By the Sea, Angelina Jolie rincorre lo spettro dei grandi classici portandosi appresso Brad Pitt. Missione compiuta?
By the Sea. Una coppia in crisi. Lui scrittore con blocco creativo. Lei ex ballerina, ancora bellissima, ma troppo vecchia per i palchi. Una fuga in un lussuoso e isolato albergo in riva al mare per ritrovare l’ispirazione e la complicità perdute. Angelina Jolie e Brad Pitt sono tornati a far coppia anche al cinema oltre che nella vita reale dopo 11 anni da Mr. & Mrs. Smith (2005).
Questa volta però a dirigire è la stessa Angelina Jolie che prova a riprendersi da regista quello che da attrice sembra non esserle mai stato concesso a pieno: lo status di icona colta. Sul grande schermo è stata ragazza terribile (Ragazze interrotte), ragazza fatale (Original Sin), ragazza ginnica (Lara Croft: Tomb Raider), raramente attrice impegnata (Changeling).Unbroken, il suo terzo film da regista è costruito con un’estetica e un’epica cercate nel solco della tradizione americana più recente (Clint Eastwood, Francis Ford Coppola), By the Sea invece volge il suo sguardo tutto sul cinema europeo del passato. Angelina Jolie guarda -o per omaggiarli o per dimostrare di conoscerli, di aver insomma studiato- a Rossellini, Bergman e Antonioni. L’incomunicabilità della coppia, il gioco psicologico -sottile e masochista- tra le parti: da Deserto Rosso a Sussirri e Grida, passando per Viaggio in Italia, By the Sea sembra un excursus nel Morandini.
>> Regista e attrice protagonista, la Jolie si cuce addosso un personaggio fragile, nevrotico, indecisa se diventare la nuova Audrey Hepburn, la nuova Monica Vitti o la nuova Liz Taylor sembra riconcorrerle tutte.
Il gioco della vecchia coppia in crisi che spia e coinvolge nelle proprie dinamiche e nei propri schemi (malati, lividi e pieni di cicatrici) una coppia affiatata, fresca di matronio e ancora in luna di miele, non è spunto di grande originalità, ma viene sviluppato in maniera attenta, delicata e intelligente, grazie alla sceneggiatura -a tratti dimessa- che dai grandi classici sa prendere i tempi, i ritmi giusti e i silenzi. La regia invece vira su un declivio estetizzante, a tratti catalogafrico (come già per W.E. – Edward e Wallis di Madonna), ponendo l’attenzione a momenti sui costumi, sugli accessori, sugli interni, poi infine, finalmente, sui volti dei protagonisti, che per quanto ancora eccezionali (probabilmente i due più grandi volti degli ultimi vent’anni di cinema) non bastano a reggere un film che per la maggior parte del tempo sembra un lungo commercial (per quanto un commercial molto bello) di profumi o cappelli, in cui tutti fanno la spesa ma nessuno mangia.
Resta però un senso di tenerezza per questa coppia bellissima e infelice, con tutto il cinismo di Two for the road e il malinconico disfattismo di The Way We Were.