Novità primaverili per la casa d’aste Wannenes che propone tre giornate di vendite, tra cui la prima asta del nuovo dipartimento di orologi. Mercoledì 27 duecentocinquanta orologi, tra esemplari da interni, da tasca e da polso, antichi, vintage e moderni che spaziano dal XVIII secolo ai nostri giorni raccolti per inaugurare il nuovo Dipartimento Orologi diretto da Marisa Addomine. Il 26 e il 28 è invece il turno di dipinti e gioielli. L’esposizione si svolge dal 22 al 25 maggio 2015 nelle sale di Wannenes aPalazzo del Melograno (Piazza Campetto 2, Genova, orario 10.00 – 13.00 | 15.00 – 19.00).
Si segnala, tra le chicche di questo primo catalogo molto curato, un raro Rolex ref. 2937 in oro giallo, prodotto in soli 10 esemplari negli anni ’30, di cui quattro rubati e mai più riapparsi sul mercato, con anse snodabili. Ordinato nel 1940 da un cliente milanese, è proposto sul mercato per la prima volta in questa occasione a una stima di 9.000-10.000 euro.
Ma andiamo con ordine. Si parte martedì 26 con i dipinti antichi e l’Ottocento. Ben 342 lotti tra ritratti, scene sacre, paesaggi e nature morte. Per i collezionisti e gli appassionati può diventare un appuntamento di grande interesse, con molte sono le opere di rilevanza artistica e collezionistica, tra cui certamente un bozzetto di Joseph Adam Van Mölk destinato a celebrare l’elezione al soglio pontificio di Carlo della Torre Rezzonico, avvenuta nel 1758 con il nome di Clemente XIII (olio su tela, cm 89 x 49) (lotto 72 stima 15.000 – 20.000 euro).
Attribuito inizialmente a Pompeo Batoni, del quale reca la firma in basso a sinistra, questo incantevole dipinto andrà invece riportato alla mano dell’artista austriaco, abilissimo peraltro anche nell’affrontare ampie decorazioni a fresco. Molte sono le chiese e gli edifici da lui decorati, una produzione che documenta la sua predilezione per la maniera prospettica ed illusionistica di Andrea Pozzo e, in modo particolare, per l’arte di Giambattista Tiepolo.
Considerato un prodigio durante gli anni dell’Accademia, il successo critico di Van Mölk è già consolidato nel 1743, quando diventa pittore ufficiale della corte di Württemberg, ed estende la sua attività in Baviera, Tirolo e Austria, contribuendo non poco allo sviluppo del Rococò augustano. Il riferimento al papa è ben visibile in alto, dove spicca l’arma araldica di famiglia sorretta da un angelo e dal Tempo, sulla cui falce si legge l’iscrizione “VI juli 1758”, giorno in cui si chiuse il conclave. La composizione presenta un complesso impianto di allegorie, a partire dalla rappresentazione della cupola di San Pietro collocata su un’irta montagna, dove siedono le virtù teologali mentre al centro si staglia la figura di San Marco che allontana il Maligno e la personificazione dell’Invidia. A sinistra invece, si ha una veduta della Piazzetta, con il Palazzo Ducale e della Biblioteca Marciana.
Un’altra opera presentata in catalogo di notevole richiamo è l’incantevole e briosa natura morta di Andrea Belvedere databile all’inizio del XVIII secolo, quando, dopo il ritorno dal soggiorno a Madrid alla corte di Carlo II, la composizione dei suoi lavori si fa più monumentale e la tavolozza si schiarisce rispondendo più da vicino alle esigenze della rocaille (lotto 158 stima 80.000 – 120.000 euro).
E’ questa, un’opera affascinante e piena di simbologie misteriose: la scimmia appoggiata su basamento alla sinistra e, dalla parte opposta, un’anfora con la scena dell’uccisione di Abele ai piedi di un altare sacrificale, un vaso raffigurante una figura di donna mollemente distesa tra due fanciulli. Abbacinante nella sua evidenza materica, il dipinto si caratterizza per una sensibilità nuova e vibrante e piena di sfumature, evidente nella resa cromatica delle rose centifoglie, dei tulipani, dei garofani, delle campanelle, dei sambuchi e delle ipomee (olio su tela, cm 112 x 183,5).
Di valore storico oltre che artistico, un ritratto di Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena da attribuirsi alla mano di Lorenzo Pécheux (lotto 160, stima 8.000 – 12.000 euro). Formatosi in Francia, nel 1753 Pecheux è documentato a Roma, dove frequentò Pompeo Batoni e l’atelier di Anton Raphael Mengs, dedicandosi al genere del ritratto senza tralasciare la pittura di storia. A documentarne la precoce notorietà sono le commissioni da parte di Filippo di Borbone, che imposero all’artista un viaggio a Parma negli anni 1765 e 1766. Di ritorno a Roma, il pittore si afferma presso una clientela internazionale, dipingendo opere per i Barberini e i Borghese; nel 1777 accetta l’invito di re Vittorio Amedeo III a Torino per dirigere la Regia Accademia e divenire primo pittore di corte. Esponente autorevole della moderna temperie neoclassica, Pecheux si può considerare tra i principali ritrattisti dell’epoca contendendo notorietà e fama al Batoni e al von maron, senza dimenticare che la benevolenza borbonica fu agevolata dallo stesso Mengs, che teneva in gran considerazione il suo giovane seguace.
Vivido nel suo vitale colorismo, sorretto da un talento prodigioso, il talento di Luca Giordano si manifesta nelle grandi commissioni ufficiali come nella coppia di bozzetti che raffigurano Miriam e le donne ebree al passaggio del Mar Rosso e Giacobbe e Rachele al pozzo (lotto 157, stima 35.000 – 45.000). Le scene raffigurano due episodi biblici che l’artista descriverà in maniera più ampia nel ciclo della chiesa napoletana dell’Annunziata realizzato nel 1687 e distrutto durante l’incendio del 1757, ma documentato con dovizia da Bernardo De Dominici. Le immagini sono caratterizzate da bellissimi contrappunti cromatici modulati dal tenebrismo di ascendenza pretiana. L’esecuzione condotta a pennellate veloci e frante, dense di colore secondo la tecnica consueta del pittore non smarriscono la propria intensità disegnativa. La concezione è pertanto quella tipica del bozzetto, risolta con una sensibilità che preannuncia accenti settecenteschi, la medesima che seguiterà Sebastiano Ricci e i pittori dell’età rocaille sino a Boucher e Fragonard a testimoniare la fortuna critica del Giordano sino alla soglia del neoclassicismo.
Per quanto la pittura del XIX secolo è sicuramente da segnalare la caratteristica scena popolare di Vincenzo Migliaro dal titolo evocativo di L’Attesa (già in raccolta Mele di Napoli), dove il pittore che amava ritrarre i vicoli ed i bassi stretti e pittoreschi dove s’annida la variopinta miseria degli umili ma anche le piazze inondate dal sole caldo, trova una silente sintesi compositiva e cromatica che esalta la sua vivacità (lotto 237, stima 30.000 – 35.000 euro). Silente e trasognata la Contadina umbra con fazzoletto del macchiaiolo Filadelfo Simi, che con romantico ardore celebra la poesia della vita rurale raccontata attraverso il colore e la luce (lotto 220, stima 6.000 – 7.000 euro), così come aristocraticamente annoiata la giovane donna che osserva dal palco del Palcoscenico del salentino Ulisse Caputo, opera risolta con una tavolozza gioiosa e frizzante che evoca i suoi trascorsi parigini (lotto 243, stima 10.000 – 14.000 euro). Assolata, infine, e piena di operosa tranquillità il Paesaggio con contadine dello spagnolo Joaquine Luque Rosello, dove la scena, animata dalle figure impegnate al lavoro nei campi, è descritta con minuzia, inondata dalla luce del sole grazie alla stesura del colore precisa ed attenta, che trasmette pace e serenità (lotto 303, stima 4.000 – 5.000 euro).
Mercoledì 27 maggio, come accennato, si tiene la prima asta del nuovo Dipartimento Orologi. Questo comparto collezionistico, come è noto, è seguito da appassionati e competenti connoisseur, che spesso concentrano il proprio interesse in uno specifico settore: proprio per questo, il catalogo è stato strutturato nelle tre sezioni citate corrispondenti, spaziando, dal XVIII secolo ai nostri giorni.
Il catalogo prende avvio con gli orologi da interni, con una grande varietà di tipologie e destinazioni, tra cui begli esemplari francesi da arredo di tipo tradizionale ed alcuni pezzi unici, come l’importante orologio in tartaruga, argento, cristallo di rocca e pietre realizzato intorno al 1850 in forma di facciata di cattedrale coloniale, probabilmente destinato ad un prelato di qualità (lotto 428, stima 1.800-3.600 euro). L’orologio vero e proprio è opera di Vincenti, ottima firma della produzione francese del XIX secolo: pur tuttavia, è innegabile che l’aspetto architettonico dell’opera prevalga su quello più propriamente tecnico. Di dimensioni importanti, è completamente lastronato in tartaruga e cela, dietro due ante quasi segrete poste sul fronte, sei piccoli cassetti, anch’essi realizzati con lo stesso materiale.
L’importante cartel d’applique a firma Ladeval, realizzato a Parigi intorno al 1730, con tecnica à la Boulle (lotto 427, stima 2000 – 4000 euro) ha una provenienza importante: attraverso un importante collezionista italiano, era infatti parte della raccolta del conte Grigorij Sergeievich Stroganoff (1829-1910). Il nobiluomo fu grande viaggiatore e collezionista di antichità soprattutto egizie: filantropo e mecenate, era considerato uno dei più raffinati aristocratici russi. A metà Ottocento volle acquistare ed arredare un palazzo in via Sistina a Roma, nel quale soggiornava nel periodo invernale, circondandosi di quanto il suo gusto di raffinato intenditore sapeva raccogliere.
Meno appariscente ma importante per rarità, qualità e stato di conservazione, è quello che non può essere definito un orologio nel senso proprio del termine, bensì un Journeyman clock. Si tratta di un segnatempo che indicava, con due semplici quadranti ma con rintocchi ben udibili, il battere dei secondi e dei minuti negli osservatori astronomici inglesi, in modo che l’astronomo, udendo e contando i rintocchi dei secondi, potesse valutare la durata degli eventi senza distogliere lo sguardo dal telescopio (lotto 424, stima 1.800 – 2200 euro). L’esemplare proposto è completo ed è opera di John Holmes (attivo tra il 1762 ed il 1815), che fu allievo di Henry Hindley ed autore d’importanti segnatempo. Ben pochi di questi strumenti sopravvivono: uno di essi, purtroppo in modesto stato di conservazione, si trova presso il Museo della Storia della Scienza di Oxford.
Una raffinata pendola viennese a firma Tobias Flaschge, risalente ai primi anni del XIX secolo, è pregevole sia per l’importanza dell’autore – varie opere sue sono conservate nei musei della capitale austriaca – che per la qualità dei bronzi (lotto 426, stima 1.800-2.500 euro). Altrettanto raro è un orologio da appoggio svizzero, creato nell’atélier dei noti Robert & Courvoisier, sovrapposto ad un quadrante solare in marmo bianco: si tratta di un pezzo proveniente dalle raccolte del celebre antiquario Imbert di Milano, fornitore delle più importanti dimore milanesi, oltre che di istituzioni pubbliche (lotto 425, stima 600-1.200 euro). Maisons di spicco nella produzione orologiera del cantone di Neuchatel, con sede a La-Chaux-de-Fonds, Robert Courvoisier agli inizi dell’Ottocento per un breve periodo congiunsero i loro destini, realizzando ottimi orologi, caratterizzati da grande qualità e raffinatezza estetica.
Nella sezione degli orologi da tasca viene offerta una raccolta di orologi in oro e smalti, di pregevole fattura, alcuni con ricche châtelaines: di provenienza inglese, francese, svizzera e persino irlandese, sono diversi per epoca e per gusto ma sempre affascinanti. Tra essi, un importante orologio con châtelaine in oro, smalti e brillanti con decorazione a cielo stellato (lotto 515 – stima 3.500-7.000 euro), è un piccolo capolavoro di arte orafa del celebre Gustave-Adolphe Adamson (attivo dal 1760 e scomparso nel 1788). Svedese per nascita ma emigrato in Francia ed attivo alla corte di Luigi XVI, fu Horloger du Roi. Risalente al 1780, questo orologio cela al proprio interno un movimento di straordinaria modernità, frutto di quella capacità tecnica ed architettonica quasi visionaria così tipica della Francia nel secolo dei Lumi.
Da citare anche un orologio a forma di mandolino, in oro e smalti, a firma Duchêne, di produzione ginevrina e databile alla fine del XVIII secolo (lotto 514 – Stima 4.000-6.000 euro) ed un raro esemplare in oro con quadrante massonico, ancora dall’atelier di Robert & Courvoisier, con insolito calendario comprendente anche gli influssi planetari (lotto 507, stima 1.500-2.000 euro).
Infine, per quel che riguarda l’orologeria da polso, ultima sezione del catalogo, andrà segnalata un’importante raccolta di pezzi vintage Piaget, da uomo e da donna, in condizioni pari al nuovo: diversi i pezzi anni ’70 con pietre dure e brillanti. Per un pubblico femminile alla ricerca di oggetti di particolare livello, vengono proposti uno splendido orologio in oro e smalti verdi, celato in un bracciale, creato da David Webb (lotto 570 – stima 8.800-10.000 euro) e l’intramontabile tubogas di Bulgari (lotto 569, stima 6.000-8.000), qui in una delle prime versioni degli anni ’60 e nella rara variante bitonale. Per i puristi del polso, un rarissimo Rolex ref. 2937 in oro giallo, prodotto in soli 10 esemplari negli anni ’30, di cui quattro rubati e mai più riapparsi sul mercato, con anse snodabili (lotto 641, stima 9.000-10.000 euro): ordinato nel 1940 da un cliente milanese, è proposto sul mercato per la prima volta in questa occasione.
Chiude la settimana genovese l’asta di gioielli del 28 maggio, che raccoglie oggetti del gotha dell’oreficeria internazionale come Tiffany, Vhernier, Boucheron e Webb, insieme ad autentiche meraviglie nate dalle mani sapienti di orafi meno blasonati ma egualmente creativi.
Si segnalano: un bracciale realizzato con placche rettangolari, decorati con diamanti taglio vecchio e huit huit del peso stimato di 20.00 carati, una lastra traforata a mano con il decoro a milligrano “open work” e i bordi laterali a giorno (lotto 1058, stima 22.000 – 28.000 euro) e i lavori della prima metà del XX secolo, caratterizzati da un’effervescenza di proposte creative che spaziano dal linearismo al figurativo: è il periodo dei tank, quello animalier e del floreal-fogliaceo straordinario che Cartier sviluppa nella propria raffinata selezione, con splendidi bracciali finemente incisi con foglie, frutti, in oro, platino, che appaiono semplici ma complessi, lineari ma all’avanguardia, come il bracciale in oro bicolore e diamanti del 1950 circa (lotto 1136, stima 9.000 – 12.000 euro).
Il retour stilistico è un “deja vu” che ritorna in forme diverse ma dove la classicità resta comunque un segno oramai inscindibile dove tutto ritorna, anche nella forme più futuriste. Ed ecco che che Van Cleef & Arpels brevetta la menudière: forma innovativativa disegnata in oro e lacca nera, non è una trousse, non è una borsetta, è, appunto, una menudière che nel percorso successivo si modificherà, e cambia. Entrano così le lavorazioni a tessuto degli anni ‘50 con bordure in bianco impreziosite de gemme incolori o colorate, fino ad evolvere in una perfetta combinazione a ovale del Sac de soire di Bulgari nei tre colori dell’oro, disegnato con un movimento straordinario di forme e linee e plasticità tipico degli anni Sessanta (lotto 1140, stima 20.000 – 30.000 euro).
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