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Dalle migrazioni all’Isis. Riflessioni sul futuro del pianeta e dell’arte

Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967

Che sta succedendo nel Mediterraneo? A prima vista una semplice questione di flussi migratori. Socialmente rilevante ma estranea al rarefatto universo della cultura e dell’arte. Non è così. Le implicazioni tra questo fenomeno e il mondo culturale e artistico sono molte e fondamentali. All’orizzonte emerge l’ombra gigantesca di un pianeta diviso in due.

Massimo Sestini
Massimo Sestini (World Press Photo)


Le linee di confine
La tragica linea di confine del mare siciliano è la versione europea di quel che da anni avviene negli Stati Uniti sul confine messicano. A Singapore contro gli immigrati indiani e del Bangladesh. O in Sudafrica, a Durban e Johannesburg, dove migliaia di immigrati sono stati presi d’assalto perché ritenuti responsabili dell’alto tasso di disoccupazione nel Paese. La linea di demarcazione è quella del “benessere”. Da una parte i Paesi (o i governi) ricchi. Dall’altra una folla sterminata di persone che vivono in guerre spaventose e in condizioni di minima sopravvivenza. Se dunque provate, con un balzo dell’immaginazione, a considerare quel che potrà accadere in futuro… verrete colti da brividi. Un piccolo fortino pieno di pepite d’oro ma assediato da folle inferocite.

Una delle barriere per impedire l’immigrazione clandestina


La finta ricchezza
Un grande banchiere italiano, che per motivi di sicurezza era costretto a vivere assediato in un palazzo milanese, una volta riferì che era molto addolorato perché sua figlia doveva andare tutte le mattine a scuola con la scorta. E la figlia ci confidò che il suo più grande sogno era quello di fare una passeggiata da sola per il centro. Se la ricchezza costringe alla paura e alla perdita della propria libertà significa che arricchisce poco. Che diavolo di ricchezza è qualcosa che toglie invece che aggiungere? O meglio che aggiunge timore e cancella gioie?

Sao Paolo
Saõ Paulo


La guerra dietro l’angolo
Ma c’è un’altra questione, più inquietante, che prende forma nel caleidoscopio del futuro. Un mondo in balia della miseria, con popolazioni allo sbando, è il terreno più fertile per far crescere rigoglioso il fondamentalismo. Una dottrina e una pratica come quelle propugnate dall’Isis calzano a pennello. Ed è evidente il perché: sul campo di una religione diffusa, uniscono il concetto di dittatura (necessaria a masse divise in bande) allo spirito di rivalsa. In una parola l’Isis è perfettamente in grado di canalizzare l’odio contro il ricco e corrotto Occidente.

Un miliziano sventola la bandiera dell'Isis a Raqqa, roccaforte dello Stato Islamico in Siria. Credit: Reuters
Un miliziano sventola la bandiera dell’Isis a Raqqa, roccaforte dello Stato Islamico in Siria. Credit: Reuters


La follia dell’opportunismo
Questa visione oggettiva dà piena spiegazione alle dichiarazioni di esponenti della Chiesa cattolica riguardo alcuni politici italiani. Chi, di fronte a un futuro che si annuncia catastrofico da qua a vent’anni per i nostri figli e nipoti, insegue il proprio tornaconto elettorale a breve è (a dir poco) “un piazzista da quattro soldi”. Se poi seriamente crede di poter vincere questa imminente guerra, con un esercito minuscolo e ricco contro popolazioni sterminate in continua crescita, affamate e culturalmente alla mercede del terrorismo, allora oltre che illusionista è pure illuso.

L'onda delle proteste contro l'immigrazione cavalcata dai politici per scopi elettorali
L’onda delle proteste contro l’immigrazione cavalcata dai politici per scopi elettorali


La forza dell’etica
L’unica via per fermare questo incendiario e annunciato dramma passa per un insieme di atteggiamenti e di azioni. L’accoglienza dovrà essere esercitata in modo generoso e sistematico, ma vigile. Purtroppo anche la risposta armata sarà necessaria per bloccare l’espansione dello stato del terrore. Ma più di tutto servirà una potentissima guerra di civiltà e cultura. La società occidentale del futuro dovrà considerare la prospettiva di abituarsi a una suddivisione più equa delle ricchezze su tutto il pianeta. Il futuro del nuovo Occidente/Oriente dovrà essere quello di una società di libero pensiero e concorrenza, fondata sulle diversità anche intellettuali e imprenditoriali. Chi è più bravo guadagnerà di più. Ma non illimitatamente. Oltre una soglia massima, la ricchezza dei singoli dovrà trovare una strada per la sua ridistribuzione. Pensate ai premi di produzione o a quant’altro. Non so. Ma qualcosa dovrà pur opporre l’avidità sfrenata dei singoli al bene complessivo della specie!

Gustave Doré
Gustave Doré. Dante incontra gli avidi


Alla ricerca di valori perduti
L’altra guerra da compiere, quella culturale, sarà la più importante. Non si tratterà solo di diffondere i principi dell’illuminismo, della ragione, della scienza e della storia ai popoli rimasti (per fame e miseria) in una condizione di vita medievale. Il punto centrale è che per fare ciò l’attuale Occidente ha l’impellente necessità di svincolarsi dalle catene di una “ragione calcolante” che ha fatto del profitto il perno -senza più anima e senso- della vita di tutti. Qual è la ragione o il senso di guadagnare e conservare milioni e milioni se poi fuori sparano? A che serve la ricchezza se è inutilizzabile? Soltanto l’identificazione e la rinascita di nuovi valori permetterà di acquisire (e poi diffondere) una visione e un modo di vivere nuovi. Capaci di ribaltare l’interesse del singolo in quello della specie. Proprio su questo terreno, l’arte ha enormi potenzialità. Ma altrettanto grandi responsabilità.

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Un’opera di Banksy


La morte dell’arte come linguaggio filosofico
E’ finito il tempo dei proclami. Il concettualismo, l’arte povera, la trasformazione dell’arte in sociologia e filosofia sono linguaggi del passato. Quarant’anni fa è stato aperto un varco. La discussione e la spettacolarizzazione sul senso dell’arte ha preannunciato la rottura e la scomparsa di tutti i sensi, diversi da quello della speculazione finanziaria. Un grande ponte ha seminato dubbi nell’universo estetico. Trasformandolo provocatoriamente in quello morale, sociale, politico, di consumo. La battaglia è stata compiuta. Oggi non ha più armi e nemmeno un campo dove potersi svolgere. Ora è venuto il tempo di “giocare pulito”, innamorarsi, rinascere. Costruire semplicemente linguaggi estetico-formali. Saranno, come sempre, connessi in qualche modo a quelli passati. Ma verranno espletati ora. Qui. E avranno a che fare solo con l’arte. Non più con le discussioni sull’arte.

Michelangelo Pistoletto
Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967


La spettacolarizzazione decaduta
Per queste ragioni le recenti edizioni della Biennali veneziane (e forse più di tutte questa di Okwui Enwezor) assomigliano al fasto delle corti aristocratiche settecentesche nel loro massimo fulgore. Pochi decenni prima che andassero in rovina. Il linguaggio artistico del falso concettualismo (ora gigantista) è entrato a piedi uniti nell’epoca finale. Quella del suo Manierismo. Anziché i colori cangianti del Pontormo o del Rosso Fiorentino, enormi installazioni -asettiche, oscurate, trasversali o scoppiettanti- recitano linguaggi morti e sepolti. La trasformazione di un’Esposizione sull’arte in un abbagliante convegno sull’approccio marxiano alla vita assomiglia alle feste della marchesa Mathilde De la Mole che affascinavano così tanto l’ambizioso e ruspante Julien Sorel ne “Il rosso e il nero” di Stendhal.

Kutluğ Ataman
The Arsenale – Kutluğ Ataman, The portrait of Sakip Sabanci, 2014. Photo © Inexhibit, 2015


Nuovi approcci estetici
La tragedia della migrazione di popoli è solo uno degli effetti della radicale trasformazione di tutto il pianeta in due parti contrapposte. L’oscurantismo fondamentalista contro una civiltà razionalista ma in decadenza. Per vincere questa battaglia il mondo dell’arte sarà un elemento fondamentale  come sorgente di valori nuovi. Ma dovrà prima essere capace di uscire dalle logiche attuali che lo strangolano. Quelle della sua spettacolarizzazione e dell’essere prono ai gerarchi del mercato. Recuperare freschezza, umiltà e poesia nella ricerca estetica è il compito anzi il dovere che ci appartiene.

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  • Perfettamente d’accordo sulla fine della Biennale…ma va anche detto che in certi casi la migrazione é invasione voluta, bisogna capire chi c’é dietro a questi migranti che vengono usati come la carne da cannone della prima guerra mondiale…in quanto alla risposta dell’arte, la mia The Opera indica il percorso per il Governo del Mondo…http://armellin.blogspot.com

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