28 novembre 2014 – 13 gennaio 2015, Meliga Art Gallery, Torino
Gli scatti della viaggiatrice e fotografa torinese Anna Alberghina sono esposti dal 28 novembre 2014 al 13 gennaio 2015 alla Galleria Paola Meliga di Torino. La mostra, dal titolo Vanishing Africa, si distingue per venticinque fotografie nelle quali l’artista ha saputo ritrarre sapientemente la realtà africana con i suoi valori e le usanze che sono rimaste alterate nel tempo, e che si ricollegano a un tempo di atavica memoria. La retrospettiva, curata da Bruno Albertino, nasce così dal bisogno di testimoniare le caratteristiche precipue di un continente come l’Africa, che tuttavia viene travolto dagli effetti della globalizzazione, dall’economia di mercato, dalle religioni importate e dal neocolonialismo economico.
Dai Bororo del Niger ai Batwa dell’Uganda, dai Pokot e Rendille del Kenya ai Muchimba e Makawana dell’Angola, questi sono i luoghi esplorati dall’Alberghina. Luoghi insoliti, «terra incognita» come suggerisce la presentazione della mostra, nei quali tuttavia la fotografa ha colto alcuni attimi d’intensità nei volti delle persone. Ritratti in cui predomina il motivo ricorrente dell’artista, e che si lega intimamente alla tradizione di una cultura che da sempre affascina esploratori e avventurieri, coloni e viaggiatori.
In occasione della mostra sarà presentato il libro Maschere d’Africa curato dalla stessa Anna Alberghina con la partecipazione di Bruno Albertino, pubblicato dalla Neos Edizioni. «Un percorso attraverso le immagini che ci fa scoprire qualcosa di più su quell’Africa che, scrutata dall’occhio contemporaneo, lungi dall’apparire monolitica, si svela stratificata ed eterogenea nelle sue tradizioni artistiche, rituali, religiose e, forse anche per questo, conserva un fascino che emerge dalle pagine del libro», questa è dunque la presentazione che è stata realizzata dalla stessa casa editrice al volume.
D’altra parte gli autori hanno affermato: «Durante i nostri viaggi attraverso il continente africano, abbiamo visto, negli anni, affievolirsi lo spirito vitale dei popoli, il “nyama” che animava riti e tradizioni ancestrali. Abbiamo intensamente sofferto nel vedere aprirsi ferite profonde nella cultura e nella vita di popoli che si trasformavano troppo rapidamente, senza essere artefici del proprio destino», e aggiungono a proposito delle maschere africane che comunque saranno presentate insieme ai venticinque scatti, e che fanno parte della collezione privata degli autori: «Rappresentano il cuore pulsante del continente, sono spiriti che parlano, evocando la forza interiore degli antenati mitici. Maschere, volti, sculture parlanti che raccontano l’esistenza di uomini e donne nella quotidiana fatica del vivere».
In realtà le maschere africane pur mantenendo la loro struttura, donano l’identità spirituale a chi ne fa uso e associati sia alla musica sia alla danza consentono alle persone e in generale al villaggio di dialogare con le proprie divinità, gli antenati, i defunti, gli animali e gli spiriti della natura. Tuttavia, le maschere sono una delle forme d’arte africana più nota in Europa, e durante il XX secolo sono servite come ispirazione ai principali movimenti artistici e culturali come il cubismo o il fauvismo e resi maggiormente evidenti nelle opere di Pablo Picasso e Henri Matisse.
Eppure la mostra si ricollega a un’altra importante collezione della fotografa, in altre parole African Beauties, nella quale predomina il fascino esotico delle forme e dei colori e, soprattutto, l’importanza di non cercare la bellezza esteriore, bensì quella interiore. Il messaggio che vuole comunicare l’artista è rilevante giacché sostiene che la bellezza non sia «naturale» per la specie umana, ma che sia solo un costrutto culturale derivato da una severa selezione evolutiva. Infatti, la società odierna è permeata dagli ideali appariscenti, che d’altronde hanno influito sugli stereotipi di genere. Al contrario, l’artista ha pensato bene di riflettere su questo lato dell’umanità per esplorare la bellezza interiore, commovente e prepotente, che trapela nei ritratti dei protagonisti di qualsiasi età.
Queste persone vivono intensamente e con dovizia d’animo la loro cultura caratterizzata dal delicato equilibrio tra l’approccio etnografico ed estetico e rappresentato convenzionalmente dalle maschere africane, che in realtà svela riti e miti originali, in un gioco il godimento estetico e la consapevolezza antropologica. Ed è quello che emergerà dall’esposizione fotografica che segue un percorso itinerante in particolare narrativo, poiché la forma del racconto sta alla base di questi popoli che ancora oggi comunicano raccontandosi storie fra loro. Se, come ha sostenuto Roland Barthes nell’opera La camera chiara «la fotografia rende presente un evento passato», ne deriva che la stessa può raccontare attraverso le immagini le esperienze e il vissuto.
Così, le fotografie scattate durante i viaggi di Anna Alberghina sono la testimonianza di una civiltà spesso maltrattata, o non compresa a fondo, nella quale però sussiste una cultura millenaria che riserva delle esperienze importanti e di accrescimento personale, come quelle vissute dall’artista in oltre vent’anni di viaggi attraverso il continente africano.
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INFORMAZIONI UTILI
Anna Alberghina. Vanishing Africa
Meliga Art Gallery
Via Maria Vittoria, 46, Torino
Dal 28 novembre 2014 al 13 gennaio 2015
+39 284363514
Sito Web: http://www.contemporarytorinopiemonte.it/ita
Email: paolameliga@libero.it