La Galleria del Cembalo di Roma in collaborazione con z2o Sara Zanin Gallery, propone fino al 20 aprile una mostra dedicata al nuovo lavoro di Silvia Camporesi, artista che, attraverso il linguaggio della fotografia e dei video, realizza progetti ispirati al mito, alla letteratura, alla vita reale e al paesaggio italiano. Atlas Italiae è una mappatura ideale dell’Italia abbandonata o in via di sparizione, fotografata come realtà fantasmatica. (www.galleriadelcembalo.it)
Ha ricostruito la mappa di un’Italia che sta svanendo, un archivio della memoria della nostra terra?
È un racconto di luoghi fragili, colti in un momento particolare della loro esistenza: non sono più quel che erano e chissà cosa diventeranno. Certi paesi crollano da un anno all’altro, è sufficiente una poggia più violenta, altri vengono recuperati e ristrutturati, di altri ancora se ne perde la memoria, perché dispersi nel paesaggio. Ho visitato un’Italia bellissima e dolorosa.
Un anno e mezzo tra venti regioni italiane in caccia di edifici o paesi lasciati a loro stessi. Un lavoro immane. Come ha condotto la sua ricerca?
Il lavoro nasce da un crowdfunding, quindici collezionisti che hanno prodotto il progetto investendo una quota ciascuno. Nell’arco di un anno e mezzo ho visitato tutte le regioni italiane dopo aver condotto ricerche precise e approfondite dei luoghi che andavo a visitare. Ho trovato le informazioni sui libri, sui siti specializzati, ma è stato necessario un passaggio in più: interpellare persone del luogo per avere un riscontro aggiornato sullo stato dei paesi che sarei andata a visitare. Questo passaggio si è rivelato fondamentale per evitare viaggi inutili a caccia di luoghi non più interessanti a livello fotografico. La mia idea fin dall’inizio è stata di ritrarre luoghi che manifestassero ancora tracce di memoria, non nude strutture, ma case ed edifici contenenti echi della loro storia.
Un atlante della dissolvenza e quindi della rovina ma straniante perché comunica pace, silenzio ed energia. Come ha vissuto queste scoperte e come le ha volute tradurre in immagini?
E’ stato un viaggio bellissimo, attraversare un’Italia sconosciuta, di nessuno, deserta, lontana dalle città d’arte. Ho provato sentimenti nuovi, simili alle sensazioni perdute di luoghi dell’infanzia o qualcosa che ha a che fare con i sogni. Ho profondamente rispettato i luoghi che ho visitato, entrando in punta di piedi e cercando di raccontarli nella loro silenziosa immobilità. E’ stato semplice fotografarli, lo scatto è “un’estensione” del sentimento provato.
Qual è il suo intento insito in questo progetto?
E’ un progetto poetico, senza nessuna pretesa di esaustività, ma che ha inevitabilmente una declinazione documentale. Da artista tiro il sasso e ritraggo la mano, non avevo intenzione di denunciare lo stato di certi luoghi, ma inevitabilmente la circolazione delle immagini ha innescato un meccanismo di attenzione verso gli stessi.
La bellezza scaturisce anche da luoghi che sembrano quasi non essere mai esistiti?
La bellezza per me sta nelle cose nascoste, sospese, lontane dalla quotidianità.
Il progetto continuerà a mappare un’ Italia dimenticata ?
Il progetto è ufficialmente concluso con la pubblicazione del libro, (Atlas Italiae, edito da Peliti Associati) ora sto pensando a un nuovo viaggio in Italia, alla ricerca di paesaggi inediti.