Sino al 3 luglio, il MAN di Nuoro ospita la prima personale in un museo italiano di Roman Signer. Con un’imponente videoinstallazione e nuovi lavori dell’artista svizzero, nel segno della sperimentazione e del gioco.
“Arrotolare, increspare, ripiegare, immagazzinare, curvare”: inizia così la lunga lista di verbi che Richard Serra compilava tra il 1967 e il 1968, quando nel suo studio, tra le altre cose, si cimentava nel lancio di piombo fuso con un mestolo verso l’angolo dove il pavimento incontra la parete. Per “attaccare l’ortodossia dei dettami della costruzione di forme”, disse poi. “Scomporre, aprire, mescolare, schizzare”, continua la lista. Un elenco di 84 azioni, un catalogo fitto di verbi transitivi all’infinito, di attività possibili, alternative al tradizionale fare scultoreo, che torna in mente, trovando assonanze, nella grande sala al terzo piano del MAN di Nuoro, dove si concentra la mostra Roman Signer. Films and Installations, la prima personale in un museo italiano dell’artista nato nel 1938 ad Appenzell, in Svizzera.
Cento proiettori su cavalletti, regolati ad altezze diverse, ridisegnano il perimetro dello spazio espositivo, mentre le quattro pareti si prestano come schermo per oltre duecento filmati. Il display è impeccabile, nonostante il rischio di risultare caotico fosse dietro l’angolo. Girati in Super 8 tra il 1975 e il 1989, i film – ora digitalizzati – documentano l’insolito lessico scultoreo, che l’artista cominciò a comporre a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta.
Nei filmati in mostra, si vede Signer impiegare se stesso e gli oggetti più disparati – da un semplice tavolo a una canoa – in invenzioni ed esperimenti. I suoi alleati sono una volta la forza gravitazionale, un’altra la polvere da sparo, la pressione, il vento o l’acqua. Nel suo laboratorio a San Gallo, ma anche in solitudine in mezzo alla natura, Signer costruisce, assembla, fa esplodere, lancia, distrugge. Per vedere l’effetto che fa, con la serietà del gioco e la sconsideratezza dell’esperimento scientifico. Non gli importa il dopo, ma il mentre. Non ambisce a un risultato predeterminato, ma si entusiasma per i processi, le trasformazioni, l’esperienza empirica. Ipotizza scenari, ma senza aspettative: l’intuizione fa da guida, ma poi intervengono, benaccetti, il caso, l’errore, l’imprevisto.
Oltre all’estesa videoinstallazione – improbabile da realizzare per un museo che vive di fondi regionali, non fosse stato per la collaborazione con il Chronos Art Center di Shanghai e la partnership tecnica del WTI International, società di produzione di opere multimediali – la mostra al MAN presenta tre nuovi lavori scultorei dell’artista elvetico. Il primo lo si può scorgere già all’ingresso del museo, ma per coglierne lo sviluppo è necessario risalire l’edificio, piano dopo piano.
Nella tromba delle scale, svettano, agganciati uno all’altro, una serie di ombrelli, stabili poco più di un castello di carte: un gioco, un divertissement visivo, come lo è anche Installazione (2016), un piccolo labirinto in legno, rispetto al quale il pubblico può scegliere se osservare o essere osservato, percorrendolo; mentre Occhiali (2016), ingombra lo spazio del rumore di un proiettore Super 8, ideale accompagnamento sonoro ai film visibili nella sala principale.
Preziosi, infine, i due video che Roman Signer ha girato in Sardegna, nelle spiagge di Osalla, a Orosei, e a Cala Liberotto, alla cui realizzazione ha assistito Lorenzo Giusti, con una certa emozione, ci racconta il direttore del MAN, co-curatore della mostra assieme a Li Zhenhua.
E osservando in uno dei video Roman Signer mentre conficca due ombrelli nel bagnasciuga, con i calzoni rimboccati alle ginocchia, i capelli imbiancati al vento e la curiosità leggera di un bambino, non si fatica a capire il perché
INFORMAZIONI UTILI
Roman Signer. Films and Installations
MAN Museum – Nuoro, via S. Satta 27
0784 25 21 10