Le tradizionali sessioni di aste di maggio presentano cataloghi eterogenei nella loro ampia varietà, con la consueta attenzione per la qualità e l’unicità dell’oggetto presentato. Come ad esempio quello degli Argenti, Avori, Icone e Arte Russa che in due tornate (alle 15.00 e 21.00) per la giornata dell’11 maggio esita 530 lotti.
Sono indubbiamente da segnalare una coppia di candelabri in argento cesellati ad Augusta nel 1761-1763 dall’orafo tedesco J. P. Heckernauer, con base del contorno mistilineo con volute a conchiglia, fusto a torciglione, bracci mossi a foggia di rami e piattini delle bobeche a fiore (lotto 131, stima 15.000 – 20.000 euro); per imponenza e fastosità un repositario romano dell’Ottocento in argento, rame argentato e dorato con corpo trilobato che reca su ciascuno angolo della base tre figure femminili rappresentanti le Virtù teologali, su ciascun lobo lo stemma del Cardinale Carlo Maria Pedicini, e sul coperchio cimato lo stemma del Papa Pio VII Chiaramonti (lotto 167, stima 20.000 – 30.000 euro).
Di grande fascino un centrotavola in bronzo dorato e argento del 1640 circa, di forma mistilinea su quattro piedini a forma di leone alternati a piedi ferini fogliati recanti lo stemma della famiglia Fontanelli, marchesi di Fubino, originari di Modena (lotto 176, stima 19.000 – 29.000 euro).
Per quanto riguarda l’oreficeria genovese si distingue una caffettiera in argento, marcata Torretta del 1769 con corpo piriforme e centinato, poggiante su tre piedini rococò, boccaglio zoomorfo con coperchio con presa a ricciolo (lotto 197, stima 15.000 – 20.000 euro).
Per gli oggetti d’arte russa in evidenza un tankard di forma cilindrica in argento parzialmente dorato, cesellato dall’orafo P. Semenov nel 1739, che nel corpo è decorato con la scena di Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia (lotto 321, stima 8.000 – 10.000 euro), una saliera in argento a forma di delfino del 1908-1917 del l’orafo K. Fabergè, bollo con insegne imperiali (lotto 373, stima 2.500 – 3.500), e un set, sempre con bollo imperiale, di sei saliere e cucchiaini in argento dorato in smalto traslucido, realizzato a San Pietroburgo nel 1899-1908 dai fratelli Gratchev (lotto 384, stima 4.000 – 5.000 euro).
Per le icone, infine, campeggia uno splendido Cristo con riza in argento dorato e smalti del 1891 con le insegne imperiali, caratterizzata da un intenso arcaismo, realizzato nel 1891 da Pavel Ovchinnikov, considerato l’argentiere e gioielliere del “puro stile russo” poiché, nei suoi lavori, non si ispira a stili francesi o comunque occidentali; famoso per gli oggetti d’uso che ripetono quelli tradizionali russi, “poveri”, li realizza in preziosi materiali, arricchendoli da motivi geometrici stilizzati ed esasperati, molto spesso smaltati a colori vivacissimi (lotto 476, stima 4.000 – 5.000 euro).
La giornata del 12 maggio sarà interamente occupata dal catalogo “Collezioni Italiane” che raccoglie nelle tre tornate (alle 10.30, 15.00 e 21.00) Porcellane, Maioliche, Arredi e Oggetti d’arte.
Danno il via le ceramiche europee, che presentano alcuni lotti di notevole interesse: tra questi un raro piatto da parata di Laterza, databile alla seconda metà del Seicento (lotto 606, stima 3.000 – 4.000 euro). È un’opera importante, che ben rappresenta la rinascita secentesca delle officine pugliesi. Uscita dalla bottega di Angelo Antonio d’Alessandro (1642-1717), è caratterizzata da una sofisticata iconografia, derivata probabilmente dalla incisione di Jan Saenredam e Henrik Goltzius del disegno di Polidoro da Caravaggio raffigurante Marco Furio Camillo, sottolineata dall’uso di eleganti emblemi con animali che paiono richiamare le costellazioni, formando così una sorta di cornice astrologica intorno all’immagine centrale.
Figura che potrebbe ben rappresentare don Giovanni d’Austria il Giovane (1629- 1679) figlio illegittimo di Filippo IV, restauratore del dominio spagnolo a Napoli dopo la rivolta del 1647 e vicerè dei domini meridionali: come sembra suggerire anche la personificazione con Furio Camillo (liberatore di Roma e dittatore) e soprattutto l’uso dell’iconografia astrologica, assai apprezzata dagli Asburgo.
Restiamo in tema di rapporti tra Napoli e Spagna con il grande gruppo in porcellana policroma realizzato a Capodimonte o al Buen retiro, la manifattura spagnola di porcellane reali voluta da Carlo di Borbone appena salito sul trono di Spagna dopo aver lasciato quello di Napoli. Il gruppo, raffigurante l’episodio della dichiarazione d’amore di Olindo a Sofronia prima del supplizio, dalla “Gerusalemme Liberata”, è stato reso noto da Angela Caròla-Perrotti nel 1986 ed attribuito, per il modello, a Giuseppe Gricci, con una probabile datazione al 1757-1758, gli ultimi anni della direzione Fischer. In quell’occasione, la studiosa pubblicava anche la relativa terracotta (oggi in collezione privata) e ricordava come il modello sia noto solo in due più tarde redazioni spagnole, una in biscuit ed una in terraglia, modificate rispetto alla nostra porcellana (lotto 616, stima 4.500 – 5.000 euro).
Per gli arredi la cultura fastosamente barocca e ridondante del Regno delle Due Sicilie e della cultura borbonica è in fil rouge che unisce alcuni importanti oggetti. Lo stile barocco in Sicilia si sviluppa attraverso le influenze più varie, a cominciare da quelle delle scuole romane e napoletane senza dimenticare il contributo dato dal gusto spagnolo per gli apparati decorativi.
Così a cavallo tra Sei e Settecento, l’arte dell’intaglio vive in Sicilia un periodo di grande fertilità con la realizzazione di arredi come la console della fine del XVII secolo, in legno intagliato, scolpito, laccato e dorato (lotto 953, stima 15.000 – 18.000 euro) che rappresenta la bellezza e la fantasiosa esuberanza dell’intaglio scultoreo della scuola siciliana di derivazione romana e che può essere accostata, ad una serie di tavoli disegnati da Giacomo Amato (1643 – 1723), dell’ordine dei Crociferi, noto ornatista formatosi a Roma, la cui attività era legata per lo più alla committenza delle famiglie della nobiltà palermitana.
Interessante anche una coppia di console da muro sempre della metà circa del XVIII secolo, con piani in marmo fossile e che lasciano intravedere una asimmetria ormai figlia dello stile Luigi XV che già da qualche decennio andava imponendosi in Francia (lotto 954, stima 6.000 – 8.000 euro).
Ancora di manifattura siciliana ed anch’essa legata al gusto francese che s’insedia nelle corti italiane – anche la corte ferdinandea ne subisce l’influsso, seppur mantenendo una certa identità locale – è la poltrona in legno scolpito e dorato sempre a mecca (tecnica molto utilizzata nel regno come alternativa all’oro zecchino) che si ispira ai nuovi temi del classicismo così detto alla “greque” (lotto 959, stima 3.000 – 4.000 euro).
Lasciamo il Settecento per inoltrarci nel secolo successivo con dodici poltrone di manifattura napoletana in lacca bianca e oro, di uno stile nato sulla scia delle produzioni alla francese sotto il dominio di Napoleone con Gioacchino Murat (lotto 933, stima 10.000 – 12.000 euro).
Riferibile al secondo quarto dell’Ottocento è poi il grande “table de famille” in legno di mogano del secondo quarto del XIX secolo, stampigliato ‘Jacob’ (lotto 941, stima 15.000 – 18.000 euro). Quasi certamente questo tavolo (reca marchi d’inventario), faceva parte di una fornitura più ampia di esemplari, quasi tutti simili tra loro e commissionati dagli Orlèans per alcuni saloni delle residenze reali, ed in seguito – secondo una tradizione non documentata – donato da Napoleone III a Julie Bonaparte (1830-1900), dal 1847 marchesa di Roccagiovine come riportato da una scritta ad inchiostro in due dei quattro cassetti.