Arriva nelle sale italiane il 17 aprile, distribuito da Feltrinelli Real Cinema, Alla Ricerca di Vivien Maier di John Maloof e Charlie Siskel, salutato con entusiasmo dalla critica e dal pubblico agli ultimi festival di Toronto e Berlino. Un film “avvincente, toccante e divertente”, per usare le parole del New York Times, che racconta una storia “incredibile ma vera“: tutto comincia col fortunato acquisto di una scatola piena di negativi da parte di Maloof, che ha segnato l’inizio della scoperta di una delle fotografe più importanti – e di certo la più misteriosa – del XX secolo, oggi al centro di mostre in tutto il mondo (la più recente, ancora in corso, nel castello di Tours, in Francia).
Vivian Maier (1 febbraio 1926 – 21 aprile 2009), di professione tata per le famiglie dell’alta borghesia di Chicago, ha scattato in segreto oltre 100mila fotografie, ritrovate dopo decenni solo dopo la sua morte, ed è riconosciuta oggi come una delle più grandi “fotografe di strada” d’America. Il film racconta il viaggio alla scoperta di questa straordinaria figura: “Ho ottenuto il permesso di accedere alle sue cose, quintali di strani oggetti che le erano appartenuti: così ho potuto iniziare il mio lavoro investigativo – racconta il regista – ma più cose scoprivo sul suo conto, più aumentavano le domande. Le sarebbe piaciuto quello che stavo facendo? Perché aveva nascosto al mondo le sue foto e la sua vita personale? Chi diavolo era questa donna che iniziava a sembrare una figura mitologica? La mia ossessione ci ha spinti a “collezionare” interviste e aneddoti provenienti da ogni parte del mondo”.
Il risultato è un ritratto appassionante, fatto di luci e ombre, segreti e bugie: “Il nostro film – spiega Siskel – rivela un lato oscuro della Maier, più oscuro di quanto avrebbe voluto mostrare agli altri, e di quanto era finora noto. Questa, però, è solo un tratto della sua storia. Vivian Maier è stata una sorta di spia: ha catturato, spesso accompagnata dai bambini delle famiglie borghesi di cui si occupava, l’umanità così com’era, e ovunque si trovasse: tra le baracche come nei sobborghi residenziali. Era un’outsider, e ciò le regalava una forma di empatia per gli emarginati che spesso ritraeva. Parlava di sé, scherzosamente, come di una donna misteriosa. Proteggeva la sua vita privata con accanimento e si professava indipendente dai valori borghesi delle famiglie con le quali viveva. È probabile però che, segretamente, abbia desiderato di vivere quegli stessi legami familiari ai quali assisteva da decenni: legami che durante la sua infanzia erano stati recisi”.
Quanto al suo desiderio di non mostrare a nessuno la propria opera, “siamo noi stessi a decidere cosa vogliamo che il mondo sappia di noi – continua Siskel -. Eppure, alla fine, non possiamo fare a meno di rivelare chi siamo. È possibile che se Vivian Maier avesse potuto scegliere, oggi il mondo non saprebbe nulla della sua vita e delle sue fotografie. In vita aveva deciso di nascondersi e nascondere la sua opera. Ma nascondere la propria arte, ovviamente, non vuol dire distruggerla. Maier ha conservato le sue opere mettendone il destino nelle mani di altri”.
L’uscita del 17 aprile, che coinvolgerà – tra le altre città – Roma, Milano, Firenze e Trieste, sarà preceduta da anteprime e proiezioni-evento a Milano (lunedì 14 aprile, ore 19.50, cinema Apollo), Genova (lunedì 14 aprile, ore 20.30, Multisala Corallo), Roma (martedì 15 aprile, ore 22, cinema Alcazar), Torino (martedì 15 e mercoledì 16 aprile, cinema Fratelli Marx).