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Serial e Portable Classic. Salvatore Settis ci racconta le sue mostre gemelle

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

Doppio Classic per Fondazione Prada: Serial e Portable. “Seriale” a Milano nell’ex-distilleria con torre aurea fino al 24 agosto, “Portatile” alla “classica” Ca’ Corner sul Canal Grande, fino al 13 settembre. Curatela d’autore più che risaputa per entrambe: Salvatore Settis. Allestimento d’autore in plexiglass e travertino: Rem Koolhaas e il suo studio OMA. Due mostre gemelle, un solo discorso: sugli usi e riusi dell’arte classica, ma anche sulla sua natura, le sue funzioni il suo destino. Con queste parole si apre “Sommamente orginale” di Settis, saggio che apre il bel catalogo cartonato di Serial/Portable Classic, internazionalmente in lingua inglese. Una riflessione sul “classico”, sulla scultura classica in particolare. Sulla riproduzione in piccola scala della statuaria greco-romana dal Rinascimento al Neoclassicismo per rendere la scultura più “Portable” appunto, a Venezia. Sul rapporto ambivalente tra originalità e imitazione nella cultura romana e il suo insistere sulla diffusione di multipli come omaggi all’arte greca. In “Serial”, appunto. A Milano.

In serie o da tasca, il primo obbiettivo era quello di fornire una coerente e corretta percezione delle statuaria classica, sfatando miti e utopiche rappresentazioni createsi sull’idea ideale di “classico”, raccogliendo e presentando l’eredità e l’aura scolpita di Doriforo, Discobolo & co. nella giusta e adeguata dimensione. Senza vagheggiamenti mitologici che associano l’idea di classico a quella di unicità e a considerare i marmi antichi come bianchi e i bronzi con patina verde scuro. Idealità e “purezze” da dimenticare: colori sgargianti, luminosi coloranti, uso (e abuso) di vari materiali: Doriforo con capelli biondissimi, Bronzi di Riace con labbra di rame, denti d’argento, occhi compositi con varie pietre e pasta vitrea. Polimaterici e policromatici e addio candide chiappe e torsi scolpiti di purezza marmorea.

Incontriamo il professor Settis a Venezia.

L.Z. Primo Piano nobile di Ca’ Corner. Davanti a noi: l’Ercole Farnese in scala, da gigante di 3 metri a piccino di qualche centimetro.

S.S. Questa è la sala iniziale di “Portable Classic”: un calco gigantesco di Ercole Farnese 1:1 in prestito dalla Metropolitana di Napoli e una sequenza di otto repliche dal Cinquecento al Settecento fino ad arrivare alla porcellana di 15 centimetri della Manifattura Ginori. Da 3,17 metri a pochi centimetri. Fin da questo salone abbiamo voluto mostrare come l’ossessione per la scultura classica che ci ha accompagnato dal Rinascimento ai giorni nostri si sia tradotta in vari modi, anche in una riduzione di scala di statue molto famose che possono essere alte 3 metri come l’Ercole Farnese o solo 2 metri, per modo di dire, come l’Apollo del Belvedere.

Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife

Motivo del rimpicciolimento?

Per potersene appropriare in modo più intimo, più domestico e anche più totale. E’ venuto di moda a partire dal Quattrocento.

Che implicazioni ha l’appropriazione totale dell’oggetto?

Ha delle implicazioni percettive ed emotive molto importanti. Se uno ha un piccolo Apollo del Belvedere può prenderlo in mano, cosa che non può assolutamente fare con un statua più grande. Vuol dire che la può toccare, accarezzare, spostare. Può metterla dove vuole.

Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife

La percezione cambia completamente.

Certo, la misura fa in modo che il fruitore la possa portare nel proprio studio, nella camera da letto. Può cambiarla di posto in casa, farla vedere agli amici, può toccarne la superficie.

E agli stessi “antichi” non piaceva “possedere” in maniera più intima le loro statue?

Sì e abbiamo fatto vedere in una stanza come anche proprio agli antichi piaceva avere queste riduzioni in piccolo: un Ercole Farnese in bronzo del Louvre alto 35 centimetri del I secolo d.C, così come una piccola Venere al bagno di cristallo di rocca alta meno di 9 centimetri dal Getty Museum di Malibu. Un materiale molto prezioso che già gli antichi amavano.

Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife

Come prosegue il percorso?

Dal salone si sviluppa tutto un percorso di piccole statue, in cui abbiamo cercato di dimostrare come nel Rinascimento venissero trattate e replicate: rese portatili. I capolavori antichi del canone che si andava formando riflettevano l’immagine di Roma esaltandone e moltiplicandone la presenza. C’è una stanza dove ci sono 5 ritratti di collezionisti che mostrano al visitatore di casa loro quali siano i loro oggetti più preziosi.

Come ad esempio il ritratto di Paolo Corner del Tintoretto e quello di Andrea Odoni di Lotto.

Quello di Lorenzo Lotto, che appartiene alle collezioni reali inglesi, raffigura un mercante milanese (Andrea Odoni) che viveva a Venezia nell’atto di mostrare le sue antichità. Di queste antichità ne abbiamo ritrovate due e le abbiamo messe in mostra. Questo è il gioco che abbiamo fatto cercando di comunicare che il tipo di rapporto con l’antichità della cultura rinascimentale è un rapporto intimo. Infatti, i ritratti dei collezionisti tengono in mano queste antichità e le maneggiano, le posseggono con l’idea di avere in piccolo dei capolavori dell’antico.

Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Lorenzo Lotto. Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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Bernardino Licinio. Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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Salvatore Settis. Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife

E qua voliamo alla “serialità” della mostra di Milano.

“Serial Classic” è basata sul fatto che anche l’antichità classica ha una sua serialità.

Non c’è bisogno di aspettare il Novecento per essere “seriali”.

Non è vero che la serialità è un attributo soltanto del Novecento. Non è vero che dobbiamo aspettare Andy Warhol o Rodin per avere tante cose uguali fatte in serie, per avere dei multipli. Anche gli antichi avevano i loro multipli e questo lo abbiamo mostrato con una serie di esempi, partendo dal rapporto fra originale greco antico e la copia, mostrando che di Discoboli ce ne sono venti o trenta ma Il Discobolo originale è perduto. Nella mostra di Milano abbiamo evidenziato questo creando un piedistallo vuoto dove starebbe l’originale che non c’è, sul quale poi abbiamo posto riassumendole le fonti letterarie antiche che narrano dell’opera.

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

La mostra di Milano si apre con un’assenza: i frammenti di statue bronzee dagli scavi di Olimpia.

Abbiamo proprio evidenziato la perdita dell’originale mediante una vetrina con i frammenti delle statue di bronzo da Olimpia, sulla quale abbiamo messo una breve descrizione che dice: “A Olimpia c’erano 3000 statue di bronzo. Ecco cos’è rimasto”. Dei pezzettini: di dita, di piede, di faccia, di mano, di genitali, di ciglia. Una macelleria della scultura classica. I frammenti rappresentano quindi icasticamente un vuoto, una perdita, un lutto.

Come si sviluppa l’esposizione?

Da questo primo discorso sulla serialità delle copie, si sviluppa un discorso più complesso su come facevano queste copie. Erano il risultato della tensione tra il modello originale e le copie – perché in queste copie l’originale doveva essere sempre riconoscibile – e della tensione verso la ripetizione tipologica, l’importanza della differenza di utilizzo dei vari materiali (bronzo, marmo, terracotta).

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

Sul Podium in mostra svettano le “analisi” e le comparazioni del Discobolo e del Doriforo.

Abbiamo mostrato che proprio del Doriforo di Policleto – di cui in mostra c’è la più importante copia in marmo dal Museo Archeologico di Napoli – ci siano varie copie, come quella in bronzo, sempre proveniente da Napoli, e quella in scisto verde (divisa in due pezzi, la testa dell’Ermitage, il torso degli Uffizi). In più abbiamo messo un rifacimento del 1910 di uno scultore tedesco (Georg Romer) che cerca di immaginare l’originale antico, dal museo di Stettin. Quindi: la serialità del passato e il tentativo dei moderni di ripensare l’antico.

E c’è il dialogo, in entrambe le mostre, tra un architetto contemporaneo (Koolhaas) e le opere classiche.

Lo scopo di queste due mostre, infatti, è anche quello di vedere come il contemporaneo può essere innescato dall’antico e che cosa all’antico può dare un allestimento di un grande architetto come Koolhaas.

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Ricostruzione sperimentale del Bronzo di Riace A. Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Ricostruzione dell’originale greco in bronzo dell’Apollo di Kassel. Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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Ricostruzione del Doriforo. Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Ricostruzione di un copia romana dell’Apollo di Kassel in marmo dipinto. Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

Per concludere, riportiamo le ultime righe del saggio di Salvatore Settis tratte dal catalogo della (doppia) mostra:

“All’insegna del classico, ognuna di queste narrazioni ha una sua diversa e convergente coralità: quella di artisti, committenti e opere nello spazio della polis greca; e poi quella di chi (in Grecia e a Roma) elaborò la coscienza dell’esemplarità dell’arte greca, provocandone la narrazione testuale e la ripetizione e la copia nel mondo romano; e poi l’abbandono delle sculture nelle sterminate rovine di quell’impero; e secoli dopo, la nascita del collezionismo, lo studio degli artisti, i musei, la canonizzazione del “classico”, l’archeologia come disciplina, lo scavo e la ricostruzione, gli studi e le mostre (anche “Serial Classic” e “Portable Classic”).

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

In questa mise en abîme che si snoda lungo venticinque secoli di storia, tutto (dall’emozione estetica alla disciplina archeologica) appare governato dalla funzione narrativa. Se parliamo di “Ri-nascimento dell’antichità” non usiamo una formula vana, ma una potente metafora; stiamo dicendo che l’Antichità (come qualsiasi cultura) può morire, ma può anche rinascere dalle sue stesse ceneri. Se ci affacciamo sull’arte classica con strumentazione archeologica, stiamo dicendo che la narrazione dell’archeologia e dei suoi metodi e la narrazione della civiltà greca si innervano e si legittimano a vicenda. Le procedure (i gesti) della ricostruzione archeologica hanno un implicito carattere performativo, del quale – come per le foto di Sherrie Levine nella serie After Walker Evans – si può dire che “è solo in assenza dell’originale che la rappresentazione può avere luogo”.”

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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PORTABLE CLASSIC / FONDAZIONE PRADA / VENEZIA

Portable Classic / Fondazione Prada Venezia. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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SERIAL CLASSIC / FONDAZIONE PRADA / MILANO

Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife
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Didascalie. Serial Classic / Fondazione Prada Milano. Foto Luca Zuccala ArtsLife

INFORMAZIONI UTILI

Serial Classic

Fondazione Prada / MILANO

BIGLIETTI
Intero – 10 €

Ridotto – 8 €
(studenti fino ai 26 anni, possessori tessere FAI, accompagnatori, visitatori con disabilità, gruppi dalle 15-25 persone)

Gratuito
(visitatori sotto i 18 e sopra i 65 anni, visitatori con disabilità, giornalisti accreditati o in possesso di tessera stampa in corso di validità)

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DOVE SIAMO
Largo Isarco 2
20139 Milano

Metro
M3 fermata Lodi T.I.B.B

Mezzi di superficie
Tram 24 – fermata via Ripamonti /via Lorenzini
Bus linea 79 – fermata Largo Isarco/ via Brembo

ORARIO
Tutti i giorni, dalle 10 alle 21
La biglietteria chiude alle 20

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Portable Classic

Fondazione Prada / VENEZIA

Ca’ Corner della Regina

BIGLIETTI
Intero – 10 €

Ridotto – 8 €
(studenti fino ai 26 anni, possessori tessere FAI, accompagnatori visitatori diversamente abili, gruppi dalle 15-20 persone)

Gratuito
(visitatori sotto i 18 e sopra i 65 anni, visitatori diversamente abili, giornalisti accreditati o in possesso di tessera stampa in corso di validità)

ORARIO
Tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 10 alle 18.

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