È nato il nuovo Rembrandt, come Dolly, la prima pecora clonata. Non è la prima volta che le “meraviglie” della tecnica ci sorprendono con effetti strabilianti. Già vi ho raccontato, tempo addietro in questa stessa rubrica, della tomba del grande Faraone Tutankhamon, chiusa al pubblico per esigenze conservative e fedelmente riprodotta paro paro, sempre nello stesso sito, con l’ausilio di tecniche laser – confidando nell’analoga esperienza maturata in Francia alle Grotte di Lascaux – ed offerta ai visitatori come surrogato dell’originale, senza subire flessione alcuna nei flussi turistici.
Pure allora, vi avevo messo in guardia circa le derive nel rapporto tra Modello e Copia. È nell’evo nostro postmoderno che il Duplicato assume vita propria e autonoma rispetto all’Originale, gettando alle ortiche tutta la tradizione classica del Logos fondata sull’archetipo che, cercando l’unione tra parola e mondo, dava senso epistemologico all’universo. Non è certo ora che questo nesso si è rotto, ma è sicuramente adesso che si presenta in tutta la sua virulenza, generando quella perdita di senso che affligge il così detto Occidente.
Per il grande olandese, tornando a bomba, il caso è diverso. Si è posato il piede su di un gradino più alto ed ambizioso. Infatti non di fedelissima riproduzione si tratta, ma di vera e propria creazione, di un’opera costruita come il Maestro stesso avrebbe fatto, raggiungendo, con l’uso combinato di complessi algoritmi computerizzati di cui vi risparmio la descrizione, un vero e proprio Nuovo Rembrandt. Così, scodellato fresco fresco come un uovo!
A ben vedere non è una sorpresa. Viviamo in un mondo altamente sofisticato, in cui l’altissimo livello tecnologico piegato ai desiderata degli umani, privi di qualsivoglia freno metafisico e liberati dall’ingombrante Padre Celeste, giocano al piccolo chimico. Era quindi solo questione di tempo, prima o poi qualcuno avrebbe raccolto la sfida tesa a dimostrare la diminutio humanis generis andando ad aggredire la scintilla creatrice, quella specificità tutta umana, così misteriosa e indefinibile, che ci caratterizza e distingue da tutte le altre specie del creato e che più ci avvicina al Divino Creatore.
In fondo non stupisce che questa trovata arrivi dalla luterana Olanda, così solerte nell’espellere il Divino nei capolavori realizzati nel suo secolo d’oro. Semplice, non essendoci ancoraggio divino l’Uomo altro non è che un’imperfetta macchina nell’era della riproducibilità, non dell’arte ma della vita. Forse stiamo violando anche le tre leggi della robotica del grande Asimov. Quindi tutti giù per il tubo nella discarica dell’umanità, nella speranza di un qualche Terminator Salvation.
Algoritmici saluti
L.d.R.