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Resurrezione Berté: «Torno a vivere, basta dolore»

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Con Emma, Mannoia, Pravo ed Elisa, un album di duetti per la regina punk d’Italia. E dal passato Loredana canta con la sorella Mimì

Una morsa al cuore. Canzoni che pulsano. Nostalgia scellerata. Duetti che sono un atto d’amore per la regina punk, lo dice Ligabue, di un Paese che rimpiange sempre in ritardo. In alto i cuori, Loredana Berté è tornata. La voce è ancora roca e potente, la rabbia a fior di pelle. L’allegria non c’è mai stata. Ora sì.

Il 1° aprile esce “Amici non ne ho… ma amiche sì”, quindici duetti più due inediti, “E’ andata così” di Ligabue e “Il funerale”, che Fiorella Mannoia ha prodotto con autorevole complicità. Il parterre è il miglior regalo a un’artista incontenibile: Patty Pravo in “Mi manchi”, Emma in “Non sono una signora”, Elisa in “E la luna bussò”, l’Amoroso in “Sei bellissima”, Nina Zilli in “La goccia”.

E poi c’è l’incontro che li vale tutti: Loredana e la sorella Mia cantano “Stiamo come stiamo”. Più “Amici non ne ho” con le amiche, ci sono anche Paola Turci, Noemi, Bianca Atzei, Irene Grandi, Antonella Lo Coco, Aida Cooper e la stessa Mannoia.

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Loredana, finalmente sorride…
«Sì, ma rimango una donna normale. Quella che va in ansia un minuto prima di salire sul palco. E questo dopo una storia lunghissima, quarant’anni in scena, e poi…».

E poi?
«… ha ragione, io non sorrido quasi mai. L’ha notato. E l’ho scritto nella mia autobiografia, “Traslocando”: tutto il vissuto che ho alle spalle è dolore, momenti di serenità pochi, di grande depressione troppi. Sono me stessa solo quando canto, le parole pesano e mi hanno sempre aiutato».

Da chi ha imparato il mestiere?
«Dalle notti passate a fare gavetta, nei dieci anni disperati e bellissimi a cantare e ballare in “Ciao Rudy” e “Hair”. Da Ivano Fossati, mi ha insegnato a scrivere canzoni. Potrei farle altri nomi…».

La bellezza è stata importante?
«Sì, lo è sempre ma non è tutto. Io, per farle un esempio, non sono d’accordo con la mia carta di identità. Mi sento ancora curiosa di esplorare altri mondi, anche se ogni tanto ho degli acciacchi».

Non si spaventerà per così poco…
«No, perché ho dormito, amato e odiato sotto centinaia di cieli stellati. Ho usato droghe, ho fatto di tutto, e quindi se qualche muscolo ogni tanto s’infuria non è un problema. Però la vecchiaia va meritata e non mi ritengo ancora tale. Non come certi giovani…».

Lei va ad Amici e se la prende con i giovani?
«Non li vedo coraggiosi, pretendono il nostro posto ma non osano. Io sono stata la prima a portare il reggae in Italia. Questi vogliono solo diventare famosi. Ma io e mia sorella non eravamo così: ci bastava poter pagare l’affitto e le bollette, il nostro scopo era scoprire ciò che non conoscevamo».

Le manca Mimì?
«Ogni secondo. Il tempo non cancella ferite che non si rimarginano. Avrei voluto dirle di più: ti voglio bene. Se avessi cancellato tanti viaggi e le fossi rimasta vicina, forse sarei in pace. Perché io giravo parecchio, sa. Il giorno dopo i Mondiali dell’82, alla dogana mi chiesero: nulla da dichiarare? E io: sì, Rossi e Tardelli. Mi hanno perquisito per un’ora».

L’incontro più strano?
«Michael Jackson. Ero in tournée con i Jackson 5 e alla sera facevamo baldoria. Lui però era troppo piccolo e rimaneva in albergo a fare i compiti con la maestra. Anni dopo, per ricambiare regalini che gli avevo fatto, prese un giubbotto di scena: questo è per te. Non me ne sono mai più separata».

In “E’ andata così” lei dice “conosco il silenzio e quanto può fare spavento”.
«E’ la solitudine che mi prende a casa dopo un concerto, quando mi sento scaricata come un sacco di patate».

Mai pensato di essere meno eccentrica?
«Perché mai? Rimango incazzata con la vita, ho persino immaginato il mio funerale. Quando succederà non voglio gente che sgomita per dire che eravamo amici. Io Pino Daniele e Pino Mango me li porto nel cuore. Mica li sbandiero».

Perché non ha fatto dischi per dieci anni?
«Non avevo nulla da dire. Dovrebbe impararlo chi fa tanta musica inutile. Comunque è stato come riprendersi da una lunghissima apnea. La mia autostima va su e giù. Non ti senti mai arrivata. E poi c’era il rimpianto per Mimì, irrequieta come l’oceano profondo. La forza di sopravvivere l’ho trovata in me. La vita che ho fatto mi è capitata, non l’ho scelta. Però vorrei che Mimì fosse orgogliosa. Non mi diceva mai, sei brava. Ma solo: mi raccomando non fare pasticci. Ora sono finiti».

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Per gentile concessione de Il Secolo XIX (21.03.2016)

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