Domanda di rito: chi è Michele Attianese?
Uno, nessuno, centomila.
In che modo ti sei avvicinato al mondo dell’arte?
Fin da piccolo mi incuriosiva il disegno e la sua capacità mistica di raccontare “tanto con poco”. I miei primissimi giocattoli erano “disegnati” e ci passavo molto tempo.
I colori dei tuoi lavori mi portano a vedere le tue opere come tratti di fotogrammi in cui la vita quotidiana sembra apparentemente fermarsi in pennellate morbide e atmosfere sospese…
La visione di un opera è un atto fortemente soggettivo, e questo credo sia un fatto positivo. Davanti ad un opera diventiamo noi stessi fonte di possibilità inattese invece che spettatori passivi, se si verifica questo processo allora si è sulla buona strada….
Oggi 27 febbraio, inaugurerà la tua personale Periphery che si terrà fino al 30 aprile presso la Galleria Casa Turese di Vitulano. Come è nato questo progetto?
Pheriphery è un lavoro che usa il medium della pittura indagando sul concetto di periferia non solo come campo geografico ma soprattutto come campo mentale, un viaggio personale nella propria “periferia emotiva”.
Credo che l’uso che faccio del colore aiuti questa capacità introspettiva dell’opera, una creazione di un profondità dello sguardo che viri verso un intimità profonda, in effetti è il processo di cui parlavo nella precedente domanda.
Quali sono gli input che condizionano il tuo lavoro?
Il luogo in cui vivo, i viaggi, le mie idee, i libri che leggo, le persone che amo, insomma la vita.
Cosa si intende oggi secondo te per Arte?
L’Arte è sempre stata la stessa, non credo che oggi l’Arte sia differente dal passato, sono cambiati i canali di diffusione e i numeri in gioco. Alla domanda poi su che cosa sia l’Arte in assoluto non c’è una risposta univoca: l’Arte è Arte, punto.
Progetti all’orizzonte?
Una mostra in Italia e una all’estero.