Roma è fatta così. Incomprensibile. Proprio come l’Italia. Il sito del Corriere e “Le Iene” sono andati a spulciare nello scandalo degli immobili del Comune di Roma, che sarebbero più di 42mila, se non fosse che solo 24.525 hanno un canone conosciuto: di questi ben 7.066 sono affittati a 7,75 euro al mese e soltanto 16 (sedici), nelle zone più esclusive del centro, a poco più di mille euro.
Non fatevi illusioni: tutti gli altri sono più vicini ai 7 euro che ai mille, visto che il 95,1 per cento degli inquilini paga meno di 300 euro al mese.
Per i bilanci già disastrati del Comune significa un bagno di sangue dalle proporzioni quasi incredibili, se si considera che già per la sola gestione delle case il Campidoglio spende il triplo di quanto incassa, senza contare che per regalare quegli affitti è costretto a pagarne altrettanti per le sue necessità, a prezzi di mercato, questa volta.
Perché qua nessuno è fesso, come diceva Totò. Neanche il Comune di Roma, che, siccome soldi non ne entrano, da qualche parte bisognerà pure non farli uscire. Per questo, c’è il “sistema Tremonti”, qualunque sia la giunta: la cultura non dà da mangiare (ai suoi elettori). Si taglia lì.
Così, il direttore dei musei capitolini, Claudio Parisi Presicce, dopo aver promesso all’atto del suo insediamento, con trombe e fanfare, un grande progetto di volontariato per il rilancio, «la conservazione e la valorizzazione» dei cosiddetti musei minori, ha subito emesso il bando per la ricerca di associazioni culturali e di personale specificatamente preparato per «svolgere attività presso aree archeologiche e monumentali».
A titolo assolutamente gratuito. Of course.
«Quei musei», disse, commuovendoci tutti, «sono molto importanti per la città». Difatti. Si tratta del Museo Napoleonico, nel palazzo della famiglia Primoli-Bonaparte, del Barracco, della Canonica dentro Villa Borghese e del Bilotti nell’Aranciera della stessa Villa, del Museo delle Mura, della Repubblica Romana a Porta San Pancrazio, della Casa Moraviae del complesso archeologico della villa di Massenzio sull’Appia Antica.
Un patrimonio da salvaguardare. Gratis.
Ma l’incongruenza peggiore è che i poveri volontari sono tenuti a lavorare senza beccare l’ombra di un quattrino molto più dei famosissimi dipendenti romani, noti in tutto il mondo per la loro attività principale, che è quella dell’assenteismo, costretti invece – loro – a rispettare l’orario previsto, dalle 10 alle 16, impegnandosi il più seriamente possibile «per aumentare e migliorare la fruizione» dei musei, delle opere d’arte e dei beni storici.
Ha un senso tutto questo? In giunta rispondono che il requisito imprescindibile per ogni iniziativa di questo tipo è quello dell’abbassamento dei costi. Alzare le entrate, invece no?
Anche perché, a guardar bene, lo scandalo degli immobili romani racconta tutta quell’incuria, quell’indifferenza e quell’assenza incredibile di qualsiasi parvenza di serietà, che, assieme al più becero familismo, fanno – ahimé -, di certo statalismo romano, il suo peccato più grave.
In una lunga denuncia che il romanissimo signor Giampaolo Cuccari ha consegnato alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti è spiegato bene come nel corso del tempo il Comune di Roma, per colpevole negligenza, non abbia mai aggiornato i canoni, limitandosi alla conversione in euro dei vecchi importi, che risalgono a chissà quale dopoguerra:
«Nel medesimo immobile», scrive Cuccari, «è possibile rinvenire la situazione per cui la maggior parte delle persone paga canoni irrisori, mentre altri soggetti abitanti nello stesso palazzo pagano affitti che seppur affatto alti sono notevolmente superiori agli altri». Nessuno in Comune ha mai provveduto a cambiare le cifre, ma non basta, perché, aggiunge Cuccari, «sorge il fondato sospetto che nel corso del lungo tempo trascorso dalla prima assegnazione soggetti diversi dai legittimi assegnatari abbiano goduto degli immobili ad insaputa degli organi competenti, colpevolmente inerti». Si passano la casa da famiglia a famiglia o la subaffittano, ma nessuno lo sa più veramente, come ha testimoniato l’assessore Antonio Gerace: «E’ difficile stabilire chi addirittura occupa realmente l’abitazione. Molti inquilini si sono intallati abusivamente».
Nell’ormai lontanissimo 1989 il Comune stesso ammetteva: «Almeno 5mila inquilini non hanno un volto». Costerebbe tanto mandare i vigili romani, che si assentono in massa durante le partite, a dare una controllata a quelle abitazioni?
Il fatto è che questo scandalo è davvero un abisso senza fine per le casse già esangui del Campidoglio, e non è solo un modo di dire. Lo affermano i conti. Nel 2013 il Comune ha ricavato 27,1 milioni di euro dai 42.455 immobili di proprietà: una media, ha certificato il Corriere della Sera, di 52 euro al mese.
Ora, per la sola gestione degli immobili Roma è costretta a spendere il triplo, mentre per pagarsi i suoi affitti versa ai proprietari addirittura sette volte di più di quanto incassa. Lo stesso sindaco Ignazio Marino nel 2014 aveva promesso di mettere in campo tutte le «attività necessarie per adeguare i canoni».
Chissà di che roba si tratta, di quale gravoso e difficilissimo impegno stiamo parlando, visto che da allora a oggi non è ovviamente successo niente. Si può consolare, Marino: prima di lui è stato persino peggio.
E’ dal 1977 che si susseguono denunce e accuse. Se n’è interessata anche la magistratura, per scoprire che le case comunali erano state offerte nei tempi d’oro a galoppini Dc che non ne avevano alcun diritto.
Nel 1988, il comune di Roma dichiarò di vantare crediti da inquilini morosi di 80 miliardi delle vecchie lire, benché il canone fosse compreso al valore della moneta in corso oggi tra i 26 e i 52 euro. Nel 1995 scoppiò Affittopoli. Tante belle parole sui giornali.
Oggi, tra i beneficiati dalle case del Comune c’era pure la Cooperativa 29 giugno, quella di Salvatore Buzzi, il braccio destro di Massimo Carminati, estremista nero, boss di Mafia Capitale.
Nel 2012 l’Agenzia delle Entrate ha comunicato di aver aggiornato tutte le rendite catastali. E quindi? Niente.
Come vedete, le cose cambiano per non cambiare, e tocca sempre agli amici degli amici. Nessun risultato da allora, nonostante la magistratura e il chiasso dei giornali. Speranze? Ancora meno. Per fortuna che ci sono i volontari che si danno da fare.
Rigorosamente gratis. Of course.