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Ritual – Una storia psicomagica: simbolo e mito della cultura popolare al cinema

In arrivo l’8 maggio nelle sale Ritual – Una storia psicomagica, opera d’esordio di Giulia Brazzale e Luca Immesi: un dramma psicologico e metafisico, sullo sfondo di leggende popolari venete e psicomagia jodorowskiana. La giovane Lia si trova coinvolta in un rapporto masochista con Viktor, un sadico e narcisista uomo d’affari. Il loro equilibrio malato viene rotto quando Lia rimane incinta: l’uomo le impone di abortire e la donna va in pezzi. Gravemente depressa, dopo un tentato suicidio, Lia decide di lasciare Viktor e recarsi da una zia in uno sperduto paesino veneto. La zia Agata è la guaritrice del villaggio: ha imparato a usare questi metodi di cura dal defunto marito cileno Fernando (Alejandro Jodorowsky), che ancora le appare in sogno per consigliarla. Agata tenta di curare Lia con un atto psicomagico, ma qualcosa va storto… Ritual è un viaggio nell’inconscio della protagonista e nel suo desiderio frustrato di maternità. Racconta una storia universale, quella di una donna irrisolta che si lega a un uomo problematico che non la può e non la sa amare.

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La struttura è quella di un dramma psicologico alla Polanski e le suggestioni della regia vanno da Lynch a Herzog, con citazioni al primissimo Scorsese (la scena del rasoio). È un film ricco di simboli,  che spazia dai riti alle leggende popolari venete, dalla superstizione alla psicomagia, terapia di cui Alejandro Jodorowsky è padre fondatore. Nel film, la psicomagia è praticata dalla zia Agata ed è la cura con cui tenterà di guarire il conflitto interiore di Lia… Ma se l’atto psicomagico viene modificato o interrotto, anche il messaggio che si invia all’inconscio verrà mutato radicalmente, e le conseguenze potranno essere assai pericolose.
Al cinema Jodorowsky (El Topo, La montagna sacra, Santa sangre) aveva intrapreso un percorso visionario e surrealista che portava già in grembo i semi della psicomagia. In seguito con la messa in pratica delle sue teorie e con la scrittura dei suoi libri –La danza della realtà e Psicomagia– ha codificato questa pratica rendendola una vera e propria disciplina terapeutica. Ritual non è però un film surrealista che si ispira alla maniera di Jodoroswky, non vi è l’intenzione di emulare i film visionari del maestro cileno, ma un filo narrativo molto classico. Ciò nonostante, Alejandro Jodorowsky ha approvato la sceneggiatura, ha definito il film terapeutico e si è prestato per un cameo.

Un buon esempio di cinema italiano che riesce ad unire il valore delle tradizioni a uno sguardo verso orizzonti lontani, sempre in equilibrio tra il crinale che separa la realtà dalla suggestione, il sogno dalla visione. Tematiche suggestive usate con misura per trattare secondo una nuova prospettiva quello che pare essere il tema centrale del cinema indipendente (e non solo ormai) degli ultimi anni: il disagio.

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Spiegano i registi: “uno degli obiettivi del film è riportare alla luce l’antico folclore della tradizione popolare veneta. Oggi in Veneto, come in gran parte d’Italia, a causa del cambiamento della struttura della società e della scomparsa della generazione più anziana, si sono quasi totalmente persi usi, costumi, leggende, mitologie e rituali propri della nostra cultura. Ritual vuole riportare l’accento sulla comune credenza nel magico, che un tempo serviva a spiegare gli eterni problemi del vivere, e di cui oggi, forse più che mai, sentiamo ancora il bisogno”.

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Bella ed efficace la colonna sonora, a cura di Moby -superstar dell’elettronica- e Patrizia Laquidara -tra le più talentuose cantanti italiane oggi in circolazione- che nel film compare nelle vesti dell’anguana, una creatura mitologica legata all’acqua tipica del folklore del Friuli e del Veneto. A questa figura leggendaria la cantante vicentina aveva intitolato il suo terzo album, interamente dedicato a canti popolari della tradizione e cantato in dialetto altovicentino: Il canto dell’anguana.

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