La X edizione de “Le direzioni del racconto” – un progetto sulla narrazione letteraria promosso dalla Compagnia Diaghilev dal 14 ottobre all’11 dicembre 2016 presso l’Auditorium Vallisa di Bari – ha proposto dal 20 al 23 ottobre “Lenòr”, monologo portato in scena da Nunzia Antonino con la regia di Carlo Bruni.
Lenòr è una nobildonna nata a Roma nel 1752, portoghese d’origine e protagonista delle rivolte partenopee del 1799 in cui si combatteva per la Repubblica nel meridione d’Italia. Il senso della lotta per Eleonora de Fonseca Pimentel era rinunciare ai privilegi per pochi, quelli che lei stessa conosceva bene, nutrirsi di cultura senza capire alcuna forma di cinismo intellettuale e soprattutto disimparare a servire. Lenòr fu figura centrale a Napoli per i sommovimenti sociali successivi alla rivoluzione francese, perché donna scrittrice e tra le prime giornaliste in Europa, fondatrice del primo periodico della Repubblica di Napoli “Il Monitore napoletano”.
Appassionata, ingenua, vergine, la Lenòr interpretata da Nunzia Antonino mette l’accento su una sorta di genealogia dell’amore per la rivoluzione come abbandono contraddittorio del corpo, un corpo “personale” e straziato dall’uomo cui verrà data in sposa. Il racconto di sé da parte di una donna “testarda, perseverante […] con gli occhi di fuoco e che credeva che le cose potessero migliorare non solo per pochi” non sorvola sui tradimenti di una relazione di coppia umiliante per una donna colta e militante quale Lenòr era.
Il processo di vita che la condusse al patibolo per aver scritto – chiaro e forte – sul suo giornale parole come “Libertà e uguaglianza”, è un passato di ferite aperte e spinose, in cui questa combattente narra i cedimenti del proprio orgoglio e del proprio disprezzo per la “servitù naturalizzata” che rinveniva tra i Napoletani: la vista di suo marito che traeva piacere dalla compagnia di prostitute in casa la rendevano una nullità, era lo specchio del suo corpo allentato e rivestito nella stessa maniera da cinque anni, era il risultato dell’intelletto “pubblico” che non coincide con il piacere “privato”.
La regia di Carlo Bruni non scivola su questi aspetti, non li esalta come in preda a psichismi tanto in voga per spiegare fenomeni sociali e politici, sebbene si tratti di un monologo. Lenòr combatte da donna, si rivolge alle donne del suo tempo e dei suoi luoghi, le invita a prendere coscienza che la bontà non è quella di un cliente che compra servigi da prostitute giovani e che “non saprebbero tenere una penna in mano”. La Pimentel concepisce il suo giornale come un canale diretto con la popolazione ignorante e che lei ritiene libera “solo di morire di fame”. Ma Lenòr è soprattutto una donna innamorata della giustizia che confida nel giornalismo come presa di coscienza dei rapporti di potere e nella Costituzione come l’emblema dell’inclusione sociale.
Un personaggio come Eleonora de Fonseca Pimentel aiuta ad elaborare una storia del Sud più cruda e complessa di quella che solitamente ci viene restituita nei testi scolastici o dall’attualità proprio in virtù del fatto che vibra di un sentimento rivoluzionario che non sfociava in distanti desideri di colonizzazioni o fagocitante volontà di sapere. La sua posizione sugli intellettuali cortigiani e sul senso del giornalismo “per il popolo” rendeva evidente quanto poco critico fosse l’atteggiamento della Pimentel nei confronti delle forme culturali e della loro influenza rispetto agli aspetti politici: quale cultura intendeva davvero decostruire?
Lenòr fu condannata a morte dai Borboni il 20 agosto 1799 e le furono anche tolte le mutande affinchè il suo corpo restasse oggetto di oltraggio per il pubblico. Morì perchè donna, perchè patriota, perchè giornalista.
Lenòr
con NUNZIA ANTONINO
regia CARLO BRUNI
Auditorium Vallisa, Bari
20, 21 e 22 ottobre, ore 21
23 ottobre ore 20.