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Quando c’era Marnie, l’ultimo film dello studio Ghibli?

Quando c’era Marnie, arriva nelle sale italiane per una proiezione evento l’ultimo film animato dello Studio Ghibli.
quando c'era marnieLa notizia ha gettato il pubblico nello sconforto. Lo Studio Ghibli, la casa di produzione giapponese che sotto la guida del maestro e cineasta Hayao Miyazaki ha contribuito a plasmare un universo cinematografico dai connotati ormai riconoscibili – Il mio vicino Totoro, Princess Mononoke, Ponyo sulla scogliera – chiude per una lunga pausa.
Solo qualche tempo prima Miyazaki aveva annunciato il suo ritiro dalla produzione cinematografica per dedicarsi ad altre forme creative, probabilmente la realizzazione di un manga. In seguito, giocoforza la scelta di un tratto differente, più stilizzato ed essenziale, l’ultimo film dello Studio GhibliLa storia della principessa splendente, un’opera di grande bellezza e creatività – aveva ottenuto risultati disarmanti al botteghino. Due avvenimenti che hanno portato alla scelta di sospendere le attività dello Studio Ghibli.

A chiudere, almeno per ora, le proposte della casa di produzione giapponese, il 24 agosto arriva nelle sale italiane Quando c’era Marnie del cineasta Hiromasa Yonebayashi (Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento). Presentato come evento speciale nelle sole giornate del 24, 25 e 26 agosto.

quando c'era marnieIl film è la rielaborazione sottoforma di anime del romanzo per ragazzi con lo stesso titolo della scrittrice Joan Gale Robinson. Miyazaki aveva inserito il romanzo della scrittrice britannica nelle 50 opere narrative che più hanno influenzato la sua produzione, ma è Hiromasa Yonebayashi a riadattarne lo spirito estremamente intimo e malinconico in chiave contemporanea, spostando l’ambientazione dall’Inghilterra al Giappone.

Quando c’era Marnie rinuncia alle soluzioni fantasmagoriche e stupefacenti della produzione canonica dello Studio Ghibli, la presenza di personaggi buffi e bizzarri, sia al centro sia alla periferia dell’inquadratura è qui di molto ridotta per dare spazio a una rappresentazione diretta e profonda della condizione emotiva e psicologica della protagonista: l’introversa dodicenne Anna Sasaki.quando c'era marnieGià la scena di apertura colpisce per la capacità di introdurre il dolore e la rabbia di Anna. Siamo a Sapporo, nel parco di una scuola. È l’ora di ricreazione e i bambini di tutte le classi giocano o semplicemente chiacchierano su una panchina. In disparte, Anna lavora a un disegno mentre dentro di sé fermenta il dolore per l’incapacità di essere come gli altri bambini. Quando un insegnante prima l’avvicina e poi prontamente la ignora, Anna esplode in una rabbia soffocante, mozzafiato. Le lacrime sgorgano, mentre la matita si spezza nel pugno chiuso.

In Quando c’era Marnie la diversità, i desideri, il confronto fra i traumi vissuti in città e la loro cicatrizzazione grazie alla vita in campagna, le paure e la weltanschauung – sempre declinata nei lungometraggi dello Studio Ghibli – trovano una chiave espressiva semplice e di grande impatto.

La campagna giapponese dove Anna si trasferisce è caratterizzata dalla villa dei Marsh, un’abitazione coloniale abbandonata e circondata da una lingua d’acqua che cresce e decresce seguendo il moto delle maree. Qui Anna incontra quella che ha tutto l’aspetto di una proiezione emotiva, l’angelica coetanea Marnie, trascurata dai genitori e in balia di una nonna virago e di due sadiche cameriere gemelle. Tra le due bambine nascerà un rapporto di profonda e salvifica amicizia che crescerà fra eleganti party (organizzati dalla madre di Marnie, una femme fatale che perpetua la tradizione delle streghe nei film dello Studio Ghibli), gite in barca nel cuore della notte e passeggiate nel bosco.quando c'era marnie

Sebbene la natura onirica degli incontri di Anna e Marnie non vi è alcun elemento visivo immaginifico (persino quando Marnie salta da una scogliera a strapiombo per ritrovarsi, sorridente, dabbasso), piuttosto veniamo catturati nella rete del racconto (che si rivelerà circolare) attraverso inquadrature semplici e simmetriche, dialoghi assai dolorosi, persino silenzi condivisi.

Quando alla fine dell’estate, tutti i fili narrativi saranno al loro posto e ben visibili nella trama non rimarrà che asciugarci quella lacrima giù per il viso mentre Priscilla Ahn canta la meravigliosa Fine on the outside sui titoli di coda.

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