Affermatosi all’interno del movimento denominato Neo-Geo nella New York degli anni 80, la carriera di Peter Schuyff ha attraversato i decenni senza subire i segni del tempo.
Abbiamo trovato i suoi lavori nei musei più in voga del mondo, dal Metropolitan al Moma di New York, dal Moca di Los Angeles al Museet di Stoccolma, e dopo una lunga assenza lo abbiamo visto approdare a Milano presso la Galleria Luca Tommasi con una mostra inaugurata lo scorso mercoledì 16 marzo a cura di Stefano Castelli dal titolo Selected Paintings, che si terrà fino al 14 maggio 2016.
La carriera di Peter Schuyff in Italia inizia con una personale nella galleria di Lucio Amelio a Napoli nel 1987, stesso anno in cui a New York Leo Castelli decise di dedicargli una personale.
Peter Schuyff inizia a lavorare quando l’estetica postmoderna della società occidentale entra in crisi a causa di un pensiero che teorizzava l’impossibilità da parte della cultura pittorica e non, di creare una presa diretta sul mondo di allora perchè considerato ormai scomparso dietro precessioni di immagini. Questi cambiamenti portarono ad un allontanamento da quelle che erano le scelte teoriche e linguistiche del neoespressionismo che al centro del suo operato poneva il suo mondo interiore e il suo lavoro.
Si fanno strada in questo modo ricerche e protagonisti dell’arte fino ad allora considerati minori, che colgono l’occasione per adottare differenti mezzi espressivi: si va così dal concettuale, all’installazione alla fotografia e ad altre forme d’arte a svantaggio della pittura e della sua centralità.
Il movimento che vede coinvolto Peter Schuyff è un tipo di pittura geometrico-astratta che si contrappone in maniera netta agli ideali del neoespressionismo, al punto da creare una tendenza e un movimento a parte che si identifica per l’appunto con il nome di Neo-Geo. Tra i maggiori esponenti del movimento si ricordano Peter Halley ma anche Helmut Federle e in maniera minore, ma non certo per importanza, lo stesso Peter Schuyff.
Peter Schuyff esplora con le sue forme l’universo della geometria riscoprendone la sua reale poetica.
I lavori in mostra, sei oli su tela di medio e grande formato, sono costituiti da campioni di colori mossi da deformazioni che richiamano e alludono all’elaborazione digitale ma anche ai microprocessori degli odierni computer. Danno così luogo, con il movimento delle deformazioni, ad un’energia che l’artista trasmette in maniera evidente a chi guarda l’opera.
Una mostra da vedere, dunque, se non altro per il modo in cui la pittura può dare movimento alle volte anche stando impressa in una tela, facendo nascere nell’osservatore il desiderio quasi di accarezzare le opere come fossero tessuti pregiati che volano al vento.