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Amabili resti. Se l’arte contemporanea finisce nella spazzatura

museion
Goldschmied & Chiari. Dove andiamo a ballare questa sera? Foto Courtesy the artists

Il dubbio è che l’arte contemporanea non debba piacere proprio agli umili e alle donne delle pulizie. Non tanto perché è successo di nuovo che abbiano buttato nella spazzatura le installazioni delle artiste Goldschmied & Chiari bell’e pronte per la mostra dal titolo «Dove andiamo a ballare questa sera?», allestita in questi giorni al Museion di Bolzano. Ma perché i meccanismi sono sempre gli stessi.

Anna Macchi, da Bari, due figlie, 47 anni portati dignitosamente e gli ultimi 13 di stimato lavoro a far luccicare pavimenti, uffici e corridoi del Petruzzelli e musei vari di Bari, quando ha fatto scoppiare un putiferio per aver chiamato il camioncino dell’azienda dei rifiuti che l’aiutasse «a buttar via ‘sta schifezza, mannaggia, che è troppo pesante», si è semplicemente giustificata dicendo che quelli non sembravano proprio delle opere d’arte: «Erano brutti, che potevo fare? Io devo fare le pulizie!». Nella discarica erano finiti sette dischetti con sughero dell’artista Nicola Gobbetto e fogli di carta con cornice di David Jablonowski. L’installazione di Paul Branca invece si era solo sfaldata: Anna Macchi ci aveva maldestramente appoggiato sopra un martello distruggendo uno dei biscotti che reggeva il lavoro.

bari discarica
Una veduta della mostra di Bari

Si potrebbe pensare che le pulizie siano incompatibili con l’arte contemporanea. Ma non è così. I due esempi più famosi citati dagli organizzatori della mostra di Bolzano come precedenti in qualche modo benauguranti, quelli di Marcel Duchamp e Joseph Beuys, testimoniano non soltanto una sorta di incomprensione fra l’opera e la parte, come dire?, più ignorante del pubblico.

Molti conoscono il caso della porta di Marcel Duchamp riverniciata per sbaglio dagli imbianchini a Venezia, un errore che costò fra l’altro una causa supermilionaria. Ma il lavoro più famoso di Duchamp, artista nato nella Belle Epoque francese ed emigrato in America dov’era diventato un importante attivista del movimento Dada, dichiaratamente anti-razionale e anti-artistico, e cioé la sua Fontana, fu probabilmente gettato nella spazzatura, almeno secondo Calvin Tomkins, dal fotografo amico Alfred Stieglitz. Perché lo fece? Non si sa. Rabbia, disperazione, o semplice errore. Di fatto, la Fontana non fu mai esposta al pubblico e andò successivamente perduta.

Duchamp_Fountaine

Consiste in un comune orinatoio ed è considerata una delle maggiori opere d’arte del Ventesimo Secolo. Il suo segreto? E’ quello che ci ha visto Duchamp che la rende così speciale, hanno sempre sostenuto fior fiori di critici. Cercheremo di farcene una ragione. Le donne delle pulizie del Museo di Leverkusen, invece, sono uscite distrutte dalla loro conoscenza dell’arte e di Joseph Beuys. E pensare che avevano preso pure i complimenti di tutti quei professoroni riuniti a convivio la sera della chiusura di una mostra. Mancavano delle sedie: «Riuscite mica a trovarcene, da qualche parte?», le chiesero. C’erano le tavole imbandite, bottiglie di birra e buoni piatti. Loro andarono in uno sgabuzzino, ma tra le sedie che cercavano scorgono una piccola vasca da bagno smaltata che andrebbe benissimo per tenere in fresco le birre. Solo che è tutta sporca, piena di grasso e garze, tutta incerottata come se avessero voluto coprire dei tagli. «Che schifo, è un sudiciume», dice una delle due. Ma sono donne delle pulizie: hanno il detersivo. «Gli diamo una bella pulita», fa l’altra.

vasca da bagno di Beuys

La mettono a nuovo, staccano i cerotti, la sgrassano per bene. Tornano in sala e ci ficcano le birre dentro, con il ghiaccio ricevendo gli improvvidi complimenti degli ignari professori. E alla fine della cena la riportano disciplinatamente nello sgabuzzino. Qualche giorno dopo il collezionista Lothar Schimmer va a riprendersi le opere d’arte del suo pittore preferito, Joseph Beuys, che aveva prestato a Leverkusen per una mostra. Solo che quando se le rimette a posto nella sua casa, non crede ai suoi occhi: la vasca, miodio!, la vasca è stata distrutta. Cioè, ripulita perfettamente, e quindi distrutta.

Perché quella vasca era un brano di memoria, così com’era.

Nella seconda guerra mondiale, Joseph era stato raccolto quasi moribondo in Crimea e curato dai tartari che l’avevano salvato dal congelamento coprendolo di grasso animale e avvolgendolo poi in spesse coperte, con le garze e i cerotti che medicavano le sue ferite. Lì dentro, nella vasca di Beuys, c’era tutto il materiale che ricordava quell’esperienza.

Ma come si fa a capirlo? Quando a Bari si sono accorti che dalla Sala Murat di piazza del Ferrarese erano sparite delle opere d’arte, gli organizzatori hanno chiamato Anna Macchi, la donna delle pulizie: «Ma tu le hai viste?». «No, dottore», ha risposto lei. «Guardi, le uniche cose in disordine erano delle bottiglie per terra e dei cartoni da imballaggio. Figurarsi se buttavo via dei quadri!». Invece l’ha fatto. E il giorno dopo l’hanno mandata in pasto ai giornali.

«Ma io che ne potevo sapere? Non mi sono accorta di nulla». Ha raccontato che c’erano delle bottiglie di birra per terra nella sala grande, con dei cartoni accanto. Erano così persanti che ha dovuto chiamare gli spazzini per farsi aiutare. «Poi sono tornata. Ho lavato per terra, ho pulito i cessi e gli uffici». E i cartoni? «Erano brutti. Che dovevo fare?».

I giornalisti, poi, si sa, sono abbastanza feroci quando ci si mettono, assetati di figuracce, da far fare agli altri, ovviamente. Le hanno chiesto: è pentita, signora? «E perché? Sono triste, questo sì. Sono dispiaciuta, come dice lei. Ma pentita proprio no. E di che? Sono loro che dovevano capire. Io sono una donna delle pulizie, trovo casino e faccio il mio lavoro e basta». E cosa dovevano fare loro? «Metterli da parte. Non con le birre sul pavimento. Mi sono spiegata? Se ci tengono, se sono importanti, non le lasciano per terra con le lattine»

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  • Spero e mi auguro che il dirigente del Museion di Bolzano assegni alla signora Anna Macchi un premio di produttività da riconoscersi anche per future ed adeguate prossime pulizie. Ritengo che la signora sia la vera e non sovrastrutturata critica d’arte !

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