. (…) Passando attraverso le fanzine, la pubblicità, il writing urbano e la musica underground si aggiungono firme come Stefano Pisano, Enrico De Paris, Sergio Cascavilla, Ronald Victor Kastelic. (…) ”
Inoltre sono esposte opere come la tela di Martin Noll che rappresenta una madonna di Filippo Lippi, stampata e giustapposta ad una figura di televisione dai toni psichedelici, il dipinto di Laurina Paperina intitolato “Nam June Paik” in pieno stile cartoons demenziali, le tele con smalto di Schifano che introduce, negli anni Sessanta, fotogrammi televisivi nell’arte italiana, Salvo e il meta dipinto delle prime prove tecniche visive della Rai. Alle tele si accompagnano le sculture cubiche di Bossal, Lucà, Cinalli e Destito oltre alla piccola installazione ospitata dalla mostra, “TV Frog” di Nam June Paik e i video pop e surreali di Coniglio Viola e di Monica D’alessandro che proietta figure intrappolate nel video. In molte opere si ritrovano vedute d’interni: riti personali e famigliari ripresi come documentazione sociologica e in chiave parodistica, che ci sono talmente vicini e comuni da creare un senso di pericolo e inquietudine visti all’interno della cornice del televisore.
La mostra è stata realizzata in collaborazione con la Triennale di Milano e con il prezioso aiuto della Fondazione Remotti, della Galleria ArteValori e dello Studio Nespolo.
INFORMAZIONI UTILI
Schermi delle mie brame
Triennale di Milano
Viale Alemagna 6, Milano
Dal 25 febbraio al 23 marzo 2014
Da martedì a domenica, 10.30-20,30; giovedì, 10.30 – 23,00; lunedì chiuso.
Ingresso libero