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Damiano Spelta, in bilico tra oggetto di design e opera d’arte

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Damiano Spelta, classe 1966, è un artista eclettico e dal raffinato aplomb ironicamente mordace, un passato da pilota offshore e d’imprenditore, da poco l’abbiamo visto partecipe alla mostra “Sfioro” in 10 Corso Como (Milano) insieme a Isgrò, Cattelan, Paladino e altri.

Fino al 13 giugno alla Galleria Rossana Orlandi è in corso una sua personale. La sua arte è un gioco ludico, in bilico tra oggetto di design e opera d’arte. L’artista trae ispirazione dal quotidiano, dagli status symbol tanto agognati e osannati, da quei messaggi subliminali che sovrastano le nostre vite. Gli oggetti simbolo, quasi sempre di dimensioni maxi, vengono rivisitati in chiave pop, ridisegnandone il significato, trasformandone l’uso e i contenuti.

Che siano oggetti di design, opere pittoriche o assemblaggi, tutte si contraddistinguono per l’immediata empatia che creano, ma al di là, dell’effetto puramente estetico e ironico, c’è una sapiente riflessione sul mondo contemporaneo con le sue contraddizioni, con le sue manie e ossessioni, uno specchio riflesso di chi vorremmo forse essere a confronto di chi realmente siamo. L’ esposizione in corso alla milanese Galleria Rossana Orlandi è un viaggio divertente e giocoso, dove perdersi tra grandi canne da pesca, binocoli giganteschi, lenti specchianti, rossetti tavolino e per chi volesse riposarsi c’è sempre l’amaca di Spider-Man.
In occasione della mostra abbiamo intervistato l’artista.

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Ti definisci un designer o artista?
Un’artista senza dubbio

L’ironia è il simbolismo sono gli elementi che contraddistinguono i tuoi lavori, la tua fonte d’ispirazione ?
Indubbiamente il quotidiano e agli anni del Pop, sono figlio degli anni ’60, penso che ci sia in me una memoria giovanile inconscia alla quale attingo ispirato anche dagli oggetti comuni che trasformo, per esempio: Inciucio, è il ciuccio del bambino che è diventato una lampada, Temperamento due è un tavolino in acciaio, cristallo e matite dove è presente anche un temperamatite, una delle mie opere più famose è Chaise Tongue, in vetroresina e tessuto, è un’enorme bocca con la lingua che diventa seduta, Sanpei la canna da pesca l’ho trasformata in una lampada, Sharelock è un grande specchio a forma di lente e potrei proseguire a elencare ancora molto, ma non mi sembra il caso. In tutte le mie opere penso che il pubblico possa comprendere l’ispirazione e la volontà ludica.

Progetti con disegni?
Si Progetto ma è soprattutto un progetto mentale, ho continuamente idee, sono incontenibile e ahimè non riesco sempre a fare tutto.

Dietro il tuo lavoro c’è anche molta tecnologia. Ti avvali anche di artigiani per la realizzazione delle opere?
Il mio handicap è non avere degli studi tecnici specifichi, anche se il mio passato di pilota offshore mi ha permesso di apprendere manualità per i motori e la meccanica e in qualche modo mi aiuta ancora oggi a eseguire alcuni lavori, ma è fuor dubbio che mi avvalgo di artigiani, sono indispensabili, a volte sono proprio loro che trovano la soluzione più adatta e funzionale. I miei oggetti/opere sono prevalentemente fatte a mano.

Sono tutti pezzi unici?
Alcuni si altri no, inevitabilmente per abbassare i costi di produzione, che spesso sono altissimi proprio per il lavoro artigianale che ci sta a monte. I multiplo permette così di abbassare i costi rendendo il prezzo più accessibile al pubblico.

Cosa vuol dire lavorare a Milano per un’artista cosmopolita come te?
Ho girato il mondo, ma trovo che Milano sia una città meravigliosa e poi penso che dove c’è il grigio l’artista si esprime, vivere a Milano per me è fonte d’ispirazione continua.
Amo la mia città e mi sembra che sia in continua evoluzione propositiva, la gente ha voglia di fare e partecipare e questo è un segno positivo per tutti non solo per i milanesi.

E’ in corso una tua personale alla Galleria Rossana Orlandi?
Si lavoro con Rossana da anni e quando mi ha proposto una personale mi ha fatto molto piacere, è un onore per qualsiasi artista, penso, lavorare per la Galleria Orlandi. Ci sono esposte opere di grandi e medie dimensioni, naturalmente quasi tutte di nuova produzione, penso che sia un’esposizione divertente, almeno così dicono.

Cosa vorresti suscitare nello spettatore?
Allegria. Vorrei che le persone guardando le mie opere si sentissero lievi e allegri, che si diverta e possa riderne. L’ironia è l’elemento primario, giocare con la vita e con se stessi.

A chi ti ispiri?
A due figure per me importanti: Gaetano Pesce, perché ha trovato il modo nella serialità di dare ludicità. E la genialità sta proprio nel fatto che, nonostante la serialità, non avrai mai un oggetto uguale all’altro questo grazie all’uso delle resine. Un altro è Yonel Lebovici, sconosciuto a più, un’artista po’ dietro le quindi, ma secondo me uno dei migliori.

Progetti per il futuro?
Con Rossana Orlandi il progetto di andare a Design Miami.

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Galleria Rossana Orlandi
Via M. Bandello 14/16
20123 MILANO

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