Foxcatcher, in sala dal 12 marzo, il film di Bennett Miller vincitore all’ultimo Festival di Cannes per la miglior regia. Protagonisti della pellicola Channing Tatum, Mark Ruffalo (Zodiac, The Avengers) e un irriconoscibile Steve Carell.
Il regista di Capote – A sangue freddo (2005) porta nuovamente sullo schermo una storia vera, quella dell’assassinio di Dave Schultz (Mark Ruffalo), campione olimpico alle Olimpiadi di Los Angeles – 1984. Miller torna così a immergersi nel mondo dell’agonismo sportivo come già aveva fatto con L’Arte di vincere (2011), ma in una chiave scura e drammatica.
Dave Schultz venne difatti freddato nel 1996 da John du Pont, suo allenatore – ma con aspirazioni da mentore, con tre colpi di pistola alla schiena, di fronte alla moglie del lottatore. Il film è tratto dell’autobiografia “Foxcatcher. Una storia vera di sport, sangue e follia” scritta nel 2014 da Mark Schultz, fratello di David, anch’esso campione olimpico nel 1984, qui interpretato da un dolente Channing Tatum (Magic Mike).
Una storia americana in cui un groviglio di frustrazioni, proiezioni e aspirazioni si accatastano attorno alla figura losca e inquietante di John du Pont, erede della potentissima dinastria franco-americana di industriali.
Ossessionato dalla figura materna che mai gli concederà, in tutta la sua vita, il dono della propria approvazione (Psycho?, sì), il magnate appassionato di ornitologia e armi, volge tutti i suoi sforzi nel tentativo di incarnare per gli atleti del suo team la figura del mentore, con risultati più vicini a quelli di Mommie Dearest.
Du Pont a metà degli anni ’90, in seguito a questo fatto di cronaca nera e al conseguente processo, tenne col fiato sospeso l’America intera: un folle? Da assolvere? Da condannare? Interpretato magistralmente da Steve Carrell (Crazy, Stupid, Love), che riesce a rappresentare la psicosi e il disturbo senza scadere in istrionismi, è il protagonista, burattinaio e burattino, di una storia senza vincitori.
La regia è glaciale e spietata, fredda e solida, gli attori in stato di grazia.
Cinque le nomination ai Premi Oscar 2015, tra cui quella per la miglior regia a Bennet Miller, miglior attore protagonista a Steve Carrel e miglior attore non protagonista a Channing Tatum.