Le scie di un amore per un’arte che ancora molti in Italia stentano a riconoscere tale, mi portano a Parigi, in Francia. E’ novembre e il tempo non è clemente per chi è abituato a temperature più morbide. Sta di fatto che Parigi, nonostante il grigio e la pioggia, non esita a mostrare tutta la sua bellezza e il mese dedicato alla fotografia mette in luce una cultura che sa giocare con la luce ed la sa apprezzare.
Prima traccia di questa stretta relazione tra la capitale della Francia e la fotografia è il Paris Photo. Il Grand Palais, a pochi passi dagli Champs-Elysées e appena qualcuno in più dalla Tour Eiffel insieme alla quale fu inaugurato per l’Esposizione Universale del 1900, ne ospita l’edizione 2014, la diciottesima. La monumentale cornice restituisce al visitatore, 59.825 in 5 giorni di fiera, l’attenzione con la quale le Istituzioni Culturali francesi trattano la fotografia.
I 240 metri di lunghezza del salone principale ospitano 143 gallerie, una manciata in più rispetto all’edizione 2013, provenienti da 35 Paesi, dieci dei quali (Australia, Brasile, Cile, Cina, Grecia, Iran, Arabia Saudita, Taiwan, Tunisia, Turchia) ospiti per la prima volta al Paris Photo.
Un’accoglienza calorosa, all’entrata ogni singolo contenitore viene controllato con scrupolosa dovizia, e la consegna della piantina con gli spazi e i nomi dei galleristi conforta di fronte alla molteplicità e all’ampiezza della fiera.
Una quantità di fotografie, immagini, che soddisfa la vista, l’acquieta e la ripulisce di fronte ai vintage e agli originali di chi ne ha fatto la storia. Alfred Stieglitz, August Sander, E. J. Bellocq, Tina Modotti, Robert Capa, William Henri Fox Talbot, Lisette Model, André Kertesz, Walker Evans, Berenice Abbott restano un morbido abbraccio per l’animo, una gioia.
Ma altrettanta presenza di tutto ciò che è prodotto secondo i crismi delle tecnologie più avanzate permette di mantenere saldo il punto in cui siamo: l’evoluzione esiste, la fotografia si trasforma con l’uso dei mezzi contemporanei che offrono una minuziosa perfettibilità delle creazioni e una produzione incontrollata di immagini.
Quel che ancora fa la differenza, la qualità, è appannaggio della persona-fotografo: è ciò che vede attraverso gli occhi, espressione dell’anima, accompagnati dal pensiero, dall’idea progettuale e dal tempo speso per valutarla e studiarla, insieme alla composizione formale, a determinarne l’incoronazione. Almeno sembrerebbe così nella giostra di un libero mercato all’interno del quale un pubblico competente, come quello incontrato al Paris Photo 2014, si reca alla fiera delle fiere europee, osserva, commenta, guarda, valuta e acquista.
E così sembrerebbe anche dal numero di gallerie per Paese che vede la Francia in testa con 45 seguita dagli Stati Uniti d’America con 29, la Germania con 17 e il Regno unito con 10. All’Italia il compito di farsi rappresentare da tre gallerie, Guido Costa Projects, Photo&Contemporary di Torino e per la prima volta Paci di Brescia.
Dunque fino all’anno scorso erano in due. E sorge spontanea una domanda: perché una rappresentanza così esigua in un Paese, l’Italia, dove il numero delle Gallerie è ben più alto e dove il giovane e meno giovane fermento intorno alla fotografia è altissimo? Oltre gli alti costi degli spazi, quali limiti sono posti affinché più gallerie accedano ad una fiera come il Paris Photo ?
E’ forse una questione delle Istituzioni dell’Italia incapaci ancora di accorgersi che la fotografia è arte e dunque incapaci di rappresentarla all’esterno? O forse è una questione relativa ad un mercato, quello delle gallerie critici curatori photoeditor del “Bel Paese” e spesso non relegato solo a questo settore, ancora poco avvezzo a fare sistema ed operare insieme per ottenere migliori risultati?
Domande più che legittime che si librano frequenti nell’aria tra i vari italiani in visita. Soprattutto quando è italiano il nome del vincitore della quarta edizione del libro fotografico curata da Paris Photo e Fondazione Aperture.
Niccolò Degiorgis riceve il premio Primo Libro per “Hidden Islam” pubblicato dalla casa editrice di Bolzano Rorhof. Quindi di italiani, fotografi dai nuovi nomi, rappresentabili sul mercato internazionale del settore ce n’è.
Dunque un segno dei fermenti vivaci della fotografia italiana si intuisce, esiste ed è vincente. Cerco in giro altre impronte di italianità e trovo tra i nomi noti quali Gastel, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Franco Fontana, Massimo Vitali, Paolo Roversi, Mario Giacomelli, Carlo Valsecchi, Maria Antonietta Mameli, Olivo Barbieri, Guido Macafico anche qualche nuova entrata come Luca Campigotto (Lawrence Miller Gallery) e Nicola Lo Calzo (Dominique Fiat Gallery).
Lascio a margine queste legittime questioni, e mi lascio guidare dall’attenzione, che fa da contraltare fortunatamente, e dalla cura che la Francia dedica alla fotografia come arte. Affezione testimoniata dalla folta presenza di pubblico preparato, dalla capacità di mettere insieme una esposizione di migliaia di scatti, dalla possibilità di raccogliere la presenza di grandi collezionisti internazionali come François Pinault, Steve Stein, Thomas Walter, Arthur Walther, Christian e Aimery Langlois-Merinne, Gregory Annenberg, Damien Bachelot, Trish e Jan de Bont, per fare solo alcuni nomi e dall’intuito di aver saputo dare vita ad un circuito necessario ai gruppi dei principali musei internazionali, J. Paul Getty Museum di Los Angeles, Museum of Moder Art di New York, Metropolitan Museum of Art di New York, Museum of Modern Art di San Francisco, Los Angeles County Museum of Art, Museum of Photographic Arts di San Diego California, Photographic Arts Council di Los Angeles, Santa Fe Center for Photography, Tate di Londra, per realizzare acquisizioni.
L’apprezzamento per la fotografia è espresso anche dal direttore Julien Frydman del Paris Photo nella dedica a Lucien Clerque, co-fondatore dei Rencontres d’Arles morto il 16 novembre scorso, per aver combattuto durante tutta la sua vita per il riconoscimento della fotografia come arte e come arte accessibile. Una dedizione che trova i suoi frutti: in un mercato dell’arte che ha qualche flessione negli ultimi anni, la diciottesima edizione del Paris Photo 2014 è stata omaggiata dalle gallerie come una delle migliori per le eccezionali dinamiche di mercato realizzate.
Tra le vendite straordinarie per prezzo si annoverano quella della Galleria Haward Greenberg che con “Exasperated boy with hand grenade” di Diane Arbus ha incassato 500.000 dollari; quella della Galleria Thaddaeus Ropac che con il solo show di Mapplethorpe curato da Isabelle Hupert, ha raccolto vendite eccellenti; quella di Galerie Templon dove il ritratto di Stromae di Pierre e Gilles è stato venduto per 120.000 euro; quella della Galleria Kamel Mennour che con una raccolta di fotografie di Marie Bovo ha raggiunto valori di vendita notevoli.
Anche se, letti solo dal punto di vista dei nomi venduti, i dati ufficiali degli acquisti fanno sorgere l’interrogativo se questo mercato si stia orientando verso una fotografia dai valori economici già qualificati o se si stia rivolgendo ancora verso acquisizioni più rischiose, ma che aprirebbero possibili futuri scenari nuovi.
_____________________________
INFORMAZIONI UTILI:
PARIS PHOTO 2014
13-16 novembre 2014
Grand Palais
Avenue Winston Churchill
75008 Paris
France