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Selfie, questa Mina che non cambia mai

È arrivato Selfie, il nuovo album di inediti di Mina, quasi a sorpresa 13 canzoni scritte per lei da vecchi amici e new entry della “factory” di Lugano.

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Vuole la leggenda che Mina incida i suoi album di inediti con un lungo e attento lavoro fatto di ascolti e di selezioni -prendendo in esame innumerevoli brani- scegliendo le canzoni che al momento sente proprie. Anche per questo disco Mina ha quindi ascoltato le proposte che le sono arrivate sotto forma di provino da autori affermati e da autori sconosciuti, da autori professionisti e da autori dilettanti. Senza pregiudizi. Buffo ad esempio l’aneddoto su Questa Canzone, il singolo promozionale di Piccolino (2011): il brano fu presentato alle radio come scritto da un autore misterioso, trovato per caso da Mina nel mare magnum dei demo spediti in quel di Lugano. Venne così lanciata la caccia all’autore. Si scoprì poi essere un vecchio e perduto brano di Paolo Limiti, che pare da un po’ di tempo non fosse più in ottimi rapporti con Mina. Sarà vero, sarà finto… Se ne fece un gran parlare.

MINA-IN-STUDIO-LEIAnnunciato senza troppo anticipo, quasi a sorpresa, anche di questo nuovo album s’è già fatto (ancora) un gran parlare. Dal titolo alla copertina, come al solito, l’ufficio marketing della signora sa come si lavora bene.
Selfie, come il neologismo più inflazionato dell’ultimo anno, questo il titolo. In copertina un Macaco giapponese.
Autocitazionismo -forse- che rimanda a un vecchio e bellissimo album della Tigre di Cremona del 1971, che ha come titolo, semplicemente, Mina. In copertina uno scimpanzé.
E proprio questa può essere una chiave di lettura per questo lavoro: Mina rifà sé stessa – ripescando a piene mani dai suoi anni ’90 e ’80.

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Ogni canzone è un ritratto di donna -un ritratto di sé- e l’album si apre in maniera forse ironica con un pezzo intitolato Questa donna insopportabile dove voce e piano si lasciano andare in un atmosfera delicatamente jazzata: «Metterò nella mia musica ogni nota che vi giudica, sentirete prima o poi la mia canzone dedicata a voi».
Nel pop rock un po’ démodé di Io non sono lei invece ruggisce e sibila: «Io non sono come tu mi vedi, sono quella che non sai».
Più avanti troviamo anche dei capitoli dedicati a donne sfortunate con amori sfortunati e sfortunatamente tristi: la donna innamorata di uno sconosciuto alla fermata del bus: «ti osservo camminare, mi piacerebbe chiacchiere un po’, ma non mi stai a guardare»; o quella che aspetta al telefono una chiamata dall’amato che la ignora: «mi fa male se mi lasci morire qui davanti al telefono», con degli assoli di fiati che purtroppo regalano al brano un’aura passé.

Mai visti due all’inizio ricorda un po’ La seconda da sinistra -brano stupendo scritto per Mina da Daniele Silvestri- poi si apre con coro e orchestra che le danno un respiro più ampio.
In C’è troppa luce in questa stanza ritornello orecchiabile e cori ci regalano un motivetto che fa un po’ Sanremo giovani 1994. Dimenticabili anche La palla è rotonda e Qui c’est la vie.

102958530_3419483_0_10Mina vocalmente pare più in forma che mai e conferma di essere ancora oggi l’unica interprete italiana con a disposizione uno strumento e un’esperienza che le consentono una naturalezza tale da farla sentire a suo agio in qualsiasi veste, rilassata in ogni pezzo (quasi annoiata parrebbe, a volte). Bellisismi, per esempio, i suoi bassi profondi e vellutati nel pezzo scritto da Don Backy -autore per Mina già nel 1967- che chiude l’album, emblematico in tal senso il titolo: Fine.

Ancora oggi però -in confronto- suona più moderno Olio (1999), più belli Facile (2009) o Bula Bula (2005); in Caramella (2010), anche se non del tutto riuscito, almeno c’era più di qualche sorpresa ben riuscita. In conclusione Selfie è un disco un po’ monotono che niente aggiunge e niente toglie all’invidiabile carriera della Tigre di Cremona. Certo, se Veleno, uno dei suoi lavori “recenti” più belli, all’epoca fu accolto come snob, forse questo è quello che continuiamo a meritarci.

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