“Adult Pop”: che cos’è? Questo mi sono chiesta quando ne ho sentito parlare – per la prima volta – riguardo a Lene, cantante e autrice milanese con un passato diviso a metà tra i jazz e soul club e l’esperienza X Factor.
Il termine suonerebbe quasi come una sorta di musica V.M. 18, ricordando quanto fatto ai loro tempi dai primi Chrisma (allora la K non era ancora stata adottata) o da Gainsbourg; invece ho scoperto che questa definizione, negli USA, indica un pop più maturo e in quanto tale rivolto ad un pubblico meno teenie.
E Ring, il disco di Lene, da proprio questa sensazione: quella di un sound più simile al pop anglosassone di qualità – alla Sia, o Lana del Rey, giusto per citare due artiste che lei stessa sostiene siano state influenti nel suo lavoro – che non a quello italiano; e una ricercatezza – sia lessicale che concettuale – nei testi che si distacca del tutto dalla canzonetta di facile consumo.
Ho chiesto a Lene di incontrarci per chiacchierare del suo disco.
Parto subito con la fatidica domanda relativa al genere. “Adult Pop”, che un genere peraltro non è. Come mai?
La cosa buffa è che nemmeno io ero al corrente di questa definizione. Nemmeno quando l’ho adottata! Il tutto è nato da un giro in macchina con un mio caro amico, che ascoltando in anteprima il disco ha detto “mi dà l’impressione di un pop per adulti, per gente seria”. L’ho raccontato al mio team e ci è piaciuto molto. Il caso poi ha voluto che la nostra musica andasse effettivamente nella direzione di questo (non)genere… Anzi, non è stato il caso: evidentemente è un termine assolutamente sensato.
Come sei approdata a questa scelta, tu che sei di scuola jazz e soul e che a quanto mi è parso hai fatto in passato centinaia di concerti di quei generi?
Credo che il primo compito di un’artista sia quello di cercare di portare qualcosa di nuovo, e qualcosa che sia segno dei tempi. Io adoro il blues, il soul e l’ r’n’b, e mi diverto ancora a suonarli e cantarli. Però il mio primo album cerca di andare oltre, ed è il risultato di tutte le mie influenze. Quindi ci sono dentro anche i Beatles, o i Depeche Mode, come anche Battiato.
Battiato l’ho sentito! Ho colto una citazione in un brano...
Brava. E i Tears for Fears li hai sentiti?
Sì… in “Tropico del Ghiaccio”, impossibile non cogliere la citazione. Tra l’altro, a proposito di questo pezzo, il fatto che il più “futuristico” sia quello che chiude l’album mi ha quasi fatto pensare a una specie di teaser per il prossimo disco.
In effetti “Tropico del Ghiaccio” – che è stato anche realmente l’ultimo pezzo realizzato – è stato un po’ messo lì apposta. Un po’ come facevano i Beatles – chiedo scusa per aver scomodato i Santi, ma giuro che lo faccio in totale umiltà – , che in Revolver e in Sgt. Pepper’s lasciavano in chiusura del disco i pezzi più “fuori contesto”. Credo sia il brano che più si distacca da tutti gli altri, soprattutto nel suono ma anche nel testo, che credo sia il più visionario di tutti. Senz’altro rappresenta il capitolo conclusivo della storia che racconto in Ring, che è anche quella della mia crescita espressiva.
E a tal proposito… la sensazione che si ha all’ascolto del disco è quella di un’omogeneità nel sound, e i riferimenti che tu stessa hai fatto presente sono chiari (la quasi disneyana “Amabile” e “(La Ville) Lumière” ricordano le atmosfere cinematiche di Lana del Rey, che ritorna anche qua e là in altri pezzi, come “Chilometri” o a tratti “Club”; “In Fondo Al Film”, invece, sembra appartenere allo stesso mondo di Sia…). Però, riguardo alla scrittura, mi pare di distinguere quasi una fase “pre-Lene” in pezzi come “I Sogni Non Crollano”, “Come Tutti a Milano”, che appaiono più legati al tuo background e a una tradizione più italiana. Mi sbaglio?
No, hai perfettamente ragione. Il primo disco di un artista spesso si ritrova a contenere brani scritti nel corso degli anni, in situazioni diverse ed epoche diverse, con influenze diversissime. Così è stato anche per Ring, e per questo ci sono brani come quelli, a cui sono molto legata, e che ho voluto inserire perché rappresentano la mia storia. Lo stesso vale per “Chilometri” e “Q.S.C.”, che però sono state parecchio stravolte in fase di arrangiamento e quindi danno meno questa impressione.
Anche “Circa d’Aprile” suona come un pezzo a sè…
E infatti è l’altro brano che nasce prima di Ring! Ma non per mano mia, ma del mio producer e coautore Theo Querèl. Mi piaceva così tanto che gli ho chiesto di regalarmela… Pensa che mio padre piange ogni volta che la ascolta, trovo sia una cosa straziante e bellissima. Può darsi che influisca anche il fatto che è stata composta “fingendo” di essere negli anni settanta: un brano da colonna sonora di film italiano anni settanta, ecco cos’è. E quindi può evocare nostalgie.
Prima parlavi del “tuo team”. Di chi si tratta?
Dei due coautori con cui tuttora lavoro al prossimo disco. Si tratta di Raffaella Riva per i testi (autrice storica della musica italiana, a cui si devono evergreen come, ad esempio, Tropicana o Fotoromanza) e di Theo Querèl, che oltre ad aver scritto con me le musiche e i testi di alcuni brani e di avermene portati in dote altri, ha arrangiato e prodotto l’album in collaborazione con Valerio Rizzotti. Io, Theo e Raffaella tendiamo a lavorare come un’unica entità pensante, a trecentosessanta gradi. Anche il video di “In Fondo al Film”, da poco uscito, è stato concepito e prodotto completamente da noi assieme al fotografo e videomaker Fabrizio Mazzoni.
A proposito del video: sono rimasta colpita da quanto sia minimale ed essenziale. L’ho trovato perfetto per esprimere il senso della canzone, focalizzando il tutto sulla tua espressività e sull’assenza di riferimenti spaziali… a parte il divano che mi aspettavo di vedere bruciato prima della fine!
In realtà avremmo voluto fare un video estremamente barocco, ma non c’era il budget! Scherzi a parte, è esattamente così. Inizialmente, rifacendosi all’immagine evocata dal testo, c’era l’idea di una stanza disordinata, sofferta e piena di “bambole, abiti e giocattoli”, ma poi tutto sembrava troppo. Lo stesso vale per il divano incendiato: lo avevamo pensato, ma un po’ per evitare di essere troppo literal e un po’ perché nessuno ha accettato di prestarci un soggiorno e farci bruciare il suo divano abbiamo lasciato perdere. Devo dire di averlo girato in completa trance. Non c’è nulla di recitato, d’altronde non sono una attrice e non saprei recitare una parte.
Qual è la tua canzone preferita del disco?
Dipende dai periodi, dalle ore delle giornate, da cosa mi succede oggi. Il disco è completamente autobiografico, quindi le situazioni che vivo ogni giorno mi fanno sentire di volta in volta legata a una o all’altra canzone. Cercando però di non lasciarmi influenzare da me stessa, credo che “In Fondo al Film” sia la migliore. La più matura e completa sia dal punto di vista armonico che melodico, la più compiuta per quanto riguarda il sound e l’arrangiamento, la più intensa, vera ed evocativa dal punto di vista del testo, e quella in cui credo di aver cantato meglio, sia dal punto di vista espressivo ed interpretativo che performativo. E poi credo anche che sia davvero moderna.
Cosa stai facendo ora?
Come ti accennavo, stiamo lavorando al prossimo disco. Abbiamo scritto sette nuovi pezzi, quindi questo album sarà del tutto… contemporaneo, senza incursioni nel passato, e anche il sound sarà più personale. Ci sono progetti in corso riguardo ai nuovi live che farò, alle manifestazioni a cui parteciperò, ma mi tocca essere evasiva non già per questioni scaramantiche, ma pratiche. Nel frattempo spero di fare uscire ancora un paio di video tratti da Ring.