Classe 1949, Pedro Almodóvar Caballero, vive l’infanzia circondato da (troppe?) donne in Estremadura e viene educato in un collegio di Francescani e Salesiani (a cui non risparmierà critiche davanti alle telecamere).
Trasferitosi a Madrid alla fine degli anni ’60, si avvicina al cinema e al tetro d’avanguardia. Ma le luci della ribalta sono ancora solo un sogno del cassetto per il giovane talento di Pedro che è soffocato, per dodici lunghi anni, dal lavoro impiegatizio nella società Telefónica.
Dopo un esordio in punta di piedi con “Pepi, luci, boom e le altre ragazze del mucchio” del 1980, l’odiato incarico si trasforma nel motivo del suo primo vero successo. Nel 1988 Almodóvar presenta “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, un film ispirato a “La voce umana” di Jean Cocteaue, che critica ferocemente telefoni e segreterie telefoniche responsabili, secondo lui, delle malefatte dei bugiardi.
Grazie alla nevrotica commedia, Pedro si aggiudica un biglietto di andata per la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e da quel momento in poi diviene uno degli abitueè della Laguna, posando la cornetta per sempre. Da sempre dichiaratosi ateo e omosessuale Pedro Almodóvar affronta temi complessi come i rapporti conflittuali fra donne, l’ambiguità sessuale e la critica alla religione aggiudicandosi il primo Oscar solo nel 2000 con il controverso “Tutto su mia madre”.
Il film narra la tragica storia di una madre che, sconvolta dalla perdita del figlio, ritrova l’ex-compagno, ora transgender, capace con la sua vitalità di schiacciare il peso della morte. Nel 2003 il regista spagnolo, sull’onda continua successo, ottiene un altro Oscar, questa volta per la migliore sceneggiatura con “Parla con lei”. Ma anziché festeggiare coglie l’occasione per protestare contro l’Academia de las Artes y las Ciencias Cinematográficas, che non aveva appoggiato la nomination del film all’Oscar.
Da quel momento in poi Almodóvar si aggiudica la nomea di regista che divide: “o lo si ama o lo si odia” e nel 2004 “La mala educación” conferma questa tendenza. Eccessivo e insincero per i critici, amatissimo dal pubblico, il film narra le vicende di compagni di collegio che dopo anni si rincontrano e rivivono i primi turbamenti adolescenziali legati alla scoperta della loro omosessualità.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche “Volver” (2006) e “Gli abbracci Spezzati” (2009) che ufficializzano il sodalizio con l’attrice Penelope Cruz. Nel 2011 un film monopolizza le discussioni al Film Festival di Cannes, stiamo parlando della “La pelle che abito”.
Il regista sembra aver cambiato rotta. Pur senza rinunciare alla rappresentazione delle realtà marginali della società e alle sue proverbiali provocazioni, Almodóvar comincia ha sviluppare una diversa sensibilità spostandosi su trame più sofisticate e colorate.
Sarà forse il caso di dire che anche il ragazzaccio del cine español abbia raggiunto la maturità?