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Triennale Design Museum 7. Crisi e autosostentamento

I maestri del Design italiano

Autarchia, Austerità, Autoproduzione

I maestri del Design italiano

E’ ufficialmente aperta la settima edizione del Triennale Design Museum che quest’anno è dedicata alle tre A dell’ottimismo e della voglia di uscire dalla crisi: Autarchia, Austerità, Autoproduzione.
I tre termini corrispondono ai tre epoche emblematiche, i tre grandi periodi di crisi della storia del novecento: gli anni Trenta e la capacità di governarsi da sé, gli anni Settanta e la crisi petrolifera e gli anni Zero, il nostro presente. Ma la tesi che unisce i progetti in mostra è una: il mondo della creatività trae linfa vitale dagli ostacoli, trasformandoli in opportunità. L’oggetto è in piena simbiosi con il tempo in cui nasce e a favore del tempo in cui nasce.

Con un grande successo di pubblico, l’inaugurazione ha visto presenti esponenti del Comune e della Regione, oltre alla direttrice Silvia Annicchiarico, al curatore Beppe Finessi e ai progettisti Philippe Nigro e Italo Lupi. Il Consiglio Di Amministrazione della Triennale racconta un successo preannunciato: “Quest’anno si è deciso di interpretare al meglio il discorso iniziato nel 2007 sull’idea che il design sia un pieno rappresentante del Paese. Abbiamo scelto di raccontare tre momenti di grande crisi e come la cultura del progetto sia stata capace di farne uscire il paese: autarchia, crisi petrolifera, oggi, con una profonda crisi strutturale e della finanza che ha il sopravvento sulla creatività. Il design, con la sua stretta relazione tra manifattura e arte, è la chiave di lettura per capire se anche stavolta il paese riemergerà attraverso la cultura del progetto.” “Non è lapalissiano il fatto di riaprire una nuova edizione del museo(…) ma negli anni il pubblico ci ha portato a credere in questo tipo di idea, un tema coraggioso, perché nel nostro DNA si trova la matrice storica che ci aiuta nel quotidiano.”

Neoprimitivismo

Con circa seicentocinquanta opere di designers nazionali, esposte in un allestimento di qualità e razionalità che rievoca i materiali grezzi e di riuso, il tempio del Design italiano racconta un percorso di progetti e successi. Il percorso procede cronologicamente, dopo un primo ingresso ricco di installazioni che affiancano vari periodi, in cui si riconosce la “Poltrona di Paglia” di Mendini, un’opera emblematica della poetica dell’esposizione.

Gli Anni Trenta dall’Autarchia all’autonomia : il periodo apre con Depero e l’eclettismo delle sue creazioni.
I nuovi paradigmi formali e materiali dei creativi italiani sono evidentemente dettati dalle le restrizioni commerciali ed economiche imposte all’Italia a metà degli anni Trenta dal sistema autarchico, come le sperimentazioni fantasiose firmate Marinetti e Munari. E’ un’epoca fatta di grandi e piccoli nomi, storie di artisti e artigiani, o semplicemente di uomini che si sapevano arrangiare con creatività. La grande fantasia del dopoguerra avanza nel tentativo di rimettere insieme i cocci con materiali poveri come il vimini e la ceramica, portando alla luce progetti e oggetti firmati da Terragni, Lingeri, Vietti, Gio Ponti oltre a Scarpa, Fornasetti, Sottsass, Mango e Campi. Non solo artisti dell’oggetto ma vere e proprie case di produzione si affermano in quel periodo, come Danese, Home e Azucena.

Gli anni ’30

Gli anni Settanta, dall’austerità alla partecipazione: dal 1973 ogni schema e scelta intraprese sembrano versi riformulare e la società italiana si apre ad un periodo ricco di contraddizioni in cui nasce un filone alternativo all’industria del design, legato al senso del dovere di partecipazione, ai movimenti studenteschi, al ’68. E’ così che con il “noi” si aiuta ogni “io” a reggere le ristrettezze della crisi, si critica il consumismo e si sperimentano nuove forme di creazione basate sulla sobrietà e sulla responsabilità, con la necessità di ridurre gli sprechi e razionalizzare l’utilizzo delle materie prime in un’ottica di sostenibilità ambientale. In esposizione i poetici progetti “Metafore” di Sottsass, la “Sedia Golgotha” di Gaetano Pesce, la serie di sedie di riciclo di Dalisi. Inoltre, Soleri, Arcosanti, Enzo Mari, Ugo la Pietra.

Gli anni ’70

Gli anni Zero, dall’autoproduzione all’autosufficienza: dagli anni ottanta il mondo del progetto si sintonizza spontaneamente verso azioni, performances, installazioni tipiche dell’arte contemporanea. Queste esperienze, unite alle nuove tecnologie e alla democratizzazione delle tecniche, danno vita a gallerie e aziende più sensibili, con edizioni limitate e cataloghi ricercati. Alcuni maestri volgono all’idea del pezzo (quasi) unico, altri tornano a creare da sé i propri oggetti come antichi artigiani, raccontando storie neoprimitive piene di energia e consapevolezza, altri ancora, attraverso le tecnologie digitali, cercano visibilità e confronto diretto col pubblico.
Oltre ad un intreccio di materiali audace e innovativo quali vetro colorato, alluminio, stoffe, microchip, canapa, legni e vernici di ogni sorta, troviamo un elenco sconfinato di grandi nomi: Andrea Branzi coi suoi “Animali Domestici”, i mille colori di Alessandro Mendini, l’eleganza di Gaetano Pesce e di Lorenzo Damiani, il distretto dei maestri contemporanei del Marmo di Carrara come Paolo Ullian, la lavorazione del legno di autoproduzione di Adami, Bonapace, Formafantasma, Gamper e Nucleo.

Gli anni 2000

Il percorso termina con le “Icone del Design italiano” negli spazi del CreativeSet, una struttura creata dallo Studio Citterio che mette in scena una parte della collezione storica del museo che, nel corso dell’anno, sarà in continuo rinnovamento. Un altissimo scaffale di plexiglass e specchi raccoglie le icone di sempre del design italiano, un vero e proprio monumento alla creatività salvifica del nostro Paese.

Sottsas, Metafore, 1977

INFORMAZIONI UTILI

VII Triennale Design Museum
Il design italiano oltre le crisi
Autarchia, austerità, autoproduzione

Orari
8 – 13 Aprile
10.30 – 22.00
Dal 15 Aprile
Martedi – Domenica
10.30 – 20.30
Giovedi
10.30 – 23.00

Ingresso
8,00/6,50/5,50 Euro

Direzione: Silvana Annicchiarico
Cura scientifica: Beppe Finessi
Progetto di allestimento: Philippe Nigro
Progetto grafico: Italo Lupi
Catalogo Corraini Edizioni

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