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Intervista a Mario Cresci, dal 7 settembre in mostra al MA*GA di Gallarate

Mario Cresci
Mario Cresci, Senza titolo, 2014 | Ex / Post. Orizzonti Momentanei

Dal 7 settembre al 19 ottobre il Museo MA*GA di Gallarate presenta la mostra Ex/Post. Orizzonti momentanei, 40 opere di Mario Cresci, artista ligure, considerato tra i più raffinati sperimentatori nel campo della fotografia.

Mario CresciFin dagli anni Sessanta, Cresci si concentra, uno tra i primi in Italia, sull’importanza dei diversi linguaggi visivi e, in anni più recenti, si distacca ulteriormente dall’idea di una fotografia fine a se stessa con l’intento di rendere più comprensibile anche il rinnovamento tecnico e pratico dell’immagine che s’intreccia con altre discipline. Nel lavoro esposto a Gallarate, Cresci racconta la stratificazione del territorio gallaratese e la sua identità geografica e architettonica, un progetto realizzato per il museo e per la città.
Inoltre, con la serie di opere site specific dell’artista chiavarese, il MA*GA afferma anche il suo ruolo di committenza che, nel prossimo futuro, prevede la collaborazione dei grandi esponenti della fotografia internazionale ( www.museomaga.it)

Con Ex/Post. Orizzonti momentanei, Mario Cresci non solo presenti un nuovo lavoro, ma nello stesso tempo inauguri una nuova stagione museale a Gallarate?
Ho lavorato a lungo su questo progetto, invitato dal MA*GA per la rete OFFICINA CONTEMPORANEA (OC) –Sistema Culturale Urbano (la rete è sostenuta da Fondazione Cariplo ed elaborata da undici istituzioni attive a Gallarate, ndr) e se continueranno su questa strada di promozione culturale attraverso l’apporto di diversi esponenti, si troveranno in futuro un bell’archivio d’autore .

 

Come puoi riassumere la tua ricerca dei linguaggi attuali della fotografia ?
Sto leggendo Scritti di Lewis Balz,  a cura di Antonello Frongia,  ed edito da Johan & Levi, un’antologia di saggi e articoli scritti tra il 1975 e il 2007, dove si parla proprio di questo senso della fotografia che non ha più la natura contemplativa ed estetica del formalismo di antica data, ma diventa sempre di più una necessità anche per mescolare la realtà sociale con la realtà immaginaria dell’autore, cioè il sociale entra dentro al pensiero, al progetto e all’idea e ne determina poi i percorsi.

E la genesi delle tue 40 opere esposte al Museo ?
Non conoscendo Gallarate, come faccio già da molti anni, mi sono lasciato condurre, lasciando che il progetto nascesse a contatto materialmente con il luogo.

È stato molto interessante perché lo spirito e l’immersione nella realtà nei luoghi dell’autore (paesaggio, città, oggetti, rapporti con le persone) si unisce al documento che è nato insieme agli altri, perché ho avuto la possibilità di vivere quella breve esperienza con le persone che mi hanno aiutato a conoscere il luogo, pur lasciandomi completamente libero. Mi riferisco ai curatori Emma Zanella e Alessandro Castiglioni che mi hanno condotto e mi hanno fatto toccare delle emergenze e dei dati reali. E la fotografia si è sviluppata in questo modo.

Puoi descriverne il contenuto più in dettaglio?
C’è una parte realistica dei luoghi e una parte di foto che nasce da quei contesti ma è geometrizzata, più astratta , una componente che mi porto sempre dietro. C’è anche una dimensione ludica perché non ho  fatto il reportage di un racconto negativo.  Ho cercato alla fin fine di dire che l’arte ci dà ancora, e per fortuna la libertà di pensare a delle “cose belle”, a un futuro per i giovani però la fantasia e l’immaginazione sono sempre patrimoni da salvaguardare anche in un contesto storico come quello attuale così difficile.

Si propone quindi un sentimento positivo ma che porta a capire cosa c’è sotto e la fotografia in questo aiuta molto e la gente si riconosce nel proprio quotidiano.

 

 

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