Madonna dell’Incoronata: il Consiglio di Stato annulla la dichiarazione di interesse culturale della statua lignea del XIX
La vicenda giudiziaria nasce a seguito della emanazione, nell’agosto del 2006, della dichiarazione, di interesse culturale della statua lignea del XIX secolo, da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia.
La statua, di proprietà dell’ente ecclesiastico Parrocchia dei SS. Martino e Lucia, Chiesa Madre in Apricena, in provincia di Foggia, raffigurante la Madonna dell’Incoronata, dell’omonimo Santuario, era stata oggetto di un intervento di restauro, terminato nel febbraio del 2003.
Durante le operazioni di restauro, i tecnici incaricati riscontrarono diverse difficoltà per restituire alla scultura lignea l’originaria policromia. Gli incaricati, quindi, di comune accordo con la Sovrintendenza competente scelsero di dipingere l’opera rifacendosi comunque ai canoni ottocenteschi, ma ciononostante furono modificati i lineamenti del volto della statua.
Lo sfavore dei fedeli si manifestò ben presto. I fedeli, non riconoscendo le fattezze originarie della statua, costituirono il “Comitato Spontaneo pro Maria S.S. Incoronata” con lo specifico scopo statutario di mettere in atto ogni iniziativa utile per «modificare l’immagine attuale del simulacro ed averlo quanto più aderente possibile alla storia ed alla tradizione».
Il Tribunale amministrativo della Puglia, chiamato ad esprimersi sulla correttezza e legittimità della dichiarazione di interesse culturale della statua lignea, con sentenza n. 1621 del 2008, respinse il ricorso e le richieste del comitato dei fedeli, che successivamente si è rivolto al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, interpellato nel 2009, ha deciso il caso, a marzo del 2015, dichiarando la illegittimità della dichiarazione di interesse culturale, accogliendo le richieste del comitato dei fedeli, che non accettava le nuove fattezze del volto della statua della Madonna dell’Incoronata, a fronte delle difese avanzate dal Ministero per i beni e le attività culturali, dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, e dalla Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le Province di Bari e Foggia.
I giudici di Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, hanno ritenuto che l’intervento di restauro non si sia rivelato rispettoso del carattere storico-artistico del bene da preservare e che l’intervento abbia avuto un esito «reinterpretativo e ricostruttivo».
I giudici, in particolare, citano un passaggio della consulenza tecnica d’ufficio che è quanto mai esplicativo: «La storicità del volto, gli eventi che lo hanno segnato, sono stratificazioni semantiche di un linguaggio la cui interpretazione semiotica appartiene alla storia etnologica della popolazione […]. Cancellare i cambiamenti del volto significa cancellare il testo di questa storia popolare. […] A questo proposito è doveroso il riferimento al noto assioma di Ce.Br. [Casare Brandi, ndr.]: “si restaura solo la materia dell’opera d’arte” che stabilisce il principio fondamentale che il restauro non può interferire minimamente sui significati dell’opera».
La percettibile trasformazione intervenuta con il restauro è, per i giudici, la manifesta evidenza che il restauro non ha avuto il carattere conservativo, ma che sia andato «nell’innovativa direzione dell’integrazione stilistica».
Questo è il punto focale: «questa innovazione, in considerazione della descritta perdita del valore iconografico rappresentativo delle ragioni devozionali che ha generato, viene a togliere alla cosa un elemento essenziale dell’oggetto della tutela giuridica di bene culturale, vale a dire un tratto qualificante del carattere storico della cosa d’arte e della testimonianza materiale di civiltà».
Cosicché, affermano i giudici, «oggetto attuale di dichiarazione è la statua quale ora innovata si presenta; non già la statua quale si presentava, come lascito storico e congrua rappresentazione devozionale popolare, prima della modifica» intervenuta con il restauro.
La Corte pertanto si trova a dover concludere che «l’interesse “artistico, storico” […] della pittura della statua era in gran parte venuto meno con quel particolare intervento» e che ciò che si sarebbe vincolato sarebbe stato «il recente risultato di quel contestato […] intervento», atto illegittimo visto che «non sono soggette alla disciplina dei beni culturali le cose “che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni».
In conclusione, il presunto valore storico-artistico della scultura lignea è stato di fatto negato dall’intervento di restauro che ha mutato le fattezze del volto della statua. Da ciò ne è conseguito l’annullamento del decreto che dichiarava l’interesse culturale della statua lignea.
riferimento:
Consiglio di Stato, Sezione 6 – Sentenza 11 marzo 2015, n. 1257
Ma il punto di focale della questione è che è stato il precedente intervento al restauro del sig. Mussner che ha di fatto cambiato il volto della statua raffigurante la Madonna dell’Incoronata come si può facilmente evincere dalle antiche fotografie ancora conservate dalla gente di Apricena ed il restauro non ha fatto altro che riportare il viso alee originali sembianze restituendo al simulacro il suo reale valore storico-artistico culturale ed antropologico! Evidentemente il consiglio di stato non si è sufficientemente documentato!