Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker, il documentario di Chad Gracia apre il Festival del giornalismo di Perugia.
Ieri, martedì 6 Aprile al Cinema Postmodrnissimo di Perugia, in occasione del Festival del giornalismo, è stato presentato in anteprima nazionale il film-documentario Il complotto di Chernobyl -The Russian Woodpecker del regista Chad Gracia, distribuito in Italia da I Wonder.
>> Il complotto di Chernobyl -The Russian Woodpecker, pellicola che si è aggiudicata il Gran premio della giuria al Sundance Film Festival, racconta la storia di un giovane artista ucraino, Fedor Alexandrovic, e del suo progetto di realizzare un film-inchiesta sulla tragedia di Chernobyl.
Chad Gracia alterna le proprie riprese a quelle di Fedor, uomo inquieto e stravagante che vuole, ad ogni costo, dare una spiegazione al disastro che ha segnato la sua vita e quella di tanti altri che, ancora oggi, ne subiscono le conseguenze. Le indagini prendono il via da una misteriosa antenna radio, la Duga, situata nelle immediate vicinanze della centrale nucleare, utilizzata dall’ex URSS negli anni ‘80 per intercettare i segnali radio degli USA e del resto d’Europa. Proprio da qui parte la ricerca di Fedor, che si addentra nel territorio ancora ad altissimo tasso di radiazioni, per cercare il colpevole di quanto accaduto in quell’Aprile del 1986. La ricerca forsennata di Fedor è accompagnata da interviste e testimonianze di chi ha lavorato nella centrale nucleare e di chi ha contribuito alla costruzione dell’antenna. I faccia a faccia tra Fedor e gli intervistati sono densi e spiazzanti: la reticenza al dialogo fa emergere con chiarezza che il regime del terrore non è ancora finito.
>> Interessante è notare la differenza che intercorre tra l’artista, un ragazzo cresciuto in “Occidente” e la vecchie generazioni in cui sembra restare ancora viva la soggezione psicologica alla dittatura sovietica. Fedor, che talvolta deraglia verso il territorio della paranoia del complottismo, arriverà alla fine a un fantomatico responsabile su cui, però, non potrà riversare la propria rabbia.
L’ occhio del regista si limita a filmare quanto accade senza perdere di vista il filo rosso che collega la storia raccontata al tragico presente dell’Ucraina, un paese ancora incatenato al suo polveroso passato sovietico.