Palo Alto, di Gia Coppola, presentato nel 2013 al Festival del Cinema di Venezia, è ancora senza distribuzione italiana, nemmeno in DVD e rischia di finire in quella lunga lista di film invisibili da recuperare assolutamente. Non è The Bling Ring -con la sua vacuità disarmante- ma è Palo Alto a prendere il testimone nella rappresentazione contemporanea dello spleen generazionale. Il film d’esordio di Gia Coppola, nipote di Sofia, dialoga con quel Giardino delle vergini suicide che nel 1999 fissò il canone del cinema indie. Non a caso nella cameretta della protagonista April fa capolino la locandina del film. Le convenzioni sociali vissute come gabbia, in cui imprigionare le più pure e mirabolanti energie giovanili che Sofia ha cantato in Le Vergini Suicide e Maria Antonietta sono qui sostituite dalla loro totale assenza. I giovani di Palo Alto (lontana dalla rappresentazione ordinata e futuribile che oggi abbiamo della sede di Facebook e LinkedIn) sono il prodotto di una generazione d’inadatti, persino più pericolosi dei conservatori e puritani di Grosse Pointe. Disturbati, obnubilati, pervertiti, nel migliore dei casi superficiali, liberano la propria progenie senza guida alcuna nella zona suburbana, lasciando che l’horror vacui – quel veleno che Cecilia aveva sparso nell’aria per prima con il suo suicidio – li pervada.
April, Teddy (Jack Kilmer al suo esordio), Fred (Nat Wolff), Emily (Zoe Levin) e gli altri ragazzi di Palo Alto e gli altri ragazzi di Palo Alto sono quelli che Tondelli definirebbe giovani blues: il prodotto di quell’«incubo ad aria condizionata» che ci ha dato la beat generation, Il giovane Holden, il minimalismo di Bret Easton Ellis, Larry Clark e Harmony Korine. Osservarli nei loro movimenti paralleli, sempre sbagliati e tutti sotto la superficie, mi ha così ricordato il trio di sconvolti e bellissimi protagonisti di Meno di zero che quasi cadevo dalla sedia durante la visione. Gia Coppola e James Franco (autore dei racconti di In stato di ebbrezza che hanno ispirato il film) prendono tutta questa eredità e la rielaborano in un’attuale rappresentazione della fragilità adolescenziale nella zona suburbana. Le scelte sbagliate, i silenzi, i percorsi paralleli che sembrano non doversi incontrare mai, la consapevolezza, il disagio innominabile perché non affrontato direttamente, l’esorcismo della morte, la ricerca della propria strada e la metafora del what if con cui ognuno di noi ha giocato in quegli anni («cosa saresti se fossi un egizio?»), il tutto diluito in un immaginario desaturato e immobile.
Gran parte della grazia di Palo Alto è dovuta al delizioso cast: Emma Roberts è una perfetta April, intima e delicata, il new grunge Teddy che cerca di capire e trovare se stesso nell’arte e nella fragilità dell’infanzia appena lasciata, il pazzoide Fred che ci ghiaccia il sangue nelle vene con il suo «I’m not Bob» sussurrato mentre guida contromano.
Non dimentichiamoci infine di lui, James Franco che qui si è ritagliato la parte del lascivo professor B, allenatore di calcio femminile […].
Perfetta la colonna sonora di Devonte Hynes (aka Blood Orange).
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2 Commenti
Ottimo film d’esordio!
Fai attenzione Sofia, che la tua nipotina Gia ti può dare del filo da torcere. 🙂
Nuove generazioni scalpitano e si fanno spazio!