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La Tate Modern e il Surrealismo applicato alla vita di ieri, di oggi e di domani

Picasso - Nude, Green Leaves and Bust
Picasso – Nude, Green Leaves and Bust, 1932. Foto: Laura Vezzo Artslife

Una ciminiera alta quasi cento metri, una grandezza algida e colossale tipica del boom industriale, che oggi richiama a sé oltre 4 milioni e mezzo di visitatori all’anno. Questa è la Tate Modern di Londra, ex centrale termoelettrica sulle rive del Tamigi riconvertita a spazio museale nel 1981 dagli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron e inaugurata nel 2000. Da quasi 15 anni è il baluardo inglese dell’arte moderna e contemporanea.

Sei piani più la Turbine Hall “interrata”, enorme spazio espositivo di 3.400 metri quadrati. Ai piani due e quattro le esposizioni permanenti: al quarto la collezione permanente – Structure and Clarity (Struttura e lucidità) – che ruota attorno all’astrattismo di inizio ‘900, al secondo invece l’esposizione Dream and Poetry, Sogno e Poesia. Le sue 11 sale, apparentemente sconnesse fra loro, sono in realtà legate dal filo “onirico” del Surrealismo, corrente artistica nata negli anni Venti del Novecento che concepiva il sogno e l’immaginazione come atti di liberazione dai turbamenti irrazionali della vita quotidiana.

De Chirico. The Uncertainty of the Poet, 1913
De Chirico. L’incertezza del poeta, 1913. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Era il 1924 quando il poeta André Breton redasse il Primo Manifesto Surrealista. Era in atto una nuova rivoluzione, una rivoluzione della mente che doveva cessare di essere censurata e repressa. Ispirandosi alle teorie dell’inconscio di Sigmund Freud, gli artisti surrealisti concepirono un’arte soggettiva che si appoggiava alla libera associazione, al caso, al subconscio e al concetto di inizio, puro e incondizionato.

La collezione si apre con due opere estremamente diverse fra loro: la prima, L’incertezza del Poeta (1913) di Giorgio De Chirico: un omaggio all’arte italiana e un’emblema della metafisica, della combinazione di contemporaneo e passato, di reale e di fantasioso, combinazione che a sua volta genera una sensazione sinistra di finta realtà. La seconda è un’inquietante opera anonima di Jannis Kounnelis, esponente di spicco dell’arte povera italiana negli anni Sessanta. Come De Chirico, anche Kounellis usa la tela come spazio teatrale in cui disporre oggetti simbolici interconnessi da allegorie.

Dalì - Metamorfosi di Narciso, 1927
Dalì – Metamorfosi di Narciso, 1927. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Ma è nella seconda stanza che si viene catapultati in una sensazione primordiale, priva di vergogna e adulta razionalità: Surrealism and Beyond, Surrealismo e oltre.

Le 70 opere presentate, tra cui quelle di Max Ernst, Yves Tanguy, Marcel Duchamp, Joan Mirò, Salvador Dalì e Pablo Picasso, riecheggiano il desiderio di ribalta della libertà individuale, di immaginazione e di espressione dopo la repressione della Seconda Guerra Mondiale. Che il Surrealismo non sia solo una corrente artistica ma anche un modus vivendi, viene introdotto già nella terza sala, dove è stata installata un’opera dell’artista cinese, classe 1978, Cao Fei. Titolo: Whose Utopia? (2006), un video frutto di un esperimento sociale che ha lo scopo di mostrare quanto ancora oggi la società industriale generi automi, schiacciati dalla monotonia della vita odierna. Persone che, tuttavia, grazie ai propri sogni e pensieri riescono ad evadere dalla gabbia in cui sono costretti.

Mirò - Painting, 1927.
Mirò – Painting, 1927. Foto Laura Vezzo ArtsLife

L’associazione libera è uno dei concetti fondanti del Surrealismo. E’ proprio con questo spirito anarchico che sembrano essere state organizzate le altre sale. La quarta stanza è, infatti, dedicata ad alcuni ritratti fotografici di Lisette Model e Paz Errazuriz, volti a mostrare quell’aspetto trasgressivo, impudico e per alcuni disgustoso della vita quotidiana di molte persone comuni.

Paz Errazuriz Adam's
Paz Errazuriz Adam’s Apple 1983. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Anche la quinta sala presenta un soggetto particolare e inizialmente di difficile comprensione nel contesto surrealista: una raccolta di poster della Rivoluzione Russa del 1917, in cui Lenin e i Bolscevichi vengono ritratti come eroi. Più tardi con l’ascesa di Stalin la stampa repressa cercò una fuga introvabile avvalendosi della tipografia. Non c’è realtà nei poster di propaganda russa. Ci sono ideali, illusioni e sogni: le uniche speranze a cui Nina Vatolina e Vladimir Mayakovsky si aggrapparono per non soccombere.

Nina Vatolina - Fascism, 1941Nina Vatolina - Fascism, 1941
Nina Vatolina – Fascism, 1941. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Nella sesta stanza si viene, poi, scaraventati nella Russia degli anni Novanta con le piante architettoniche di Alexander Brodsky e Ilya Utkin, che riflettono su foglio strutture oniriche intrecciate tra memorie del passato e previsioni illusorie del futuro.

Ingrediente fondamentale della corrente surrealista è stato anche il sesso, la nudità, come un ritorno alle origini prive di vergogna per se stessi. Se nel XIX secolo sono stati in tanti a dipingere la nudità come elegante intimità, nel Ventesimo secolo viene, invece, approfondita la sessualità e l’erotismo. The Reclining Nude è il nome della settimana stanza, in cui le opere di Pablo Picasso, Georges Braque ed Henri Laurens rendono giustizia al corpo femminile come simbolo di erotismo e origine della vita.

Picasso - Bust of a Woman, 1944.
Picasso – Bust of a Woman, 1944. Foto Laura Vezzo ArtsLife

E’ invece monografica l’ottava stanza. Sotto i riflettori l’artista tedesco Joseph Beuys. L’importanza della sua arte sta nella capacità di associare diversi oggetti attraverso un simbolismo di derivazione scientifica, antropologica e della vita quotidiana. Con l’utilizzo di materiali diversi, dall’alluminio al bronzo passando per il ferro, Beuys ha costruito ambienti stimolanti per capire le vere relazioni dell’uomo con la natura come con se stesso.

Beuys - Lightning with Stag in its Glare.
Beuys – Lightning with Stag in its Glare. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Dalla scultura si passa nella nona stanza alla scrittura e alle immagini virtuali di Bill Viola. Il video artist statunitense miscela soggetti appartenenti a due generazioni diverse, quella analogica e quella digitale.

Il percorso metaforico della poesia e del sogno come armi di difesa dalla crudeltà e dalle regole sociali volge al termine, non prima però di aver guardato alla realtà per quella che è.

La decima stanza della collezione è così dedicata al realismo, l’arte costruita per l’uomo ordinario: nonostante l’uomo tenti di evadere la realtà e di crearsi mondi illusori la realtà prima o dopo torna a pesare sulla testa di ogni individuo. Ed è quindi necessario essere in grado di guardarla senza timore e pregiudizio: ecco quindi comparire dipinti estremamente provocatori ma fondamentalmente veri, come quelli dell’artista americano Barkley L. Hendricks e del tedesco Christian Schad.

Barkley L. Hendricks, Family Jules
Barkley L. Hendricks, Family Jules: NNN (No Naked Niggahs), 1974. Foto Laura Vezzo ArtsLife

Ultima ma non meno importante l’undicesima sala dedicata al fotoprogetto Incidents dell’americano Henry Wessel: non ci si limita a dare un’immagine vera della realtà, la si rende interattiva. Nei suoi 27 scatti, Wessel ha immortalato istanti di perfetti sconosciuti un secondo dopo avervi avuto una minima interazione. Questo è ciò che l’artista richiede al visitatore: non evadere la realtà, non fermarsi a giudicarla, ma esserne un osservatore attento e distaccato, proprio come un fotografo.

Karel Appel - Hip, Hip, Hoorah! 1949
Karel Appel – Hip, Hip, Hoorah! 1949. Foto Laura Vezzo ArsLife

INFORMAZIONI UTILI

Tate Modern, Londra
Surrealism
Surrealism and Beyond
Level 2: Room 2
Tate Modern: Display
Ingresso gratuito, aperto ogni giorno

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