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Pino Daniele ci ha lasciato. L’articolo di Cruccu sul Corriere

pino daniele

Per quasi un quarantennio è stato sinonimo di Napoli in musica. Quella colta, sempre alla ricerca di un ponte tra la straordinaria ricchezza sonora della città e il mondo di fuori, il Delta del blues o il jazz di New Orleans. Ma anche quella popolare, con canzoni che hanno aggiunto colore e anima alla sua terra, già in questo assai vivace di suo. Per questi e mille altri motivi ci mancherà Pino Daniele, portato via da un infarto a nemmeno sessant’anni.

La conferma è arrivata dalla figlia

A dare la notizia per primo Eros Ramazzotti su Twitter, grande amico del cantautore. La conferma è poi arriva dalla figlia che, nella notte tra domenica e lunedì, ha commentato: «È un momento terribile» e quindi dal manager storico, Ferdinando Salzano. Daniele si è sentito male nella sua casa di campagna in Toscana e la corsa fino al Sant’Eugenio di Roma, dov’era seguito da anni, è servita a poco: il cantautore è arrivato in condizioni disperate ed è stato intubato, invano. Già, perché la sua è stata una scomparsa improvvisa, ma non figlia di cliché, il rocker che paga i vizi di una vita: no, Pino aveva sempre sofferto di cuore (aveva dei bypass), malattia condivisa con l’amico Troisi, stroncato egli ancora più presto.

Lutto cittadino

E Napoli ricorderà degnamente uno dei suoi figli più riusciti: sarà lutto cittadino nel giorno dei funerali. L’intenzione del sindaco Luigi de Magistris («sono sconvolto» le sue prime impressioni a caldo) sarà concretizzata a breve con un’ordinanza. Ma anche altre iniziative si prospettano nei prossimi giorni : «Non basta il lutto cittadino -ha aggiunto De Magistris – metteremo a punto, con la Giunta, iniziative importanti, grandi e originali perché lui è unico. Faremo qualcosa di adeguato alla sua grandezza». E il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis promette: « Lo ricorderemo insieme domenica al San Paolo».

Pieno di progetti

Una morte improvvisa, anche perché Pino era pieno di energia: nell’estate aveva riproposto il suo storico album «Nero a metà» con la band originale, l’acme all’Arena di Verona. E si sentiva pronto per partire verso nuove avventure e nuovi dischi,dopo una carriera straordinaria (di cui potete votare la canzone più bella, qui): «Quando avevo 30 anni, mi vedevo a 60 come un vecchio. Ora guardo a gente come Eric Clapton che ne ha dieci anni di più. E mi sento sollevato», aveva detto di recente. L’ultima apparizione a un concerto di Capodanno, a Courmayeur. Non sapremo mai se sarebbe invecchiato come Eric.

Terremoto jazz-blues

Ebbene, a partire dal 1975 Pino Daniele irrompe nel mondo della musica come un terremoto, in particolare nelle sicurezze fino ad allora granitiche della melodia partenopea:coi Napoli Centrale, complesso eroico guidato dal nero dei Quartieri, James Senese, porta a dialogare il Golfo con la musica d’America, il blues e il jazz, inizialmente prestando il basso e poi la chitarra alle cavalcate strumentali della band.

Da solo

Poi si sente pronto per andare da solo. I primi quattro album, da «Terra mia» a «Vai mo», dal 1977 al 1981, con «Nero a metà» che è più di una dichiarazione d’intenti, riscrivono la tradizione, la reinventano: Pino non rinuncia al vernacolo, vedi «Napule è», amara canzone manifesto della città più bella e al contempo più brutta del mondo. O «Je so pazzo», divertente e autoironica.

Con l’amicissimo Massimo Troisi

Ma è il tappeto musicale, ricco delle esperienze con i Centrale, arioso, internazionale a rendere unica la miscela di Daniele, che le conferisce un formato esportazione, universale. Da noi, intanto, Pino firma le colonne sonore dell’amicissimo Troisi, da quel momento inscindibili sottotracce del memorabile, ad esempio, «Ricomincio da Tre»

Le collaborazioni con i grandi

E infatti, del suo genio, si accorgeranno presto oltre frontiera. Se Pino sarà uno dei pochi eletti ad aprire il concerto miliare di Marley nel 1980, a San Siro, saranno poi in tantissimi a voler lavorare con lui: da Eric Clapton, grande amico personale , a Pat Metheny, da Chick Corea a Wayne Shorter. Colto e popolare insomma si intrecciano sempre: la caratteristica voce acuta, la chitarra suonata sempre con pulizia e precisione, e elettrica e acustica, diverranno un binomio inscindibile nel racconto della musica italiana, nelle notti d’estate, nelle audiocassette nelle autostrade. E tra la fine degli anni’80 e l’inizio dei ‘90, si consacrerà definitivamente con album come « Un uomo in blues» e «Che Dio ti benedica».

Disillusioni e riscoperte

Negli ultimi quindici anni poi, Pino vive forse più di rendita. Riscoprendo però la sua anima più originale e riuscita, quella degli inizi. Riconvoca infatti più volte Senese e gli altri per tour celebrativi, vedi appunto l’ultimo all’Arena. E si scopre disilluso: lui, nato di sinistra, si era trovato senza patrie, come aveva confessato in diverse interviste («Il partito per cui ho sempre votato non c’è più da anni» sussurrava amaro) e aveva pure confessato di non disprezzare Berlusconi, a un certo punto. Dopo «La grande madre» di due anni fa, un lungo silenzio discografico. Ma i trionfi estivi l’avevano rimotivato. Non ha avuto il tempo di ripartire.

FONTE: corriere.it

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