Queen of Earth: il thriller psicologico indipendente con Elisabeth Moss, la recensione.
La lunga estate calda è nel pieno della sua esplosione, c’è niente di meglio di una vacanza con la propria migliore amica in una splendida casa sul lago? Una zona franca da problemi, traumi e dalle decisioni che bisogna affrontare nella vita quotidiana. Sono queste le premesse di Queen of Earth, pellicola indipendente di Alex Ross Perry (Listen Up Philip), presentata lo scorso anno al Festival Internazionale del Film di Berlino.
Queen of Earth ha solo l’aspetto di un «mumblecore drama» – il filone indipendente di pellicole a basso costo, girate spesso con attori non professionisti e dedicate ai rapporti personali fra trentenni – è in realtà il prossimo passo, nevrotico e tutto in primo piano, nel genere del thriller psicologico.
Alex Ross Perry guida con maestria la tensione che attanaglia persino la più comune delle conversazioni sul portico. Gli strumenti usati sono il pattern ripetitivo e alienante delle increspature sul pelo dell’acqua, il dettaglio comune che attraverso la lente del disagio personale diventa disturbante – un cucchiaino sporco abbandonato sul tavolo, lo sgranocchiare una patatina, la risata inopportuna– e una colonna sonora mutuata dal thriller psicologico anni Settanta.Il dualismo, cardine del thriller psicologico, è qui ripetuto e incarnato nel rapporto fra le due protagoniste, Catherine (Elisabeth Moss, nella sua migliore performance) e Virginia (Katherine Waterston, scoperta in Vizio di forma) e nella trama, ordita attraverso fluidi e assai junghiani flashback, in cui veniamo a sapere che le due amiche avevano affrontato la stessa vacanza sul lago, l’anno precedente con dinamiche psicologiche speculari.
Il cinismo wasp che abbiamo tanto amato nelle serie TV degli anni Novanta diventa qui un’arma molto più affilata e pericolosa di qualunque mannaia slasher. Non si può certo accusare Catherine e Virginia di falsità, almeno non nel rapporto verbale che le due sembrano aver instaurato da tempo. Quello che l’una ha da dire sull’altra è sibilato apertamente e si tira un sospiro di sollievo ogni volta che le due amiche completano un confronto. Virginia accusa Catherine di essere dipendente dalle figure maschili e di aver vissuto sempre all’ombra del padre, un grande e accreditato artista newyorkese; Catherine rinfaccia a Virginia le sue fughe dalla realtà e dai rapporti umani e l’incapacità ad affrontare anche le più piccole responsabilità della vita quotidiana.
Nel crollo di Catherine, una discesa marcescente ad accarezzare la morte e i suoi simulacri, ritroviamo la migliore rappresentazione del disagio contemporaneo. Catherine è la Giovane Holden degli anni post-crisi economica, la sua è una nuova fuga dalla phoniness, in cui il sentirsi escluso dalle dinamiche economiche e sociali porta a un nauseabondo rifiuto della vita. Il valore aggiunto di Queen of Earth sta sia nella già citata performance di Elisabeth Moss sia nel recupero da parte di Alex Ross Perry dell’estetica tensiva di cui Mario Bava ha permeato Reazione a Catena (ricordate il riverbero del sole sulle acque della baia? La casa di design e le dinamiche psicologiche instaurate fra i protagonisti?) e di quell’alienazione sociale che fu al centro del lavoro di Elio Petri.