Curatore e artista, la collaborazione di queste due figure è fondamentale per la nascita di mostre d’arte. Il dialogo e la stima reciproca sono gli ingredienti principali per la nascita di un rapporto durevole nel tempo. Abbiamo incontrato il curatore e critico d’arte Vincenzo Trione e il fotografo Antonio Biasiucci che hanno fatto della loro collaborazione una combinazione unica per la nascita di numerosi progetti artistici. Tra questi la mostra del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015 curato da Trione in cui furono esposte anche le opere di Biasiucci.
La nascita di una collaborazione tra artista e curatore è apparentemente casuale. Spesso è quest’ultimo ad essere affascinato dalle opere di un artista di cui cerca d’intercettare la matrice innovativa. Il fotografo napoletano Antonio Biasiucci, classe 1961, racconta come agli esordi della sua carriera, i suoi lavori abbiano colpito un giovane Vincenzo Trione che scriveva per diversi quotidiani italiani. L’artista puntualizza come sia stato fondamentale che il curatore conoscesse bene il suo lavoro. “ Vincenzo mi ha accompagnato durante il mio percorso con delle interessanti recensioni”. Un rapporto costante che ha consentito al critico e professore ordinario dell’Università Iulm di Milano di essere talvolta molto franco nei propri giudizi, instaurando così “un legame diretto e una sorta di confronto da potersi definire quasi una ‘sfida intellettuale’”.
Sono le opere e il linguaggio unico dell’artista a toccare gli interessi di un curatore. Antonio Biasiucci nella sua carriera ha avuto collaborazioni ‘sperimentali’ anche con il mondo della scienza e del teatro. Continua Biasiucci: “L’intraprendenza e la passione per l’arte di Trione hanno contribuito a creare un rapporto basato sulla stima reciproca. Vincenzo ha avuto l’intelligenza d’interessarsi alle arti e alla fotografia non ancora largamente prese in considerazione dalla critica”. Trione ha sempre rivolto molta attenzione ai diversi linguaggi artistici e in particolar modo a come questi si esprimano in chiavi diverse. Nella fotografia di Biasiucci, il critico, ha colto fin da subito una certa autonomia rispetto a ciò che si produceva nel panorama artistico contemporaneo. In particolar modo ci spiega che ciò che lo ha colpito “è la capacità di Antonio di aderire al reale rendendolo irriconoscibile”.
L’esperienza che ben rappresenta questo dialogo tra artista e curatore è Codice Italia, il progetto di Trione per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015. La mostra aveva l’obiettivo di raccontare l’arte italiana attraverso i suoi maggiori esponenti. L’elaborazione di questa idea ha seguito due percorsi: o in chiave sperimentale o attraverso un ritorno al passato, attingendo alla storia dell’arte italiana. Il progetto di Trione prevedeva una scelta di artisti che sarebbero stati funzionali all’espressione della sua idea. Lo stesso Biasiucci ha presentato diversi progetti al curatore. Fu scelto quello che meglio rifletteva l’idea di Codice Italia.
Le dinamiche che intercorrono tra artista e curatore sono molto complesse. Biasiucci mette in evidenza il ruolo fondamentale del curatore grazie al quale molti aspetti dell’opera dell’artista possono essere messi in rielievo. “Il curatore diventa la prima misura di confronto per l’artista. Lui ha una certa distanza rispetto all’opera che quest’ultimo non ha. Non accade sempre che ciò che si cerca di trasmettere, venga compreso dal pubblico e il compito del curatore è anche questo, fare da tramite e aiutare nella comprensione del messaggio”. Si tratta di un gioco di sintonie essenziale per la buona riuscita di una mostra e sicuramente la buona conoscenza della storia dell’arte da parte del curatore deve ritenersi fondamentale. Lo stato d’animo dell’artista che collabora con un curatore che ha compreso la sua sensibilità, cambia e si trasforma, come ci spiega bene Biasiucci: “Il curatore può diventare una misura perché può accrescere l’efficacia comunicativa, il giusto approccio e relazione con il pubblico. Nella realizzazione di una mostra il curatore diventa così un importante compagno di viaggio”.
Il ruolo del curatore è quindi fondamentale per il dialogare con il pubblico e nel mondo contemporaneo questo ruolo diventa ancora più importante, nonostante spesso venga ritenuto irrilevante. Trione parlando del proprio lavoro, ci spiega come “vi sia una doppia valenza di scrittura: sia quella vera e propria che quella espositiva. Ritengo che oggi il critico debba riprendere un ruolo centrale, anche di autore nel rapporto con gli artisti”.
Trione è affascinato dalla conoscenza specifica del mondo della fotografia di Biasiucci e dalla sua capacità “di mettere continuamente in discussione la fotografia e quindi misurarsi con l’allestimento e l’installazione. Il suo lavoro si esprime attraverso la fotografia ma fuori dai suoi territori consueti”. Biasiucci ha colto l’approccio unico di Trione alla materia artistica. La sua visione ha una direzione specifica che si è chiaramente espressa nel progetto della Biennale che ha permesso di far vedere come “Vincenzo abbia una sua visione dell’arte che è cresciuta e si è definita fin da ragazzo”. I ruoli di curatore e artista subiscono sicuramente delle varianti a seconda delle personalità. L’incontro tra queste due figure nasce prima di tutto da una scintilla d’interesse dell’uno per il lavoro dell’altro per poi divenire un rapporto fecondo di stima reciproca.
Chi sono Antonio Biasucci e Vincenzo Trione
Antonio Biasiucci nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica nei temi della cultura del Sud e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui, nel 1992, ad Arles, il premio “European Kodak Panorama”; nel 2005 il “Kraszna/Krausz Photography Book Awards”, per la pubblicazione del volume Res. Lo stato delle cose (2004) e, nello stesso anno, il “Premio Bastianelli”. Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali. Ha collaborato inoltre a diversi progetti editoriali, tra i quali, in particolare, si ricordano quelli per la casa editrice L’Ancora del Mediterraneo, di Napoli (dal 2000 al 2004) e ha partecipato a importanti iniziative culturali di carattere sociale.
Vincenzo Trione insegna Arte e media e collabora col Corriere della Sera. Nel 2003 è stato Commissario della XIV Quadriennale di Roma ed è stato Direttore generale di Valencia 09-Confines. Passajes de las artes contemporaneas. È stato curatore del Padiglione Italia della 56^ Biennale di Venezia – arti visive nel 2015. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri e ha pubblicato numerosi saggi su differenti tematiche come sui protagonisti dell’arte del Novecento e il libro Effetto città. Arte cinema modernità (Bompiani, 2014). È stato nominato nel 2014 nel comitato scientifico dell’Enciclopedia Italiana Treccani e dirige il Dipartimento di ricerca del museo MADRE di Napoli. La nuova proposta formativa dell’università IULM riflette il punto di vista di Trione verso il mondo come un’enorme risorsa da sfruttare e la concezione dell’arte come realtà dinamica che è al passo con la realtà contemporanea.
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