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Bellezza Divina. Il sentimento del sacro si sprigiona a Palazzo Strozzi

divina bellezza firenze palazzo strozzi

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Pennello alla mano, sguardo al cielo. “Bellezza Divina” trasposta su terra e tela. Sulle acque di terracotta camminate dal Cristo di Bistolfi. “Divina Bellezza” che assume il significato di una grazia che dà sostanza estetica alla forma in opere che sprigionano una spiritualità unica e diversa. Il sacro brilla dalle ceramiche riflessate di Lucio Fontana, con tanto di “taglio” in potenza, alla sincerità degli zoccoli infangati dei contadini oranti di Millet. Lo spirito della materia si ritaglia per le rinascenze di Palazzo Strozzi a Firenze in un percorso tematico-cronologico scandito in 7 macro aree, culminanti nella sommessa evocazione della preghiera dell’ultima sezione che congeda il “fedele” visitatore: l’intimità domestica della fanciulla di gesso di Vincenzo Vela (1846) e la lirica introspezione della giovane “klimtiana” di Casorati (1914) su cui cala il sipario, mentre vibrano i rintocchi delle campane dell’Angelus di Millet (1857-9) a fianco.

divina bellezza firenze palazzo strozzi

Si esemplificano così le diverse tendenze e i conflitti espressivi nel rapporto fra arte e sentimento del sacro. Cento anni per cento opere. Una riflessione sul palpito cromatico della “creazione” dalla metà dell’Ottocento a metà del Novecento. Quando Dio è quasi del tutto “morto” e Cristo scende dagli altari “relegando” l’arte sacra ad un “genere”. Agli artisti il compito di resistere alla “caduta di chiese e palazzi” e ravvivare la voce del sacro arrovellandosi tra credi di pennellate e fede di scalpelli.

L’ultimo scampolo istituzionale del “genere” giganteggia nel maxi formato della “definizione” accademica metà ottocentesca. La mostra – dopo un “sì foto” che lascia scorrazzare maldestramente orde di smartphone assatanati di “selfie col Signore” – presenta dalle prime battute l’arte ufficiale italiana allo specchio con la pittura d’oltralpe. Confronto impari che si conclude presto. Il nuovo “classico” evapora in fretta nei soffi dello spirito “purissimi” di Domenico Morelli, incarnazione d’ideale “poeticissimo dell’umanità”, per poi lasciarsi tragicamente angosciare alle grida e ai graffi incisi della Madonna di Munch incorniciata da una passerella arancio popolata da spermatozoi che si “compiono” nell’embrione. Forte il sapore psicoanalitico d’inizio secolo, quando il tormento assale e assilla l’anima moderna e il dialogo creativo tra arte e sacro svolta diametralmente e definitivamente.

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L’Ottocento nostrano, passate le onde bianco-nere a gesso e matita (1896) di Segantini, si propaga nel filamentoso colore di Previati ormai novecentesco. La musica del verde del maestro ferrarese. I toni del marrone lirici spiritualisti Nabis di Denis, accompagnati ai gialli in scala schiacciati sui tralci di vite sul muro e sulla tela, contraltare alle forme aerodinamiche futuriste di Fillia.

Forte e stucchevole presenzia il Ritorno all’Ordine classico-fascista passate le “fughe” mistiche del canto simbolico e simbolista di Redon. Simbolismi che “esaltano” pittoricamente il soggetto della Vergine per trasmettere il desiderio di ascesi. Ad essa è dedicata una sezione intera: Rosa Mystica. Coincidenza di umano e divino, espressa artisticamente con tenerezze allusive alla maternità, eleganze formali di matrice preraffaellita e visioni fluttuanti di luci e colori. Interpretazioni personali e profonde del sacro in un sogno di fremiti e luminosità ideali.

Un passo indietro. La diagonale di luce che bacia e abbatte il capo del San Paolo di Morelli (1876), perfettamente e simmetricamente girata investe il Cristo Bianco di Chagall (1938), ormai celebre più che per la sua “indifferenza” e “denuncia” (una scala appoggiata alla croce invita il Cristo “che pare addormentato” a scendere e intervenire in soccorso di chi sta perdendo tutto; fiamme e devastazione nazista avvolgono la tela eseguita successivamente la Notte dei Cristalli), per l’apprezzamento di Papa Francesco e il suo “carattere interreligioso”. Christus patiens con tanto di tallit al posto del tradizionale perizoma e un copricapo di tessuto al posto della corona di spine, sovrastato dal titulus crucis in ebraico inciso rosso sangue nel legno e quel Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum (I.N.R.I.) tracciato in lettere gotiche a richiamare visivamente i messaggi antisemiti. Un grido “blasfemo e umanissimo dell’artista“, che si riproduce alle crocifissioni accanto: dalla potenza lacerante della disgregazione formale di Vedova (1953) e Fontana (1951), alle accese crudezze di Guttuso (1940-1941) e le tensioni scarnificate di Ernst (1914). Poco oltre, la testa a lupo del Cristo di Picasso (1896-7) guarda in faccia la fatica e la verità delle mani contadine della Mater Dolorosa di Van Gogh (1889) simbolo di una Pietas universale. Sensibilità molteplici e diversissime che si conciliano nella sofferenza e nella carne. Nell’umanità.

La parola passa infine alla preghiera: il suono dell’Ave consacra la religiosità atavica della composizione di Millet, L’Angelus (1857-9): l’effetto trascolorante della luce avvolge l’umiltà dei due protagonisti assorti in silenziosa preghiera. L’artista “aveva raggiunto la convinzione che un mendicante, sotto un raggio di sole, può essere visto in condizioni di bellezza più vere di un re sul trono”. Tre rintocchi breve seguiti da uno più lungo della torre campanaria in fondo al quadro e poi fuori. Fine. Di un sacro esulato o meno dal divino se ne sente la distanza. E la mancanza.

divina bellezza firenze palazzo strozzi

divina bellezza firenze palazzo strozzi

divina bellezza firenze palazzo strozzi

Flagellazione di Cristo di Bouguerau, 1880. Foto: Sofia Bersanelli ©
Mater purissima di Domenico Morelli, 1879-83. Foto: Sofia Bersanelli ©
Caduta di San Paolo di Morelli, 1876. Foto: Sofia Bersanelli ©

laceranti nella loro potenza

divina bellezza firenze palazzo strozzi

laceranti nella loro potenza

laceranti nella loro potenza

Georgica di Gaetano Previati, 1905. Foto: Sofia Bersanelli ©
Deposizione di Fazzini, 1946 / Cena in Emmaus di Melotti, 1933. Foto: Sofia Bersanelli ©
L’Annunciazione di Giuseppe Capogrossi, 1933 / L’Angelo dell’Annunciazione di Philpot, 1925 / Annunciazione di Corcos, 1904. Foto: Sofia Bersanelli ©
Crocifisso di Max Ernst, 1914 / Pietà (da Delacroix) di Van Gogh, 1889. Foto: Sofia Bersanelli ©

laceranti nella loro potenza

laceranti nella loro potenza

laceranti nella loro potenza

La preghiera del mattino di Vincenzo Vela, 1846. Foto: Sofia Bersanelli
L’Angelus di Millet, 1857-9. Foto: Sofia Bersanelli
La preghiera di Casorati, 1914. Foto: Sofia Bersanelli

Articolo scritto a quattro mani da Sofia Bersanelli (autrice di tutte le fotografie) e Luca Zuccala ©

IMMAGINI SENZA DIDASCALIA:

1) Cristo Bianco di Chagall (1938) e Crocifissione Contemporana di Vedova (1953). Foto: Sofia Bersanelli
2) Via Crucis di Lucio Fontana, 1955-6. Foto: Sofia Bersanelli
3) Madonna II di Edvard Munch, 1895-1902. Foto: Sofia Bersanelli

INFORMAZIONI UTILI

Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana
Palazzo Strozzi
24 settembre 2015-24 gennaio 2016
Curata da Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi, Carlo Sisi
Orari Tutti i giorni 10.00-20.00, Giovedì 10.00-23.00.
Dalle ore 9.00 solo su prenotazione.
Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura
Informazioni in mostra T. +39 055 2645155 www.palazzostrozzi.org
Biglietti intero € 10,00; ridotto € 8,50, € 7,50; € 4,00 Scuole

L'Angelus di Millet, 1857-9
L’Angelus di Millet, 1857-9

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