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Nuova luce per Il Salvatore benedicente di El Greco

Dopo il restauro, è tornato a nuova luce Il Salvatore benedicente di El Greco, uno dei capolavori della collezione della Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia.

el greco

El Greco, nome d’arte di Dominikos Theotokopoulos (Candia,1541- Toledo,1614), di origini greche, visse in Italia e Spagna, divenendo uno dei maestri più rappresentativi del Rinascimento spagnolo.

Grazie al sostegno di Rotary Club Reggio Emilia Val di Secchia e alla sponsorizzazione di Banca Alberini Syz spa, il quadro Il Salvatore benedicente è stato oggetto di restauro da parte dello “Studio Dell’Amore” di San Lazzaro di Savena (Bologna) che con un lavoro di attenta pulitura della superficie pittorica originale ha rimosso la pesante ridipintura bruna del fondo, i ritocchi che enfatizzavano i contorni delle dita e mimetizzavano le aree di lacuna.

Ora l’opera è stata ricollocata al centro della Galleria Parmeggiani.

Ritenuto autografo da tutta la letteratura, il dipinto Il Salvatore benedicente di Reggio Emilia è uno dei capolavori che Luigi Parmeggiani portò con sé in città a partire dal 1924 e una delle poche opere delle quali sia possibile risalire, almeno in parte, alla provenienza.
Risulta infatti che il Salvatore benedicente appartenesse alla collezione di sir Charles Robinson (1824 – 1913), collezionista e consulente del Victoria and Albert Museum di Londra, figura molto autorevole nell’ambiente artistico dell’Inghilterra vittoriana.
Appartenuta probabilmente ad un Apostolado, serie di dipinti rappresentanti il Salvatore o Redentore con i dodici Apostoli, l’icona del Salvatore benedicente è trattata da El Greco in varie versioni; quelle rimaste sono esposte presso il Prado di Madrid, la National Gallery of Scotland di Edimburgo, la casa museo di El Greco a Tolosa (unica a raccogliere tutta la serie).
Di queste versioni, la più simile al dipinto della Parmeggiani per unanime considerazione è quella di Edimburgo; quella del Prado presenta la figura del Cristo priva del mantello azzurro e con il volto leggermente rivolto a destra, mentre quella di Toledo risulta differente nella disposizione delle braccia.

Robinson con ogni probabilità entrò in contatto con Parmeggiani attraverso il tramite di Ignacio Leon Y Escosura, pittore, antiquario e collezionista spagnolo che non difficilmente entrò in contatto con l’inglese per la condivisa frequentazione di ambienti e personaggi che ruotavano attorno all’allora fiorente e quanto mai ricco mercato artistico e antiquario. Della collezione raccolta da Escosura Parmeggiani stesso, attraverso tortuose e non del tutto chiarite vicende, diverrà amministratore prima e proprietario poi.

In occasione della mostra su El Greco a Parigi del 1938 in cui è esposto anche il Salvatore della Parmeggiani, un articolo di giornale dell’epoca, conservato presso l’archivio dei Musei Civici di Reggio Emilia (purtroppo senza data, proveniente dall’archivio Coscelli), racconta una versione differente quasi certamente fornita dal Parmeggiani stesso: che l’opera venne a lui direttamente dal Robinson alla fine dell’Ottocento, periodo in cui Parmeggiani, dopo un periodo di carcere a Parigi, si trasferì a Londra; secondo Marchesini proprio in quel periodo e precisamente nel 1894, iniziarono i primi rapporti con l’illustre inglese in occasione della vendita di oggetti antichi al Victoria and Albert Museum. Il passaggio diretto tra Robinson e Parmeggiani sarebbe contraddetto dalla data di vendita riportata da Sanchez (7 maggio 1868); d’altro canto Parmeggiani non è nuovo nel dare versioni romanzesche della suo vicenda biografica, come fa per il suo “incontro fatale” con Escosura, a suo dire avvenuto per caso durante il pieno periodo anarchico e invece avvenuto per il tramite dell’amante, e moglie del pittore, Marie Marcy – Filieuse.

Come scrive Perez Sanchez e come risulta anche dall’ultimo restauro l’opera è stata oggetto di numerosi interventi che ne hanno in parte alterato l’aspetto; il fondo bruno è stato rifatto probabilmente per accondiscendere al gusto del proprietario, mentre una serie di lacune è stata risarcita. Pare, secondo lo stesso Sanchez, che le ombreggiature ritoccate risalgano alla seconda metà degli anni venti facendo così pensare ad un intervento richiesto dallo stesso Parmeggiani con l’opera già a Reggio, ed eseguita molto probabilmente dal pittore e restauratore Giuseppe Menozzi, che, pare, avesse già eseguito interventi “non ufficiali” su alcune opere della Galleria.

www.musei.re.it

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