“Ritrovato capolavoro perduto…”; “Scoperta opera di cui si erano perse le tracce…”: quante volte negli ultimi tempi i media hanno scritto o pronunciato queste o simili frasi?
Lo racconta Alessandra Mammì su Dago-Art suggerendo che chissà, forse è “la crisi che aguzza l’esperto” che va a ripescare opere d’arte perse di vista nei posti più impensati.
Tanto per dirne una, forse la più assurda, “La bella addormentata con vaso nero” di Robert Bereny è stata avvistata alle spalle di Hugh Laurie nel film-cartone animato Stuart Little dall’occhio attento del critico d’arte Gergely Barki. Di quell’opera si conosceva solo una fotografia in bianco e nero e nessuno sapeva dove si trovasse o addirittura se esistesse ancora.
Idem per la “Maddalena in estasi” di Artemisia Gentileschi e per la “Maddalena penitente” di Caravaggio. Ma il carnet è talmente ricco che l’elenco potrebbe continuare per ore.
La Mammì cita un Luca Giordano, un “David e Golia” attribuito a Sebastiano Ricci, un Guercino che ha folgorato Sgarbi, un Van Gogh nascosto in cantina e ritenuto dal suo proprietario una crosta, fino all’ultimo caso del Leonardo Da Vinci sequestrato a Pesaro.
Ma quello che accomuna la maggior parte di queste opere saltate fuori dai cilindri di qualche prestigiatore, in alcuni casi “pure bruttine” – come afferma la Mammì nel suo articolo – all’asta riscuotono successi inauditi. Se 230 mila euro per il Bereny di Stuart Little sono una cifra plausibile, che dire degli 850 mila spesi per la Maddalena di Artemisia Gentileschi che sono valsi a segnare il nuovo record dell’artista caravaggesca?
E’ evidente che la storia tormentata di questi “capolavori ritrovati” appassiona gli acquirenti anche più della loro qualità, e allora la domanda sorge spontanea: quanto contribuiscono i media alle impennate dei prezzi?